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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

Femina Fera

di Giuseppina Amodei 

Proposta di Amina Narimi »

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Pubblicato il 01/11/2012 01:17:00

La solitudine è bestia necessaria

Se non fosse per questa ragione
che attraversa il pensiero
sarebbe la paura
non di vuoto o impotenza
ma solo di forte smarrimento
come se fossi qui scaraventata
a trovare equilibrio in sospensione
tra sonno e veglia
rinuncia e desiderio
 
L’albero partorisce una nuova radice
 culla provvisoria al mio corpo indifeso
Io
fungo senza veleno
bruco senza peluria
muschio senza clorofilla
embrione fuori dall’utero
 

Né rombi di aerei né canti di uccelli

  né stridore di treni né grida di cinghiali

  né suola di scarpe né tonfi a passi di elefante

 

Ora che il buio ha   intrappolato

 l’ultimo rimasuglio della luce

entro nel cupo dei sogni                          

e attendo l’alba

Ma

Silenzio   precipizio senza fondo
Assenza notte
Demone risveglio

 

Tronco traverso casa scoperchiata

tronco eretto
scalata
piedistallo
- punta di confine -
Potrei fingermi sasso
e lasciarmi cadere fino al fondo
- vertigine estrema sensazione -
Oppure
farmi incauto aquilotto
vinto dall’impazienza
che osa il salto oltre il filo
- Quasi si sfiora l’uomo col divino(?) -
Scelgo l’abbraccio del mio stesso corpo
fragile ammasso di bocche affamate
di nervi stanchi
  propositi a deriva
ospite – ancora –
di due rami a forcella
che invitano alla notte
Ad ogni notte(??

Qualcuno tende trappole

- ribellione del cuore                          

che fibrilla e fibrilla -

Ma io lo tengo in pugno

Non cercatemi                          

ogni volta raccolgo                          

briciole di pane perduto

(È smarrita oramai

la fiaba del triste Pollicino                          

- ultimo rimasuglio del cammino -)

La residua brace d’intelletto

si spegne questa sera                          

quando                          

si fa graffio ogni cosa

E tu                          

- tenero amante -                          

non chiamarmi                          

la tua voce mi spezza

la consapevolezza
è un dono offerto a pochi
Si capovolga pure
l’osso bastone tronco attorcigliato
del Tempo che rovescia all’indietro
- punta che batte l’acqua
rigido cobra dalla vita sospesa
pronto a muoversi in testa di veleno
arma immortale
e Prima
trofeo di ogni potere -
Potere
non più un pezzo di legno tra le mani
 Potere dominio d’artiglio
narici aperte
sguardo oltre i limiti di sguardo
occhi distanti dalla fronte
punteruolo di preda
Danzo l’ultima danza
Prendo in prestito giochi d’infanzia
quando osavo imitare
il gatto e l’orsacchiotto
 in attesa
che cadesse la mia coda
 Giochi sui pavimenti e sugli sterpi
dentro gabbie vivaci e nelle piazze
E dentro l’acqua
Acqua
frusta
gelo liquefatto
scava la roccia scava i miei capelli
Purifico la crosta
il battesimo offerto
dalle mie stesse mani
il rito si ripete
si rinnova ala contrario
- da fonte a fonte -
 
 Bevo alla sorgente
del mio fragile destino
- in questo nuovo Giardino -
 
Ma l’acqua ha un sapore di melma
- moscerini si attaccano al palato
e vermi dal corpo spezzato
si uccidono lungo la mia gola -
Il pane ha un sapore di terra
e di viscere di lombrico
- non ricaccia la fame -
La roccia ha un volto di civetta
la bava precipita in cascata
- non mi spaventa -
la caverna bocca
inutilmente nasconde la mia preda
 
Il pane ha nervi e filamenti
e il sapore dolciastro
della carne che vive
Vomito
le ultime frattaglie del disgusto umano
ma niente spreco
di rimasugli
per sciacalli in agguato
Il dito
- opponibile cappio -
si fa piede palmato
cartilagine zoccolo durone
unghia che affonda
e si ritrae
Vittima tra le fauci
cuore che ancora batte
- fu frantumato il mio con mille lame -
Sangue siamese sangue
Il Narciso di me più non mi chiama
né m’innamora
Taglio l’intelletto rabbioso
il Logos abusato
arbitrario
scontato rovino fino al fondo
dove tutto si sfiora
e si scombina
Senti?
Il mio linguaggio
- adesso -
adotta nuove forme
e la mia lingua
è solamente un muscolo vorace
AREIF AREIF AREIF
 
OVED ERATNEVID AREIF
ED ERAT VID OVE NE ARE FI
FI ARE NE OVE VID ERAT ED FIED ARERAT NEVIDOVE
F E I A R RRRRRRRRRRRR
 
Ascolti?
le parole si vanno frantumando
si capovolge il senso
la memoria
attende nuovi spazi
Cosa ne sanno
- loro -
di questo mio sentire?
Credono forse che soltanto l’uomo
sia capace di intendere?
Parlare?
So contare le sillabe
la fiaba
è poesia che ancora mi appartiene
Il mio rumore è rantolo
richiamo
voce dal ventre
grido dal passato
urlo di prepotenza
di dominio
di femmina arroganza
(Non è forse - la donna -
la vera Fiera
- quando non feroce -
regista di ogni tempo?)
Tutti sotto il mio corpo
le mammelle
moltiplicate
latte ancora latte –
come una Madre
- l’unica –
a dettare legge su legge
Ma
Quale la legge?
Scritta sopra le foglie?
Oppure dentro i libri che hai lasciato?
A che serve fuggire da un potere
e rimanere prigioniera ancora
del potere del sé
Dubbio
Drago che incendia
La collina si tinge di tramonto
e nella sera
sono io che decido se il silenzio d
eve spezzarsi oppure rimanere
sospeso
congelato
Anemos
- vento -
lascia che la criniera
diventi la tua arpa
E voi farfalle
pasticciate il mio corpo di colore
Serpente non ti batte la mia coda
aquila
non ti vieto questo cielo
scoiattolo nervoso
capriolo
gufo che inquieto canti
rospo allegro
lupo ritroso
cervo d’alterigia
picchio tamburo
donnola
faina
camaleonte occhio del futuro…
Sono dentro di voi
(Io)
antenna di formica
garrito di rondone
squittio
frinire
sibilo di squame
frullo di piume
fischio tra le pietre
riso di donna
nenia di sirena
Ruggito senza posa
Come una sposa
che attende la sua prima divisione
o muti o muori
Muori
Muta
 
 

-Volume edito da Mondadori Electa Fotografie di Fabrizio  Portalupi Versi Giuseppina  Amodei-

 
 

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