Pubblicato il 15/05/2009 17:23:00
Mi accingo a scrivere di questo libro dopo essere scesa da una moto. So che era una “500”, che ho viaggiato attaccata al pilota in modo assolutamente imbarazzante, da pivella che si gode la velocità ma non domina la paura e null’altro. Roberto Nobile, con un solo sguardo, l’avrebbe inquadrata e sarebbe stato capace di dirvi modello, motore, telaio, ruote, prestazioni… colore dei capelli, degli occhi, taglia e misure. Invito tutti quelli che stanno pensando che il troppo vento mi abbia confuso le idee a leggere il quarto racconto di “Col cuore in moto”, intitolato “Tradimenti”. “… Le mie moto, angeli venuti dal cielo in terra a miracol mostrare, le mie moto, illuminate dal mio sguardo, aureolate dal mio desiderio, divinizzate nell’Olimpo della mia mente, lui se le fotteva! Senza amore, senza distinzione fra un’anima e un’altra, ma pescando col suo rozzo desiderio fra culi e serbatoi, e fiche e motori, e sise e manubri, come un cane allegro. / Con quanta inesprimibile tristezza, con quali complici e vili sorrisi nascondevo le fitte al cuore martoriato dalle sue vanterie! / E il dolore pulsava, si espandeva, si moltiplicava proiettando nel futuro il mio transfert moto-donne, quando le più belle le avrebbe prese chi meno le amava, e il silenzioso amante sarebbe rimasto solo con i suoi deliri.” Ma proprio questa breve narrazione ci prefigura il futuro di un corridore. “Col cuore in moto” è la sua storia “raccontata in racconti”, con un’abilità a metà strada fra l’arte di un cuntastorie popolare col mosaico di “quadri”del suo cartellone e un poeta della scuola siciliana alla corte di Federico II. Così ci ritroviamo in una Ragusa anni Sessanta, evocata con immagini a volte oniriche come quelle del film “PERDUToAMOR” di Franco Battiato, a volte volutamente popolari e rozze come in una novella verista, ad inseguire, nelle sue corse in moto e nelle sue iniziazioni di vita, a volte un timido ed eroico adolescente, a volte un ironico e dolente adulto che nella Memoria ricostruisce passioni ed inquietudini mai domate. “Si può restituire un’eredità, o farsela cambiare da chi te l’ha lasciata? Qui, nella scrittura, grande officina di riparazioni del passato si può…”. Roberto Nobile, in quest’officina, ancora accompagnato da una tenera voce che gli ripete “Acciddu, acciddu, ca ti fai male”, non picchia colpi da fabbro ma lavora di “fino” con una fresa e una chiave a brugola. E, mentre ripara, ci racconta la fiaba de “La Bella Addormentata”. “Ma intrecciata coi rami spezzati e contorti, e morti e rinati, coi radiconi che non si sa se partono da sotto o da sopra, coi rampicanti e le liane appesi al grande albero di carrubo, è rimasta, attaccata al suo tronco, la 125 Stornello. / Le macchie di rosso stinto che si intravedono nel verde, sembrano more, e la ruggine pare corteccia. Chi ci crederebbe che faceva scappare i vitelli dalle stalle, quando Lucio arrivava dalla trazzera, seminando polvere e tuoni di scarico libero? /…/ Ora è confusa, ferro, gomma e cromature, integrata nella malinconia dell’abbandono, e non disturba più”. Così, intanto che ascolti la storia, ti prende la voglia di trasformarti nel Principe Azzurro, di tagliare i rovi con i feroci fendenti della tua spada e di baciare la dormiente, restituendogli il suo rombo, restituendo a te stesso il giovane coraggio, goliardico e spavaldo, di portare scompiglio. E poco importa se non sai nemmeno come fosse fatta una 125 Stornello: il tuo bacio avrà ugualmente la passione giusta per un miracolo. Ed ecco, che proprio quando sei arrivato alle ultime pagine del libro arriva il lieto fine: non è come te lo immaginavi ma c’è tutto: la luna nel pozzo sotto mentite spoglie di chiave, un improbabile cavaliere ed un “The End” carico di amore e nostalgia. La città cresciuta a dismisura - dove “la tribù dei lavoratori ha abbandonato la moto e si è dispersa. / La “due ruote” se la sono presa i “figli di papà”, e non per lavoro, ma per lusso, e il lusso non accetta limiti /…/ Nessun eroe come Vannino il Commissario accarezza e ingravida motociclette, e non si partoriscono più centauri, né semidei / Quel mondo è tramontato” – ha preservato la magica radura che custodiva il sonno della Principessa Stornello ed un Roberto Nobile (di nome e di fatto), con una protesi alla gamba che non gli è valsa l’ingresso nei Campi Elisi dove scorazzano gli antichi popolani/eroi ma che lo ha condannato ad essere un reduce, a “Mettere un punto e basta a un’epoca, girare su di sé una pagina del gran libro e sparire”. Non pensate a nulla di melodrammatico o retoricamente nostalgico. “Col cuore in moto” è un libro snello, autobiografico, capace di rubarti sorrisi e pensieri, semplice nel raccontare la complessità. Ha il gran pregio di donarti emozioni, di “sentire con”. Se, poi, siete veri motociclisti della vita, avete “una marcia in più” per godervi il rombo, la velocità, le curve, i rettilinei, il dolore della caduta, l’orgoglio del rimettersi in sella e di sapere quando è arrivato il momento di scendere.
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