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La pioggia si univa compatta alle acque del Liffey
le nubi giravano basse scurando il meriggio
dei ponti che tagliano odori di vento e di muffa
Strisciando sui muri l’amico sembrava sicuro
di scendere ai lunghi giardini di O’Connell street
ma il giro tornava alle stesse vetrine appannate
pestando i riflessi a colori dei neon precoci
la strada era un fondo di calice appena bevuto
il cielo un ammasso di piume sui bianchi abbaini
Piaceva sentirsi smarriti tra foglie marcite
le guglie incrociavano voli di uccelli tardivi
i bar fabbricavano aloni di tazze fumanti
Di sera un concerto di versi pagò l’avventura
qualcuno spiegava a intervalli le nostre concioni
e forse un inconscio bisogno ci prese la mente
se in casa di amici intonammo poi Vitti ‘na crozza
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Alla costa dei giganti
il vento piegava le ossa
spingeva le acque a levante
e le ciglia turbava
col salmastro
Scendemmo alla costa
da un picco sperduto
(fornito di home braking and tea)
che rapido si volse
al fuoco di Maeve e delle fate
danzanti dentro cerchi di basalto
Poi nella celtica sera
si sposarono
lune normanne
*
Perduti tra le corde del tramonto
tienimi la mano
come il sorbo legato alla sua terra
e mentre un gregge
bela verso il mare
dimmi dell’aria morbida che nutre
le tue parole placide e straniere
mite riparo
al giorno che conclude
il lieto viaggio
fino a queste piane
Bianca è la sera
come la mia marna
e se finiamo frasi con un pianto
è per la serie di favole inattese
che mutuano incredibili stupori
rotti soltanto
(ora che cambia il vento)
da un olezzo di pesce lavorato