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Di aria e di vita

Poesia

Michelangelo Tocci
Editrice Nuovi Autori

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 06/04/2009 23:46:00

Sotto il titolo, in copertina, si legge: “Viaggio nelle profondità della poesia esistenziale”. E in effetti la breve raccolta, composta da una trentina di poesie, è un viaggio nel disagio esistenziale umano. L’autore si sforza di scendere fino alla interiore obliquità umana, una stortura che ne rende disagevole l’esistenza e che annebbia la vita, offuscando la primordiale luce che ha esperito il bambino che ogni uomo è stato e che permane nel puer aeternum, archetipo del fanciullo, il quale vive nello spirito di coloro che ricercano ancora la purezza primigenia come stato di beatitudine.
In molti testi di Tocci viene evocata la figura del bambino, che egli trova in sé stesso o vede trasferito in reali sembianze fanciullesche che descrive: “[…] / Poi quella lacrima dopo una lunga corsa finì / a terra, il bambino la guardò a lungo, forse egli vide davvero in quel momento, la sospensione / della vita fra cielo e terra.”, (Fra cielo e terra, pag. 18). E negli elementi naturali, costantemente presenti, come panorama di uno stato onirico latente e persistente in tutta la raccolta, trova la via del ritorno allo stato e alle sensazioni iniziali della vita: “Mastica la pioggia per sentire l’odore del fiume. / Stringi in petto emozioni rare per ascoltare il tuo / lontano canto di bambino. / […]”, (L’uomo che sognai, pag. 19).
Come dicevo, ci sono sicuramente, nella raccolta, molti elementi principe per una poesia nostalgico/esistenziale: lacrime, pioggia, pelle, carezze, alba, battiti, odori, dolori, bagliori, respiri, destini, fiumi, amori, viaggi, tempo, dune, morte, cielo, notti, inquietudine… Mi pare tuttavia di trovare una eccessiva verbosità all’interno di ciascun poema, tipica, più che della poesia, di una scrittura diaristica occasionale che non bada alla forma e alla sostanza quanto alle sensazioni, le proprie, e non trova, ma forse non lo necessita, un concreto e fattivo riscontro in altri (almeno dovrebbe averlo trovato tra coloro che hanno editato il libro, questione in cui non voglio entrare, perché troppe sono le variabili che regolano la pubblicazione di un testo, anche, naturalmente, a discolpa degli editori), per un possibile e oggettivo lavoro di limatura dei versi, al fine di ridurre i testi all’essenza del linguaggio, tanto necessaria affinché la poesia sia buona poesia. Tocci ha sicuramente capacità di scrittura, ma devo essere onesto con questo libro, dicendo che un buon lavoro di ripulitura avrebbe reso brillanti molti testi, invece offuscati da una sorta di “pignoleria descrittiva” (che affligge gran parte della poesia dilettantistica) – tale ripulitura avrebbe ridotto i testi almeno del cinquanta per cento. Riporto qui alcuni versi estratti da poesie molto più ampie, versi che a mio avviso, da soli, sono poesie incisive, quasi delle massime esistenziali: “[…] // Un giorno ti sveglierai, immaginando la tua / ombra a spasso per cieli e terre dove mai posasti / il tuo timido guardare. // […]”, (Padri, pag. 12). Inoltre: “[…] // Raggiungerò la felicità contando i drammi, i / terrori e le certezze del cuore. // […]”, (Mi raccontai al di qua della soglia, pag. 17). “[…] // Mi ritrovai vecchio, a inseguire cuori che / battevano.”, (pag. 24). “Mille abbracci per consolidare una vita. / Mille vite per abbracciarne una. / […]”, (pag. 25). “[…] / Vita di giorni rari, che ti perde e ti ritrova, là / dove la tua ricerca è cominciata.”, (pag. 26). Infine una bellissima poesia: “Luna piena di una notte, in cui ascoltai / il caldo soffio del mio respiro. / Un respiro caldo, come quella tenue luce / che mi apparteneva. / In mezzo alla grandezza di quella notte, mi / sentii piccolo ma vivo di navigare in / quell’universo immenso.”, (pag. 30).
In conclusione i miei più vivi complimenti a Tocci che osa confrontarsi con la poesia esistenziale, e non me ne vogliano gli editori se consiglio, talvolta, un più deciso e rigoroso, nonché lodevole, lavoro di editing sui testi pubblicati.


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