Pubblicato il 26/10/2012 20:12:10
Alla piccola Paola, mia madre.
Nel tuo vestito lilla stavi nella luce diffusa e vaga della stanza come se camminassi indietro scivolando piano.
Ti feriva gli occhi l'abbaglio della luce sul balcone - inutile l'invito o sussurrare una preghiera - deserte le poltroncine bianche appena uscite dalla carta trasparente come i pomeriggi trascorsi stesa sul letto solitario a pensare a occhi chiusi.
Sola coi tuoi pensieri - sola.
E mi mandavi via.
Solo il gelo di gennaio ancora, e febbraio per resistere, poi ti avrei portata come una primula sull'orlo della sera che non fa male.
Erano i giorni opachi del tuo sguardo, del mio inutile dolore, della sfinita rabbia.
Ti benedivo lavandoti i capelli e forse lo sapevi. "Adesso sciacquami" dicevi piano - e con l'asciugamano bianco ti avvolgevo.
Piangevi sorridendo dello scherzo amaro della vita, su come ti sembrava tutto un brutto sogno - vedere dentro te tubi sottili per cambiarti il sangue tre volte, tre volte a settimana - tre è il numero perfetto.
Febbraio non c'è stato.
Te ne sei andata tra i morti- dove ti aspetta la mia bambina - alle cinque una mattina.
L'annuncio che credevo di aspettare, la corsa muta fingendo di sapere come guardarti o cosa dire - se piangere o nascondere il viso tra le mani.
Muta.
Morire in ospedale tradita dall'assenza di tutti.
Correre a cercarti quel vestito lilla. Dopo, guardarti.
Una bambina pronta per il primo giorno di scuola, ben pettinata, immobile stupore.
Adesso non hai più paura.
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