Continuiamo la pubblicazione delle interviste ai primi tre autori classificati di entrambe le Sezioni (Poesia e Narrativa) del Premio letterario “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, II edizione 2016, allo scopo di farli conoscere, come persone e come autori, un poco oltre i loro testi che è possibile leggere nell’e-book del Premio: www.ebook-larecherche.it/ebook.asp?Id=200
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L’autrice qui intervistata è Paola Zeni, prima classificata nella Sezione B (Narrativa) con il racconto “La ricerca”.
Chi sei? Come ti presenteresti a chi non ti conosce?
Mi chiamo Paola, sono una studentessa di Lettere, ho venticinque anni.
Quali sono gli autori e i testi sui quali ti sei formato e ti formi, e che hanno influenzato e influenzano la tua scrittura?
Il primo autore che ha colpito la mia sensibilità è stato Kafka. Mia madre mi regalò La Metamorfosi quando ero solo una ragazzina: la prigione di Gregor la sentii attorno a me durante tutta la lettura. Ed è ancora questa, l’abilità imprescindibile che cerco in uno scrittore: la capacità di suggestionare la mia mente. In età più matura ho amato i grandi classici della letteratura russa: Tolstoj, Dostoevskij. Ho letto molta tragedia greca antica. Mi sono formata sui classici e tuttora leggo esclusivamente quelli, ripromettendomi che quando avrò finito di leggerli, passerò ai contemporanei. Mi chiedo se ce la farò mai.
Quale utilità e quale ruolo ha lo scrittore nella società attuale?
Lo scrittore ha un’utilità immensa, in quella attuale come in qualunque altra società. È un soggetto che mette a disposizione parole, e qualsiasi parola non pronunciata da noi stessi può condurci a riflettere su cose che non avremmo pensato. Ecco, definirei lo scrittore un dispensatore di pensiero potenziale. Quanto al suo ruolo, non saprei nemmeno dire se ne abbia uno. Credo che lo scrittore sia semplicemente una persona che non riesce a fare a meno di scrivere e di raccontare: possiamo parlare di ruolo? Scrivere è una necessità, non un adempimento.
Come hai iniziato a scrivere e perché? Ci tratteggi la tua storia di scrittore? Gli incontri importanti, le tue pubblicazioni.
Incontri importanti? Pubblicazioni? Non ho mai pubblicato niente, non ho mai partecipato a eventi culturali in cui incontrare gente importante. Ho iniziato a scrivere perché avevo un sacco di cose da raccontare. Cose non reali, che accadevano solo nella mia testa. Nella mia testa iniziavano a stare strette, e le ho trasferite su carta. Da piccola ero un’inguaribile bugiarda: ecco, se non avessi iniziato a scrivere, avrei dovuto continuare a raccontare bugie.
Come avviene per te il processo creativo?
Mi alzo la mattina, esco di casa, conduco la mia normale giornata da studentessa che abita in un piccolo paese di provincia. Ma mentre apro la finestra e vedo un ulivo penso a che succederebbe se vedessi un cervo; mentre prendo l’autobus penso a che accadrebbe se decidessi di andare a piedi; mentre seguo il corso di letteratura latina mi chiedo che accadrebbe se la professoressa iniziasse a cantare. Parto dalle cose semplici che ho davanti agli occhi e faccio percorrere loro delle strade alternative. È semplice, molto.
Quali sono gli obiettivi che ti prefiggi con la tua scrittura?
Dal momento che scrivo per liberare la mia mente, cerco principalmente di alleggerirmi dalle fantasie che ho involontariamente creato. Facendolo, cerco di renderle interessanti a un ipotetico lettore: mi prefiggo lo scopo di catturare la sua attenzione, cercando di scegliere sempre la strada meno battuta.
Che cos’ha di caratteristico la tua scrittura, rispetto a quella dei tuoi contemporanei?
L’ho già ammesso in precedenza: non leggo i contemporanei. Non so esattamente quali siano le tendenze d’oggi, ma della mia scrittura potrei dire che cerca sempre di essere invisibile. Non vorrei si dicesse “come scrive bene, questa!”, vorrei che si parlasse semplicemente dei miei personaggi, come se la voce che li ha raccontati fosse stata talmente naturale e credibile da non esserci stato nemmeno bisogno di commentarla.
Si dice che ogni scrittore abbia le sue “ossessioni”, temi intorno ai quali scriverà per tutta la vita, quali sono le tue? Come si è evoluta la tua scrittura dalle tue prime pubblicazioni?
La ricerca è stato il mio primo racconto completo, ho sempre e solo scritto brani di scene ai margini di quaderni di scuola, prima di questo, non posso quindi descrivere un’evoluzione della mia scrittura. Di ossessioni ne ho molte, la più influente è quella di voler descrivere il ‘normale’ in modo da renderlo riconoscibile come tale, ma stimolando negli occhi del lettore la rivelazione di quanto questo ‘normale’ sia incredibile ed entusiasmante.
Quale rapporto hai con la poesia e quale con la narrativa? Hai scritto sia in versi sia in prosa (racconti o romanzi)? Se la risposta è no, pensi che, un giorno, ti accosterai all'altro genere letterario?
Ho un rapporto decisamente più confidenziale con la narrativa che con la poesia, sia a livello di fruizione che a livello di scrittura. Confesso di aver tentato di scrivere poesie, qualche volta, ma non augurerei a nessuno di imbattersi nei miei versi. La mia per la narrativa non è una preferenza ponderata: sono una persona prolissa, anche nella vita di tutti i giorni, lo spazio di un verso mi sta stretto mio malgrado.
Quanto della tua terra di origine vive nella tua scrittura?
Credo di non riuscire a stabilirlo con precisione, ma immagino tanto. Ho studiato la letteratura della mia terra con un entusiasmo grande, inedito nei confronti delle altre. Sulle stradine sterrate del piccolo paesino in cui vivo ho visto camminare i miei personaggi.
Qual è il rapporto tra immaginazione e realtà? Lo scrittore si trova a cavallo di due mondi?
Mi piace questa immagine, direi di sì, che si possa dire così. Il rapporto tra immaginazione e realtà credo sia basato su profonde occhiate di circospezione dell’una verso l’altra: l’una non sa cosa vuole e cosa può prendere in prestito dall’altra, e viceversa. Ma lo scrittore non dovrebbe curarsi troppo di questo rapporto, io credo. È un piacere che personalmente riservo a me stessa solo alla fine, quello di andare a rivedere cosa ho preso dal mondo reale e cosa ho immaginato, nello scrivere.
Quali difficoltà hai incontrato nel pubblicare i tuoi testi?
Non ho mai tentato di pubblicare niente. Vi saprò dire…
Chi sono i tuoi lettori? Che rapporto hai con loro?
Per ora nessuno ha mai letto nulla di ciò che ho scritto, siete stati voi i primi.
“Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso”. Che cosa pensi di questa frase di Marcel Proust, tratta da “Il tempo ritrovato”?
Il tempo ritrovato è denso di perle di saggezza, la frase che avete riportato qui ne è un meraviglioso esempio. Proust ha ragione, un libro è in grado sempre di raccontarci qualcosa di noi stessi. Ne consegue che un qualsiasi brano di una qualsiasi opera ha tanti significati quanti sono i lettori del brano stesso. C’è qualcosa di magico, in questo.
Hai mai fatto interventi critici, hai scritto recensioni di opere di altri autori? Quali sono gli indicatori che utilizzi nel valutare, se così ci è permesso dire, un testo? Quali sono, a tuo avviso, le caratteristiche di una buona scrittura?
Non mi sono mai trovata a dover recensire opere altrui. Se dovessi trovarmi a farlo, credo assegnerei primaria importanza all’invisibilità della scrittura. Mi spiego: credo una buona scrittura sia una scrittura che utilizza la parola come un mezzo per veicolare situazioni, idee, pensieri. Quando, in un’opera, percepisco che la parola è il fine mentre la vicenda, la filosofia, la storia sono solo il mezzo, ho l’impressione di avere dinanzi a me un prodotto scadente. E anche peggio: autoreferenziale.
In relazione alla tua scrittura, qual è la critica più bella che hai ricevuto?
Il mio professore di Italiano, al Liceo, mi rimproverava di scrivere l’italiano che scrivevano i padri fondatori. È una critica fintamente positiva, ma è l’unica che ho ricevuto, e ci sono affezionata.
A cosa stai lavorando? A quando la tua prossima pubblicazione?
Sto scrivendo una sceneggiatura, ho scelto di misurarmi con questo tipo di scrittura. Ma è quasi terminata, quindi ora dovrò pensare a cosa fare. La vittoria di questo premio mi ha regalato una grande soddisfazione, credo mi dedicherò ad altri racconti.
Quali altre passioni coltivi, oltre la scrittura?
Sono un’appassionata di cinema. Mi piacerebbe definirmi una cultrice, sto ‘lavorando’ per questo.
Sei tra i vincitori del Premio “Il Giardino di Babuk – Proust en Italie”, perché hai partecipato? Che valore hanno per te i premi letterari? Che ruolo hanno nella comunità culturale italiana?
Ho partecipato perché mi ha attirata il nome di Proust, autore che amo. Ho letto il regolamento, non avevo mai portato a termine uno scritto prima di allora, ho pensato “questa volta voglio riuscirci”, e così è stato. Non conosco abbastanza bene i premi letterari e i loro meccanismi, per valutarne il ruolo nella comunità culturale. Posso dire che trovo sia una realtà bellissima, quella di un insieme di persone che sceglie di dedicare le proprie attenzioni a gente che scrive, in un’epoca in cui ciò che non odora di denaro non sembra essere attraente.
Hai qualcosa da dire agli autori che pubblicano i loro testi su LaRecherche.it? Che cosa pensi, più in generale, della libera scrittura in rete e dell’editoria elettronica?
Non saprei che dire, sono una di loro, quindi li invito semplicemente a continuare a scrivere e scrivere ancora, per dare la possibilità a chiunque di leggerli. In rete o su carta, il concetto di libera scrittura mi rimanda a qualcosa di buono, curioso e positivo, sempre.
Vuoi aggiungere qualcosa? C’è una domanda che non ti hanno mai posto e alla quale vorresti invece dare una risposta?
Voglio solo aggiungere la mia gratitudine nei confronti di coloro i quali hanno deciso di leggere il mio racconto.
Grazie Paola.