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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Il tempo breve

Poesia

Cesare Benedetti
Ed. Ss.ma Annunziata

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 17/03/2009 23:00:00

Don Cesare Benedetti è nato a Casola, in Lunigiana, nel 1944. Fu ordinato Sacerdote nel 1969 a Massa-Carrara. Già vice parroco nella parrocchia di S. Pietro ad Avenza di Carrara, dal 1981 è parroco della comunità parrocchiale della SS.ma Annunziata di Marina di Carrara.
Lo conobbi nel 1989, quando, ventunenne, mi convertii alla fede cristiano-cattolica. Arrivai, perfetto sconosciuto, nella sua parrocchia, animato da un fervore giovanile evidente, e trovai questo parroco dai modi semplici e cordiali, attento e capace di un grande ascolto. Mi accolse nella sua comunità. Da allora molte vicende sono accadute, tra cui quella di scoprirci legati non soltanto per la comune fede in Cristo risorto ma anche per l’amore verso la scrittura poetica. Un giorno mi regalò un libro intitolato “Il tempo breve”, l’unica sua raccolta poetica stampata, almeno fino ad oggi. E’ un diario che annota, in modo pacato, il fluire delle sue percezioni, di uomo e di sacerdote, nello scorrere delle stagioni che, ciclicamente, procedono e che metaforicamente simboleggiano le stagioni della vita. La sua poesia è talvolta un sussurro. E’ ricorrente una sorta di ritorno alle origini, all’infanzia e alla giovinezza, racconta di elementi naturali genuini, di alberi, di stelle, di paesi, di vicende umane legate alla terra, parla di gente umile, di contadini, di persone che vivono la loro vita nel segreto della loro anima, dove egli, per grazia ricevuta, per ministero di confessore amorevole e capace di un ascolto profondo, ma anche per propria dote, riesce a entrare in punta di piedi, sapendo sempre alleggerire quel carico di stanchezza e di sconforto, capacità di cui è pregna la sua poesia: “Se lacrime scenderanno / calde a irrigare volti / e cuori che l’arsura / di bruciate stagioni / ha pietrificato, / rivivranno le pietre / per dar forma alla casa / che l’insonne insipienza / ha impedito di sognare: / casa sulla roccia / costruita sulle volute / leggere di una Parola / seminata dal vento / per farne edificio d’Amore”.
Non mancano poesie più severe, non certo di condanna ma di domanda, perché questo è il modo cristiano di portare l’uomo alla conversione, verso una qualità di vita che sia rispettosa della dignità personale e altrui: non attraverso una imposizione dogmatica, ma con una domanda ben posta alla ragione, alla coscienza libera di ogni individuo; così, in “Un pessimo affare”, denuncia l’asservimento della propria spontaneità alle tendenze consumistiche del tempo moderno : “Dove prendi, amico, / i soldi per gli stivaletti / all’ultima moda? // Dove prendi energie / per questo totale asservimento? // Finanziariamente parlando / contrattare la libertà / è un pessimo affare; / non si compra / perché non ha prezzo, però si può vendere / e per meno di trenta denari”.
Ma soprattutto in questo libro si rimane affascinati dall’amore di un uomo verso il proprio Dio. Un uomo carico della sua umanità. E’ forte, in Don Benedetti, ed è evidente nei suoi testi, la necessità di essere uomini interi, con i propri limiti e le proprie aspirazioni più sincere, sia all’inizio che durante il cammino di fede, il quale diventa, man mano che si procede, il luogo di incontro con la persona di Cristo, a significare che Dio non necessita di santi ma di uomini che, inconsapevolmente, e quindi umilmente, diventino santi nel dono di sé e del proprio carico di debolezze a Dio: “[…] // Era pur questo / il tempo di consocerti; / era pur questo / il tempo breve d’amarti / e d’amare. / Io come ragno nella sua tela, / Tu come goccia di rugiada / a illuminarla: / stella del mattino imbrigliata / nel mio piccolo firmamento”.
Come è nello stile di vita di Don Cesare, non mancano vibranti poesie di denuncia dell’ingiustizia: “Si spegne morendo / ogni giorno la voce di chi…/ non ha voce // E’ la morte il silenzio dei poveri / la morte la loro vendetta / la morte la loro vittoria / perché Dio prenderà in prestito / le loro mani tese. // E’ la morte dei poveri / il giudizio del mondo, / la voce di Dio / il loro silenzio”. Un poeta, un sacerdote, ma soprattutto un uomo capace di stupirsi e di porsi le stesse domande, sia all’inizio che nel mezzo del proprio cammino, a significare che mai si arriva ma sempre si parte: “Tendo l’orecchio / alla sera, dimesse / sono le voci del giorno / mentre fuori / non è rimasto / che il latrato dei cani / al chiarore freddo / della luna / ed il rumore di un treno / che fugge lontano / nel buio della notte / verso l’alba / di un altro giorno”. Un sentito grazie per quella fede sincera che ha saputo trasmettermi e coltivare, ancora oggi nella lettura di queste belle poesie e in particolare in questa, intitolata “Grazie”, un canto: “Ti ringrazio, Signore / per il profumo / che hai dato / alle viole; / per le spine / che lasci / alle rose; / per l’azzurro / del cielo / che hai donato / al mare; / per il candore / che hai donato / alla neve; / […] / per la vita / nel tempo / che hai dato / alle cose; / per la vita / nell’eternità / che hai donato / anche a me. // Ti ringrazio, Signore / per il profumo / che hai dato / alle viole…”.


P.S. Il libro non è distribuito. Chi desiderasse leggerlo può rivolgersi alla redazione de larecherche.it: redazione@larecherche.it , provvederemo in qualche modo.

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