Fra una trentina d’anni un grosso asteroide potrebbe piombare sull’Europa. Cerchiamo di vederci chiaro. Senza fare i catastrofisti.
Fino a qualche anno fa, sembrava soltanto una fantasia che ha dato origine alla sceneggiatura di film quali Deep impact e Armageddon.
Di recente, invece, è stata annunciata la scoperta di un asteroide di circa 390 metri di diametro in rotta di collisione con la Terra.
Pare che esso impatterà in maniera violenta con il nostro bel pianeta intorno al 2036-39: proprio come, presumibilmente, accadde circa 63 milioni di anni fa, quando l’impatto della Terra con un enorme asteroide provocò l’estinzione dei dinosauri.
E adesso che cosa facciamo? E come è possibile che un tale oggetto collida proprio con la Terra?
In effetti, date le dimensioni del sistema solare e dei pianeti ivi distribuiti, un impatto del genere è altamente improbabile.
Proviamo a creare un modellino del nostro sistema solare partendo dal Sole, che immaginiamo come una palla di 10 centimetri, fino a Plutone. I primi due pianeti che incontriamo,Mercurio e Venere, in proporzione si riducono a due sferette di 0,3 e 0,9 millimetri, rispettivamente alla distanza di 4 e 7 metri dalla palla-Sole. In questo modellino la Terra è una sferetta di soli 0,9 millimetri ruotante intorno alla palla-Sole a una distanza di 10 metri. Marte si trova a ruotare invece alla distanza di circa 15 metri con un diametro di circa mezzo millimetro. Giove corrisponde a una pallina di 10 millimetri, Saturno di 9 e Urano e Nettuno di 3,5 millimetri, e ruotano a una distanza di 50, 100, 200, 300 metri dalla palla-Sole. Plutone, infine, sarebbe una sferetta di mezzo millimetro che si allontana fino a distanze di mezzo chilometro.
Così ragionando, se Nettuno e Plutone vengono a trovarsi da parti opposte del Sole, sono a 800 metri l’uno dall’altro: una bella distanza per due palline di 3,5 millimetri di diametro! Se poi distribuiamo tutta la massa dei pianeti del sistema solare e del Sole nello spazio da essi delimitato, avremo una densità di materia di 3 grammi per chilometro quadrato (praticamente il vuoto).
Il nostro sistema solare dunque è quasi inesistente nello spazio in cui è collocato. Nonostante questo possono avvenire urti e collisioni tra le diverse parti che lo compongono. Questo perché nel sistema solare sono sparsi moltissimi detriti, probabili rimasugli della formazione dei pianeti o pianeti andati in frantumi. Fra Marte e Giove ci sono infatti diverse centinaia di migliaia di pianetini (i più piccoli della dimensione di qualche chilometro, i più grandi arrivano a qualche centinaio di chilometri). Sono presenti poi meteoriti e micrometeoriti in numero praticamente infinito, con dimensioni che variano da capocchie di spillo a piselli. Di questi ultimi, la Terra, sulla sua orbita intorno al Sole che percorre alla velocità di 30 chilometri al secondo, ne raccoglie circa un miliardo al giorno per un totale di circa 5 tonnellate!
Catturate dall’attrazione di gravità, le meteoriti entrano nell’atmosfera terrestre, con velocità che variano tra 30 e 70 chilometri al secondo. La maggior parte di esse brucia completamente per l’attrito e si dissolve in gas, dando vita alle affascinanti stelle cadenti.
Soltanto quelle di maggiori dimensioni possono attraversare l’atmosfera senza consumarsi del tutto e arrivare fino al nostro suolo (sono meno di una decina al giorno). Le più grandi, come l’asteroide scoperto ultimamente, possono creare crateri da impatto paurosi (si pensi al Meteor Crater in Arizona).
La collisione dell’asteroide non è comunque ancora un dato certo. Nel caso tuttavia che dovesse verificarsi, si sa solo che esso andrà a impattare la Terra proprio in Europa a una velocità di circa 50 mila chilometri all’ora.
Tale impatto, equivalente all’esplosione di decine di migliaia di bombe atomiche, alzerebbe una nube di polveri che rimarrebbero sospese nell’atmosfera per diverse decine di anni, provocando un drastico abbassamento della temperatura e quindi una nuova era glaciale. Sarebbe una vera catastrofe che comporterebbe l’estinzione di molte specie, sia animali che vegetali.
Davanti a una tale prospettiva, la prima cosa che passa per la testa è fare il conto di quanti anni avremo all’epoca stabilita per l’impatto. Molti di noi saranno vecchi, altri penseranno (poco altruisticamente!) che non è affare che li riguarda. In effetti la certezza dell’impatto ce l’avremo soltanto circa 5-6 anni prima, quando cioè avremo l’asteroide abbastanza vicino alla Terra da essere certi che non ci saranno più elementi perturbanti la sua orbita. Nel frattempo infatti, nella sua orbita molto prossima a quella terrestre, esso potrebbe essere ancora deviato da incontri con altri corpi celesti.
In ogni caso, la tecnologia astronautica si è sviluppata a tal punto da permettere, probabilmente senza problemi, l’intercettazione e la distruzione o deviazione di un oggetto di tali dimensioni.
Basti pensare che già nel 1986, con il passaggio della cometa di Halley, fu inviato un razzo in prossimità della cometa stessa per studiarla più da vicino; una missione simile è stata portata a compimento anche in questi ultimi anni. Se quindi, già adesso, abbiamo la tecnologia e l’esperienza per poter evitare tale impatto, figuriamoci fra trent’anni.
Allora che dire ai catastrofisti che già si sono fatti avanti? Semplicemente che il pericolo maggiore per l’umanità, da qui al 2036, non viene dallo spazio ma dall’interno dell’umanità stessa.