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L’etichetta

di Claudio Esposito
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Pubblicato il 24/07/2013 18:00:52

L’ETICHETTA
L’ispettore Nocito, finita la sua birra, uscì dal locale fumoso e imboccò di buon passo il lungo viale
deserto dirigendosi finalmente verso casa… Un’altra lunga giornata era finita, e Nocito, mettendosi a letto,
pensò con una punta di tristezza a ciò che gli avrebbe riservato l’indomani: il solito tran tran, la noiosa,
monotona routine del suo ufficio di ispettore del catasto…
E invece si sbagliava: la mattina dopo s’accorse che tutto intorno a lui era cambiato…
Vide infatti che, per ogni cosa che uno faceva, compariva sulla fronte una corrispondente etichetta : non si
sa come non si sa perché, fatto sta che, appena compiuta una qualsiasi azione, ben impresso nella carne si
leggeva un marchio, a volte esatto, quasi sempre sbagliato.
Uno s’avvicinava a una donna per parlarle? Zac, ecco che subito in fronte appariva la scritta
“CASCAMORTO”; si faceva una critica al Governo? Tac : “SOVVERSIVO”; si elogiava in qualche modo
un’antica tradizione? Detto fatto sulla fronte spuntava l’etichetta “REAZIONARIO”; s’aveva voglia di
pregare? Ecco l’etichetta “BIGOTTO”; si criticava una dottrina della Chiesa? Etichetta “MANGIAPRETI”
(se l’autore della critica era di “destra”) o “MATERIALISTA ATEO” (se il critico era di “sinistra”); un tizio
era portatore di handicap? Pronta immediata l’etichetta : “POVERO INFELICE”…
Se poi la critica era di ordine generale o confessava apertamente perplessità e idee poco chiare,
immancabilmente allora veniva fuori il timbro “QUALUNQUISTA”…
Il popolo era tutto etichettato e non faceva in tempo a mutare opinioni, atteggiamenti o umori che subito
nuove etichette scaturivano a contrassegnare le fronti, alte basse tranquille corrucciate lisce o rugose che
fossero.
Sicchè, ciascuno ormai aveva preso l’abitudine di andare in giro con larghi berretti, cappelloni e copricapi
dalle fogge più disparate calati sugli occhi per non mostrare la propria etichetta.
La gente doveva togliersi il cappello soltanto a richiesta della Polizia o dei funzionari del C.N.C.E.
(Comitato Nazionale per il Controllo delle Etichette), a loro volta etichettati - ma con colori più sobri e
dignitosi - e controllati da altri funzionari di grado più elevato i quali, a turno, controllavano i dirigenti e i
direttori generali.
Per deputati senatori sottosegretari e ministri era stata istituita un’apposita “Commissione Parlamentare
per la Verifica dei Contrassegni Frontali”.
Il Primo Ministro e il Presidente della Repubblica infine controllavano a vicenda le loro auguste
etichette…
Tra migliaia e migliaia di cappelluti guardinghi e circospetti, nevroticamente tesi a celare la propria e
sbirciare l’altrui etichetta, Nocito era il solo che passeggiava beato a capo scoperto.
Infatti, per quanto pensasse, parlasse e criticasse copiosamente, non gli compariva mai alcuna etichetta :
le idee correvano impalpabili e veloci; le riflessioni, appena scaturite dalla mente, svanivano leggere; le mille
fantasticherie scivolavano via senza lasciar traccia, e non una parola si incideva o minimamente scalfiva la
superficie perfettamente sgombra e piana della sua fronte serena.
Una volta, incappato in un controllo, gli chiesero spiegazioni, ma lui non seppe darle.
Allora dapprima lo multarono, poi, accortisi che era recidivo, gli confiscarono i mobili, la macchina e la
televisione, lo diffidarono e, alla fine, lo arrestarono.
In prigione, si dissero le Autorità, metterà la testa a posto, si ravvederà e anche lui, prima o poi, produrrà
la sua bella etichetta.
Non si sbagliavano…
Invero, dopo un po’ che stava in prigione, anche sulla fronte dell’ispettore Nocito spuntò, nitida e
marcata, una grossa etichetta dai bei caratteri d’argento : “LIBERO”.
Quel giorno stesso, lo fucilarono.


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