Pubblicato il 11/07/2008 00:16:24
Voi che visitate la Cattedrale, che a capo scoperto ed in silenzio contemplate, siete i benvenuti. Il mio nome è Céleste e vivo qui. Mio compito è accogliervi, aprirvi le porte del Tempio. Non vi è stato facile arrivare sin qui; la Cattedrale si può scorgere soltanto di notte: all’alba scompare, per ricostruirsi magicamente al prossimo imbrunire. Solo chi è capace di vegliare potrà immergersi nell’eterno compiuto/incompiuto. Agli altri è dato solo di vederne la riproduzione. Monsieur una notte mi disse: "Vedete, Céleste, io voglio che, nella letteratura, la mia opera rappresenti una cattedrale. Ecco perché non è mai completa. Anche se già innalzata, occorre sempre ornarla d'una cosa o l'altra, una vetrata, un capitello, una piccola cappella che si apre, con la sua piccola statua in un angolo" Ah, Monsieur: non posso dimenticare il vostro grido. Era come se mi diceste: “Céleste, ma chère Céleste, mi avete tradito. Non volevo accanimento terapeutico. Niente iniezioni, Céleste, avevo detto niente iniezioni” Ma come lasciarvi con quella enorme, orribile donna venuta a ghermirvi? Come non tentare di oscurare la vostra telescopica vista che vi infliggeva quest’ultima visione mostruosa? Sento ancora il dolore alla mano che mi stringevate con tanta forza. È un dolore amico perché mi tiene unita al dolore di Monsieur, il dolore di una vita. Pardonnez-moi, mes amis, perdonatemi se il pensiero ritorna agli ultimi attimi dell’esistenza terrena e mi distoglie dal mio compito. Ma anche questi miei ricordi vi aiuteranno a capire, comprendere, per prima cosa, il perché questa visita cominci dall’ultima vetrata posta a decoro della Cattedrale. Ecco. Qui potete ammirare il Tempo Ritrovato. Mirabile il cesello, incredibili i suoi colori. Dopo aver guardato con meraviglia l’insieme, osservate il particolare: una parola, una sola. Fine. Monsieur, benché pensasse alla sua opera come ad una delle grandi chiese che tanto amava, era terrorizzato dall’idea di non avere il tempo di concluderla. In questo, almeno in questo, è stato esaudito. Alle tre mi mostrò il manoscritto e disse: “Ora posso morire”. Quella stessa notte, l’orrenda donna, che nessuno poteva scacciare, venne a cercarlo. Otto anni, una lunga notte durata otto anni. In quella stanza dalle pareti strappate alla quercia, Monsieur scriveva e si consumava: per la sua arte è vissuto ed è morto. A me il compito d’essere l’unica sua confidente, di vegliarlo, di stare in pena per lui, di rimanere in piedi nel corridoio, appena fuori dalla porta della sua camera, pronta a rispondere al tintinnare del campanello, pronta ad adempiere il suo ultimo comando: “Sarete voi che mi chiuderete gli occhi”. In seguito, credendo di aver fatto tutto ciò che dovevo, tornai alla mia vita, serbando nel cuore la cronaca di quelle notti. Ma il mondo non è una Cattedrale, non vi regna il silenzio. Fuori dal Tempio i mercanti svendevano la morte di Monsieur: bugie, invenzioni, fantasie. Per questo, dopo anni di silenzio, decisi di consegnare alla storia i miei ricordi. Per questo, ora, mi è concesso di abitare le notti della Recherche perché anche voi conosciate la verità sugli ultimi anni di Monsieur Proust, perché impariate che la sua grandezza non si disseziona come foste un anatomopatologo né si osserva al microscopio. La Recherche si contempla dalla cima di una ziggurat, con l’amore e la mente aperta all’infinito dell’astronomo, con l’umiltà del sacerdote. Ma, nello stesso tempo, come davanti ad una tela di Monet, la si percepisce socchiudendo le palpebre. La notte volge al termine e devo separarmi da voi. Un’ultima cosa, la Cattedrale conficca le sue fondamenta dentro tutti coloro sappiano amarla. In voi è la Recherche, in voi il tempo perduto, in voi il tempo ritrovato. Nelle vostre mani il caleidoscopio degli amori di un amore di Swann. Ed ora, dimenticate Céleste, ché il calice è stato svuotato.
Si ringrazia Gabriella Alù, autrice del sito www.marcel prou
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