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L’ultimo dei Mozart

Narrativa

Jacques Tournier
Edizioni e⁄o

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 27/03/2009 15:54:00

L’ultimo dei Mozart è Franz Xaver, il figlio che nacque quattro mesi prima della scomparsa del grande Wolfgang Amadeus. Quando Franz Xaver tenta di iniziare la propria carriera nel mondo musicale immediatamente l’ombra possente del padre si erge su di lui oscurando qualunque suo tentativo e gettandolo in un rancoroso isolamento.
Finché Franz Xaver decide di riaffrontare il pubblico dei concerti, e lo fa per amore di quella che sarà la donna della sua vita, sebbene ella sia già sposata e madre di una fanciulla, allieva del Mozart. Per esorcizzare l’ingombrante fantasma del padre il protagonista dovrà trovare la sua strada nel mondo della musica, comporre e dirigere ciò che egli ritiene più opportuno, usando la propria personalità per scrollarsi di dosso il fatto che la madre lo vorrebbe vedere come un “Wolfi II”, in effetti il nome completo con cui è stato battezzato è Franz Xaver Wolfgang. Sin dalla nascita, soprattutto agli occhi della madre, doveva essere il continuatore dell’opera del padre, ma più una copia sbiadita atta a glorificare il genitore che non una persona con la propria vita artistica: così la madre lo vedrà sino alla fine dei suoi giorni. L’altra strada che Xaver ha aperta per risolvere il suo dramma col passato è analizzarlo profondamente; intraprenderà così una lunga e fortunata “tournèe” in giro per l’Europa, nei luoghi che hanno avuto un significato per il padre nella sua breve ma incredibile carriera. Ripercorrerà i luoghi in cui Mozart padre, ancora fanciullo veniva esibito come un enfant-prodige, quasi come una bestiola da circo, sarà nella casa in cui Amadeus venne umiliato, e tornerà nei luoghi del trionfo del padre, sino alla sua morte precoce. Lungo il suo viaggio, e con il trascorrere del tempo Franz Xaver si sentirà via via figlio, fratello, amico e addirittura padre dell’illustre genitore, ne scoprirà gli amori, e ne metterà a nudo il carattere sino alla riconciliazione in punto di morte, quando parteciperà al trionfo paterno, voluto imperiosamente dalla madre, fortemente convinta del suo ruolo nel creare il mito Mozartiano, in quella Salisburgo, che per certi versi era stata ostile a Mozart padre.
Il libro, dietro una leggera scorza romanzesca, è in realtà una precisa doppia biografia, che ci consente di gettare luce sulla vita di Mozart padre, e su quella di Mozart figlio, che fu grande compositore, per certi versi anche innovatore, ma nella realtà non riuscì mai ad emergere dal cono d’ombra del genio paterno. Nella narrazione Franz Xaver entra in contatto con tutti i superstiti della famiglia Mozart, e ciascuno di essi ha un frammento della vita del grande compositore da raccontare, così, lungo le pagine, si compone una sorta di mosaico che forma il vero volto di Amadeus, ce lo mostra con tutte le sue incertezze e i suoi attimi di genio, i suoi dolori e i suoi amori. Un aneddoto molto simpatico che emerge dal libro è che il nome Amadeus è una invenzione di Mozart medesimo, che in realtà si chiamava Joannes Chrysostomus Wolfgangus Theophilus Mozart e creò il nome d’arte Wolfgang Amadeus durante un viaggio in Italia. Nel comporre il mosaico il figlio riesce a leggere in filigrana anche i suoi punti deboli e in un certo modo a lasciarseli alle spalle e perdonando l’enorme fama paterna, riesce a porsi fuori della sua orbita, ritrovando così la sua indipendenza, sia sul piano artistico, sia su quello morale: una volta riconosciuta la grandezza paterna, il confronto scompare, essi sono padre e figlio nel loro intimo e privato mondo, e tuttavia sono due musicisti e compositori, uno famoso, l’altro un po’ meno, ma completamente distinti. Le pagine del libro scorrono volentieri. Grazie anche alla meticolosa ed affascinante traduzione di Rosetta Signorini, il volume, complice un linguaggio semplice, a volte leggermente schematico, ci conduce attraverso la vita di due grandi personaggi, svelandocene il lato più squisitamente umano e facendo rivivere tra le righe quella che fu, a ragione, definita l’età d’oro della musica.

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