A Bertha Pappenheim, alle donne.
Come Edipo
sul sentiero di se stesso,
zoppicante ti recludi al mondo
tra pareti e sfingi molli
dove offesa sfumi in mito
e racconti arcaico amore
inconfessato.
Tua o mia l'attesa o nome?
Figlio padre amato amante
ci fecondi? Chi Minerva
fiore bianco della mente?
Cadono padri come stoppie
sul ciglio della scena -
li inghiottono le quinte -
velluto nero, notte fonda.
Profonda voce scorri
in cui affluisco
e mi confondo.
Canta lo scrosciare ininterrotto,
canta la conca
origine del mondo.
Inarchi il busto tra dolcezza
e ira furibonda.
Ti accarezzo piano gli occhi.
Mi vedi Bertha? Siamo noi
la storia, noi il mondo.
Paveseranno futili stendardi,
ci cambieranno nomi -
resta la luce,
il chiarore del tramonto.
Noi anfora, noi mirra, noi
unte.
No, rimani nei miei passi,
eco non ferita -
"noli me tangere" non dica.
Prima di ogni distruzione
parole nella terra,
intere.
Anna O. - parto dell'uomo -
donna feconda, Adamo.
Prima del mito Eva,
donna di sangue,
parto delle donne.
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