Pubblicato il 11/01/2008
Duecentottanta pagine di gradevoli fotografie che sono un percorso nel periodo della contestazione giovanile del ’77. Pino Meledandri, fotografo professionista e docente di Fotografia, traccia un percorso fotografico nella memoria, portando alla luce immagini altrimenti perse nell’implacabile scorrere della vita e del suo evolversi, infatti la Storia, spesso, si chiude nella memoria di chi l’ha vissuta e talvolta le sole parole non bastano a materializzare un’esperienza, a evocarla dal passato nella sua interezza fatta di luci, ombre, oggetti, persone, luoghi, e così, per chi non c’era (perché troppo piccolo o lontano nel pensiero), sfogliare questo libro ben impaginato, in cui l’immagine fotografica è la sola parola, è come aprire una porta alle proprie spalle per scrutare l’orizzonte prossimo da cui si proviene e quali ideali e fermenti hanno animato i giovani di allora, adulti e anzianotti di oggi. In questa galleria fotografica cartacea, le didascalie delle foto, sono i testi stessi scritti dai contestatori su muri, condizionatori, porte, colonne, sottofinestre, targhe, pavimenti. Un vero racconto di quei giorni tanto ferventi di ideali quanto sono vuoti, ahimé, i giorni dei giovani di oggi. Sono i figli dell’Italia di allora, di benestanti e operai, che si raccontano, dicono il loro anelito ad una società diversa, sono spaccati di esistenze, di esperienze, sono messaggi lanciati alla Storia, magari subito ricoperti dalla pittura bianca di uno Stato che non voleva, come al solito, sentire le ragioni della gioventù, le ragioni dell’idealismo, troppo lontane dalla Ragion di Stato. Nessuno era risparmiato dalla critica, a tutti veniva chiesto di schierarsi, nessuna via di mezzo! Traspare, da quelle scritte, una voglia di diritti, male elargiti da uno Stato “statalista”, attento ai giochi di potere; appare una gioventù oppressa da doveri imposti da una società bigotta, impregnata di perbenismo, facciata dietro alla quale si calpestano valori importanti come l’uguaglianza tra i sessi e l’attesa di una scuola che si facesse, in qualche modo, carico anche delle attese operaie, di persone costrette al lavoro alienante delle fabbriche. Le fotografie sono in bianco e nero, profonde e non piatte, anche se riportano essenzialmente delle scritte, sono dinamiche e ben contrastate, tridimensionali, talvolta sono nitidi tranci di luce che risaltano il pensiero dello scrittore-contestatore; è bravo il fotografo, che riesce a inserire nelle fotografie segni e volti di quei tempi, in profondità di campo che aprono squarci sulla società di allora, esaltando il caratteristico fervore di quei giorni. Non troverete mere fotografie di scritte, ma limpide pennellate che evidenziano una società in trasformazione.
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