IV
Ch’era arrivato il tempo Cristofalo lo capì la sera
quando con la lanterna accesa e il foglio in mano
per dire metti la firma qua che sono innocente
i picciottazzi nati e cresciuti senza arte né parte
lo salutavano di lontano gli scanazzati
lo aspettavano, ehi, Cristofalo,
vieni a fare lustro a questa coppola di minchia,
e la nottata gli passava a sghignazzare
dandosi manate e pisciando al muro
V
Lo capì e ci mise una pietra sopra,
sentì ch’era l’ultimo giro nel suo quartiere
pensava col pensiero tornava alla sua casa a Pallavicino
quand’era bambino sua madre diceva ci sono gli spiriti
ma però sono benigni ci vogliono bene non sono maligni
e lui la vedeva la signorina fine e gentile col cappellino
seduta nel salottino sono fioraia e vengo dall’Argentina,
sono Angelina, perduta nella marea del tempo anche lei
ritornò quella sera quando Cristofalo si sentì toccare
un dito sentì sulla spalla mentre apriva il portoncino
si voltò ma non c’era nessuno c’era solo Vicè il cane
che lo fissava con gli occhi afflitti dei cani senza padrone
perciò Cristofalo lo chiamò gli fece una carezza sulla testa,
si fece la croce ed entrò
dal poemetto, In città al tramonto, inedito
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