Pubblicato il 16/06/2009 00:36:00
Don Giovanni nel primo atto della quarta scena dell’opera mozartiana canta:
“Va’ là, che sei il grand’uom! Sappi ch’io sono innamorato d’una bella dama, e son certo che m’ama. La vidi, le parlai; meco al casino questa notte verrà...” E mentre viene dal fondo Donna Elvira: “Zitto, mi pare sentire odor di femmina...”
E questo odor che tanto inebria don Giovanni, non è affatto sconosciuto al protagonista di questo romanzo, tant’è che a donna Elvira si sostituiscono nella moderna narrazione Isabella, Ambra, Nathalie e Glenda. Infatti i protagonisti del libro sono queste quattro donne con un uomo, Marco, quest’ultimo perno sul quale è incardinata la narrazione mentre le quattro dame, come satelliti gli ruotano intorno. Le donne appaiono nella narrazione, come compagne di Marco, e scompaiono quando quest’ultimo le lascia, per passare alla successiva. Isabella è anche la madre dei figli di Marco, i quali hanno sofferto tantissimo dal divorzio dei genitori, e sono molto amati dal padre, che però sta per dare loro un fratellino, con Ambra, la donna di cui si innamora dopo il divorzio, ma purtroppo il neonato muore il giorno stesso in cui vede la luce. Dopo il legame con Ambra, Marco si dà alla cosiddetta bella vita, esce ogni sera, conosce tante donne, tutte diverse, con le quali si intrattiene brevemente e poi “scarica”; finché non arriva quella che sembra essere la donna giusta, giusta fino a quando non comincia a sbiadire all’orizzonte ed il protagonista ricomincia la sua vita solitaria e randagia, in cerca dell’amore, o forse di come sfuggire ad esso. L’autore condivide con il protagonista del libro il nome di battesimo, e forse si cuce il romanzo addosso usando fili di verità nella trama narrativa, questo non è dato saperlo, sebbene ogni lettore sappia come ogni autore, anche nella storia più fantasiosa, pone tracce di quello che è il suo bagaglio esperienziale reale. In questo caso, il Marco reale, dona al Marco della narrazione senz’altro la sua vanità, in quanto il protagonista è descritto come avvenente, una sorta di fortunato “dongiovanni” e in filigrana ad esso ci pare di scorgere l’autore che, di mattina, mentre dinanzi lo specchio si rade, fa un sorrisetto fra il compiaciuto ed il complice al suo alter-ego romanzesco, dopo che questi ha vissuto un’altra delle sue notti brave. Ma queste sono supposizioni, il dato certo è che nella sua brevità il romanzo riesce a porre in rilievo la personalità del protagonista, descritto ampiamente e a tutto tondo, e a tratteggiare una sorta di “ur-donna” o donna archetipale, quella donna che si innamora e con grande slancio dona sé stessa ed il suo amore, anche di fronte ad un uomo che smette di amarla per rifugiarsi nei meandri della propria anima. Anima che vive e forse si ribella al comportamento del protagonista, tanto da spingerci ad immaginare che il fatto di ingoiarla, come il titolo esclama, rappresenti il nodo finale, quello che unisce l’ultimo capitolo con il breve “post scriptum” dell’ultima pagina, ingoiata, l’anima, non tenta più di reclamare il suo posto all’interno dei pensieri di Marco, smette di tormentarlo quando egli, piede corazzato, calpesta il cuore di un’altra donna. Il libro è ben costruito, come un ponte tra i cuori delle quattro donne, su cui Marco transita a velocità più o meno sostenuta; forte è la presenza del mare, viste le origini geografiche dell’autore e la propensione del protagonista a passeggiare sulla spiaggia, e fare lunghe nuotate. La narrazione è assai asciutta ma non scarna, portata avanti con ferma mano virile, non cede a vanità o frivolezze e sembra, a sprazzi, in bianco e nero, o meglio tratteggiata a chiaro-scuro con rapidi tratti di carboncino; a volte concisa, ma non superficiale, bastano all’autore poche pennellate e la scena è delineata, compresi i sentimenti, spesso in subbuglio e spesso destinati ad essere i veri attori protagonisti, riuscendo a diventare tangibili. Alcune pagine lasciano una patina di amaro sulla lettura, soprattutto quando un amore sta per finire e i protagonisti accettano il fatto con rassegnazione e quasi per calcolo, per non dimostrarsi più deboli non chiedono all’altro di non gettare la spugna. Il libro è senz’altro una lettura gradevole, dalla narrazione godibile e scorrevole, dal linguaggio senza troppi fronzoli con delicate coloriture di lirismo qua e là che denotano la sapiente mano dell’autore.
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