Confusamente ambire a mani alte
immerse fino in fondo a un cielo vero
perché vuoto di speranze immaginarie
o sogni - cielo del tormento, cielo -
e non sapere come, camminando
tra velami o macerie di giornate
distese come letti galleggianti
sospinti fino a stremo del vegliare,
tu possa far vibrare di te stessa
il suono interno, l’eco intera, luce
che la tua ombra non confonda -
luce che non inganni la tua sera,
quando spenta la voce dietro gli occhi
ti sembra che la vita non è ancora.
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