Pubblicato il 23/06/2012 22:34:20
Quando ero albero, c’è una parte di me che avverte con tale tenerezza l’umidità acerba delle cortecce e il legno autunnale infradicirsi sotto il musco da sentirsi fatta di verde. Così è nata la metamorfosi in pietra, e quella delle ragazze in rami e le incantevoli storie. Tutta la fratellanza chimica ci chiama, le cose con le cose, e non solo la vita ma la morte, secondo il procedimento delle contorsioni dei lombrichi, e dei maleodoranti microrganismi; e la donna con l’uomo, e non soltanto per le labbra aperte dell’estro ma per le fresche membra degli alberi e noi, che si avvolgono insieme, ci chiamano all’ombra e si fanno palpare nei frutti, mangiare come i felini le carni, in tutto un rimescolio di male e di bene.
Anche in un minimo rivo ingombro d’erbe – e i pesci tra le gambe, in un trasalimento, come l’amore per tutte le femmine; e credo che spiriti della scienza giochino tra noi, con gli ottaedri, grattati dal terriccio – e forse mischiati in noi, ci bacino: è troppo felice la carne ha fremiti da superni, e tutti i vibratili epiteli, e l’epidermide che il sudore cosparge nei giochi – e le urla e i gemiti tra gli spasimi del nostro dolore si ridanno alle profondità. Agl’inferi, che nel buio conservano germinazioni azzurre e verdi, a prismi, a cubi, in amorose compenetrazioni rosa nell’ordine dei cristalli. E senza più niente ormai, già quasi ischeletriti allunghiamo le braccia, le mani, fuori dai lenzuoli, con lo sguardo sino a raggiungere lontananze felici d’alberi, dietro le tende, e giovani volti, allegri, attorno; e oltre le apparizioni e le riapparizioni del sole, spersi atomi senza più nome, ancora in primavera chiamiamo e amiamo.
(http://paginecheamo.wordpress.com/category/pier-luigi-bacchini/)
(* se qualcuno potesse confrontare con l'originale, gliene sarei grata, non sono certa di un paio di versi e non sono riuscita a trovare fonti più attendibili)
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