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Il caro estinto è ancora in vita

di Abraxas
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Pubblicato il 08/05/2013 17:04:58



-E ora che facciamo?- dissi guardando in faccia Rosario e Concetta i miei due fratelli. La domanda sembrò restare sospesa in quella stanza da letto dove appena pochi minuti prima avevamo trovato il corpo esanime di nostro padre. Il dolore c’impediva di fare il punto della situazione, eppure dovevamo liberarci da ogni scoria emotiva, per capire il da farsi. Ci volle qualche istante per ottenere una risposta alla domanda; Rosario replicò con un’altra interrogazione. -E se non ne denunciassimo la morte all’INPS? Potremmo continuare a riscuotere la pensione, la nostra unica fonte di reddito, per qualche mese, giusto il tempo di trovare un lavoro.-

-Non credo sia una buona idea, una volta scoperti dovremmo restituire l’intero importo riscosso e ci troveremmo sul capo un’accusa di truffa. Ormai i database dei comuni sono incrociati con quelli dell’Inps, non c’è alcuna possibilità di farla franca.-

-Forse, insistette Rosario, potremmo non denunciare la morte di papà-
-E dove lo teniamo, replicò Concetta, sotto il letto o lo sotterriamo in cortile?-
-Lo portiamo di notte al cimitero, disse Rosario, la lapide c’è già, il posto è assegnato, papà ha finito di pagarlo da poco. Basta acquistare una bara e interrarvelo, quando non c’è nessuno-.
-Come facciamo ad entrare? Non possiamo mica scavalcare i cancelli con una bara al seguito?- mi limitai ad osservare.
-Che ci vuole ad aprire un catenaccio? Non è che il cimitero sia all’avanguardia per dispositivi antifurto. Credo che non ci sia più nemmeno il custode, ma solo una ronda che controlla dall’esterno ogni due ore se tutto sia a posto.- ci rassicurò Rosario.
-Organizziamoci: domani vado a comprare la bara, la meno costosa, ovviamente, tanto non la deve vedere nessuno. Tu Rosario, invece, informati sulla ronda: quante volte passa e a che ora. Concetta, invece, tu devi solo tenere la bocca chiuse con le amiche, è solo quello che ti chiediamo. Ora è tardi, andiamo a letto e proviamo a dormire, domani dobbiamo essere in forma.

“L’oasi dell’eterno riposo” era l’unica impresa di pompe funebri di Carlentini, un paese di circa diciottomila anime in provincia di Siracusa. Negli ampi locali del negozio c’era un notevole assortimento d’articoli: feretri di tutte le misure e i colori, ma rigorosamente in legno. Mi toccò deludere il commesso: -Non mi è morto alcun parente, dissi, ma il mio anziano padre vuole lo stesso acquistare subito la sua bara, ne avete in pronta consegna?-
-Deve solo scegliere, rispose il mio interlocutore, se lo desidera la nostra agenzia può consegnarvela entro un paio d’ore, direttamente a casa-
-Non si preoccupi, provvederò io stesso a trasportarla a casa. Se mio padre non mi vede tornare con il feretro, non mi fa nemmeno entrare.-

Scelsi come previsto la bara più economica, la caricai nel bagagliaio della macchina e cercando di non dare nell’occhio, la portai a casa.

Tutto filò liscio quella notte: mettemmo a papà il vestito migliore, prima d’adagiarlo nella bara e di caricarlo in macchina. Sulla strada verso il cimitero non incontrammo anima viva, alle due di notte, del resto, da queste parti, stanno tutti a dormire. Rosario dimostrò doti da scassinatore provetto: aprì in un attimo il lucchetto del cancello. Entrammo nel cimitero con l’auto: la bara, però, restò nel bagagliaio sino a quando non finimmo di scavare nel terreno la buca che doveva contenerla. Mancava solo l’iscrizione e la foto: tutto il resto era a posto.

Sei mesi dopo, in una calda serata d’estate, un caro amico d’infanzia venne a trovarci, accompagnato dalla bellissima moglie, una bionda da svenimento. Li invitammo a prendere la granita sul terrazzo di casa, l’aria condizionata era un lusso che non potevamo permetterci. Non era cambiato molto da quella notte d’inverno in cui avevamo tumulato di nascosto le spoglie mortali di nostro padre: non avevamo trovato un lavoro, la pensione del caro estinto era ancora la nostra unica fonte di sopravvivenza.

-Gaetano, ho qualcosa di delicato da chiederti, non c’è un posto dove possiamo parlare a quattrocchi? Lasciamo che mia moglie e Concetta proseguano nelle loro confidenze da donne.-
-Certo,Roberto, andiamo a parlare in salotto- risposi tutto di un fiato.

-Mia madre è morta qualche ora fa- sussurrò Roberto con un filo di voce.
-Condoglianze vivissime, amico mio, come posso esserti utile?-
-Ecco, è una faccenda delicata. Non vorrei che si sapesse in giro che è passata ad altra vita, mi capisci, per ragioni economiche. Ha lasciato tutti i suoi averi alla Chiesa, compresa la casa dove abitiamo, se aprono il testamento, siamo rovinati. So che tu puoi capirmi meglio di chiunque- disse strizzandomi l’occhio.
-Ma Concetta non riesce proprio a tenere la bocca chiusa? Scommetto che è stata lei a informarvi di ciò che è successo alcuni mesi fa a nostro padre.
-Non prendertela, il vostro segreto è in buone mani. Ora però ho bisogno del tuo aiuto. Ovviamente sono disposto a pagarlo per ciò che merita.
-Devo parlarne con Rosario. Tra qualche ora ti faccio sapere cosa abbiamo deciso.

Non avevamo scelta: l’indomani ci toccò replicare la visita notturna al cimitero con tanto di feretro, vanga e cuore in gola, per paura di essere scoperti.

Concetta doveva aver sparso la voce, perché ogni decina di giorni circa c’era chi bussava alla porta, per chiedere il nostro aiuto: ormai stava quasi diventando un lavoro ben retribuito. A Carlentini, ormai, morivano solo giovani: i pensionati, avevano scoperto l’acqua dell’eterna giovinezza o almeno erano i loro parenti a trarne profitto. Le sorprese, però, non erano finite.

Un giorno di fine autunno suonò alla porta il comandante della stazione dei Carabinieri: pensai subito che avesse scoperto tutto, che stesse per arrestarmi. Invece, con mia somma sorpresa, chiese solo di parlarmi: non ci crederete, aveva avuto anch’egli un lutto recente e non voleva denunciarlo. Per ragioni personali, si giustificò: in paese giravano strane voci sulle nostre abitudini, mi disse, non voleva essere costretto ad approfondirle con un’indagine.

-Cosa dice comandante, un accordo tra gentiluomini, si trova sempre: in fondo che stiamo facendo di male? Segua le mie istruzioni e tutto filerà liscio come l’olio.-

Fu la prima volta che entrammo al cimitero con la scorta: due carabinieri ebbero dal loro comandante l’ordine di tenere d’occhio i cancelli. Non ce ne sarebbe stato bisogno, ma quello fu il primo caso che durante la cerimonia… d’interramento, il cuore non mi batteva all’impazzata.

La nostra carriera di becchini in incognito, però, non era ancora arrivata al culmine: forse è il bisogno a renderci furbi, o forse è questo il dna del nostro paese. Fatto sta che qualche mese dopo ricevetti la visita del consiglio comunale quasi al completo. Mancava solo il Sindaco, solo perché doveva essere tumulato in incognito.

I consiglieri di maggioranza e di opposizione provarono a spiegare le ragioni della loro richiesta: con la morte del sindaco il nostro comune sarebbe stato commissariato sino alle elezioni, certe magagne commesse dalle precedenti amministrazioni sarebbero state scoperte. Questa soluzione non conveniva a nessuno: meglio rivelare che il sindaco è malato, che si sta curando in un Ospedale del nord. In questo caso il vice sindaco può sostituirlo in tutto: basta tenere segreta la notizia per otto mesi, poi con le prossime elezioni, si può mettere tutto a posto.

Il disturbo, mi proposero, sarebbe stato ricompensato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato come custode del cimitero, ruolo ancora vacante nella pianta organica del comune, oltre che con un compenso di duemila euro. Una stretta di mano sigillò l’accordo: stavolta per la tumulazione in incognito del caro Sindaco, c’era l’intera giunta comunale al completo, compresa la Banda del paese.

Mancava la sorpresa più grande, ma sarebbe giunta da lì a poco. Non tutti erano contenti di quell’andazzo di cose: l’agenzia di pompe funebri non aveva avuto un calo del fatturato. C’erano meno morti dichiarati, ma la vendita di bare non aveva avuto alcuna riduzione. Diverso era invece il caso dei parroci: loro avevano dovuto rinunciare a buona parte dei loro introiti e decisero di passare al contrattacco.

Vennero a trovarmi sul posto di lavoro: era il luogo giusto per discutere di feretri, cari estinti, funerali, mancati introiti. Come tutti sapevano ciò che era successo, ma non accettavano che fossero loro a pagare il conto per tutti. Mi presentarono le loro richieste: chiedevano cento euro ai parenti dei defunti tumulati in incognito, in caso contrario avrebbero denunciato tutto all’autorità giudiziaria. Furono i consiglieri comunali ad incaricarsi della trattativa: l’accordo fu trovato in fretta, per ogni mancato funerale, ai parroci sarebbe spettato un rimborso di settantacinque euro.

Provate a immaginare la scena: un funerale in pompa magna a mezzanotte, con il parroco che dice messa, il vice sindaco con la fascia tricolore, la banda del paese che suona, una lunga processione di parenti. Tutto in incognito: il caro estinto è vivo, ma solo per l’anagrafe, per l’Inps, per tutte le forme di assistenza e sicurezza sociale previste per gli anziani e gli indigenti.

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