Pubblicato il 06/11/2012 07:35:17
12 – r3
[quando non si può restare e passa, passa ancora un giorno, e un altro che passa come se restasse, e va, invece, e come va è il suo far vece, il suo restarci]
13 – v6
prova, se scalda, a non lasciare tempo per l’attesa, prova un oblio che gela fuori del pensiero, si raggela (è sera e poi è notte, pensa)
14 – t4
è come se andarsene non fosse che questo, questo restare, e fare ancora un gesto (è come se dirlo fosse soltanto vero, e non più vero, ancora, del non dirlo)
e poi quello che manca mancherà e ciò che è è ciò che ormai è stato (e parlane, mio amore, dinne ancora, fa che sia vero ancora)
(pensa ad un giorno, pensando ancora a chiudermi gli occhi, finché c’è luce, a premere ancora, sulla tempia, il nervo che pulsa)
(pensa che vuoi pensare, fino a quel buio, fino alla luce, infine, che scompare)
(tratte da Giuliano Mesa, Quattro quaderni - improvvisi 1995-1998, Lavagna, Editrice Zona, 2000, ora in Poesie 1973-2008 a cura di Alessandro Baldacci, Roma, La Camera Verde, 2010)
(http://rebstein.wordpress.com/2012/01/16/mesa-e-il-poeta/)
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