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Una mosca sul vetro

di cristina bizzarri
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Pubblicato il 23/09/2012 13:55:34

E Gesù rispose loro: "Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio. Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo”

                                                                                                 Ad  Alessandro Mariani

Una mosca sul vetro appare un istante, poi scompare
nel suo lontano cielo - a me ribrezzo e disconoscimento.
Lilli la gatta caccia piccole farfalle bianche e le sparpaglia
giocando sul balcone. Sembrano un velo trasparente.
Le raccolgo per gettarle via, sbarazzandomi di un pensiero
sgradevole come un rifiuto - per non vedere la fine delle cose,
troppo semplice e normale per essere istoriata in simboli
dentro vetrate accese dove la luce s’infiltra dorata
tra i rossi i blu e i gialli che raccontano come potevamo essere
o come dopo la caduta siamo diventati. Sui banchi della chiesa
inginocchiati, o più comodamente seduti - se si è vecchi o pigri
o appena più orgogliosi o vergognosi ma sempre tra quei muri -
si può volendo pregare per non essere trovati impreparati.
Ma si muore lo stesso in vari modi e non è mai troppo presto
e solo alcune visioni durante il giorno o la notte sembrano uscire
da schemi inaspettati - allora ti dici "è vero, qualcosa accade sul serio
sui banchi che odorano di solitudine di speranza di dolore e di paura".
Così pensi alla croce e a Cristo Pantocrator, ma anche a chi diceva allora,
o forse dice ancora, cose che non regolano il potere o gli accidenti -
bastano forse anche certi quadri o poesie, a volte, a darci questa sensazione,
squarci che si aprono improvvisamente sospendendoci in una gioia
che non tiene più conto del pavimento o del soffitto ma ci innalza -
e ti senti in certo modo giustificata non perché sia tutto uguale,
omologato, giustificato, eppure in fondo sai che è un po’così,
che la colpa non esiste se non nei tribunali e nelle prigioni degli uomini,
e tu ti guardi come dal di fuori - quando sei davvero te stessa
e non vorresti mai che qualcuno ti vedesse o ti leggesse nel pensiero.
A cosa servono i confessionali e i divani degli psicanalisti, o i bar,o l'arte,
se non a farci oltrepassare la paura dell’ignoto, il salto nel vuoto,
quando come trasportati dal forte vento di Paolo e Francesca
sappiamo del nostro tragico e ridicolo destino?  Servono a questo.
Poi, più tardi, usciti allo scoperto, riprendiamo la consapevolezza
che ci è richiesta dai ruoli e dai giochi di potere di chi gestisce
le casse all’entrata, e come ladri potenziali ci guardiamo attorno
stupiti, accerchiati da tante differenze, varietà di colori e odori
che spesso non vorremmo vedere o sentire - ma dal momento che ci sono
fanno parte anche del campo della nostra visione e volenti o nolenti
dobbiamo fare i conti con tutto questo senza ritirarci nel guscio
troppo sottile della mente: in fondo che cos’è la mente? Un'astrazione
sconosciuta? O chimica-fisica-quantistica onda di pensiero che capta
stimoli e cerca di digerirli, trasformandoli in pensieri e parole
che mette in circolo, come fanno le arterie e le vene col sangue?
Questo è quanto ci è dato? Vivere dentro un magma caotico, emozionante,
buffo, doloroso, lieto e tragico, come personaggi a cui è affidato
un canovaccio di cui forse possiamo scegliere la o le scene
da recitare senza prenderci troppo sul serio? Questo è il segreto?
Guardare le persone e il mondo e l'universo intorno come parte di noi, sapendo
che ognuno è sulla scena né più né meno di noi, nato per morire?
Viviamo tutti come nell'attesa di ritornare là dove non sappiamo, ma da dove veniamo.

E ogni storia, ogni sguardo, ogni stella ha la stessa sublime e infima realtà della mosca sul vetro,  che appare un istante - poi scompare. E noi siamo qui ma già da sempre altrove.





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