Ormai il ricordo che si aggira da troppo tempo
come una fiera intorno alle mie macerie,
l’afrore del suo fiato caldo che mi investe
a tratti – sbuffi di vapore di una locomotiva di carne –
mi rinfacciano la mia disfatta, la nostra.
Ho spostato tutto nella casa dove sopravvivo.
Le foto nelle cornici hanno conosciuto esodi imprevisti.
Adesso mi guardi da un luogo più elevato
e nulla toglie che non ci abbia azzeccato.
Forse dove vivi adesso l’aria è più fina,
ti svegliano i muggiti delle vacche o, più
teneri, i belati degli agnelli.
Noi due ci si siamo amati.
L’impronta delle labbra, della lingua, del velluto della pelle,
della cieca tenerezza tra le gambe, del modo in cui pronunciavi
il mio nome in certi momenti …
E quell’altra – terrore profondo senza lingua -, dell’anima buia,
da dove occhi muti dal fondo della vertigine reclamavano
un riscatto che non capivi, che doveva crescere con uno sforzo
fatto di veglie in cui l’amore aveva solo una parte,
sono una cella troppo stretta …
Occhi dal fondo delle viscere che imploravano di risorgere
sotto il sole.
Tutto questo continua a bruciare, lava che gorgoglia
sul fondo del vulcano che solo da lontano si può dire spento.
Ecco, da lontano una volta puoi cadere dentro il vulcano.
Da lontano c’è questo senso che non so definire,
fatto di una pietà che si vergogna di essere tale
e di un orgoglio che fa di tutto per farsi giustificare.
E’ una ferita nel tempo. Proprio così, il tempo sanguina
e siamo stati noi a ferirlo, trascurandolo come
fosse invulnerabile, come noi credevamo di essere.
Poi, per caso, come ora sta accadendo, solo perché
guardi in una direzione qualunque, e anche il giorno
mostra senza vergogna la sua ferita – il giorno stesso ferita –,
realizzi che sei in un abisso di silenzio e anche tu
– che svegliano muggiti o belati – ti trovi lì e tutto quello
che è successo è così stupido che non c’è una spiegazione.
Probabilmente esistono forze che devono fare
uno sporco lavoro e porsi di traverso. Ciò dovrebbe
rientrare nella logica dell’economia universale.
Ma tu sai che quella non è la polvere dei tomi che preferisco.
Finirà tutto questo? Ti rivedrò? Mi terrai di nuovo la mano?
E’ tutto così lontano. Da lontano ti scrivo. Da lontano sono dentro
il vulcano. Da lontano anche tu, credo, vuoi capire il prima, il poi.
Raccogliamo tutto quello che abbiamo disperso
perché quello siamo noi.
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