Pubblicato il 01/05/2012 12:36:17
Da La linea alba Non cercavo la fine, non era la morte l’improvvisa atmosfera, cercavo la ciurma rarefatta e il vento della creazione, il niente che si scopre dietro la vita, dietro l’amore. Perché ci sono spazi enormi da riempire che sono spazi da inghiottire. Ci sono luoghi che dormono, come strumenti in attesa dentro le casse, luoghi di carne, di mascelle spalancate, luoghi di sgomenti e di resa, luoghi dell’amore. Ma sempre, sempre, dietro gli occhi di ognuno ci sono gli occhi di un altro che guardano la fine: le nasse ammonticchiate, prossime al sussulto, lo stupore dentro l’acqua delle ostriche invasate dalla luce, nostro identico culto sotto le stelle. Perché ci sono occhi da respingere che sono occhi da accogliere. Ci sono volti che nascono sotto i nostri corpi e si nascondono tra le coperte e altri disperati che si confessano e si dileguano, dolcemente. E sempre, sempre, ogni gesto del chiarore è un gesto dell’ombra, come lo sguardo separato delle donne, quando aprono le gambe, lentamente. Tutto si divincola tutto è in fuga. Nessuno può parlare di ricordi. La mano fasciata da un fazzoletto gigante, legato in fretta, il soffio forte della nascita l’ultimo giorno di dicembre, il respiro di mio padre nella morte vigilata, una salvietta sporca in un ristorante. Nessuno può parlare di ricordi. Rimane solo il senso di uno smarrimento, l’incredibile rifugio delle cose che crediamo di spostare, il senso della fine, il vero sentimento.
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