Pubblicato il 29/01/2011 21:35:18
Le lingue parlate nella penisola italica dal 600 a.C. alla caduta dell’Impero Romano
Questo è il titolo giusto che però non entrava nella zona TITOLO così che ne è sortito un titolo - oltre che sbagliato (non esisteva l'Italia) - anche incompleto. Chiedo venia.
Prima di tuffarci nella bolgia dei dialetti italici, è bene vedere le lingue che hanno fatto la storia della nostra penisola. C'è da dire una cosa: le lingue che si sono parlate in Italia sono tutte lingue del gruppo indoeuropeo. O, meglio, sono un sottogruppo di quella famiglia. Anche il latino, che pure è stata lingua imperiale, appartiene al sottogruppo indoeuropeo.
Il latino lo possiamo considerare "lingua viva" perché è oggetto di studio (più all'estero che da noi, purtroppo!). Accanto al latino troviamo altre lingue, antecedenti il latino stesso e una nota va spesa per l'osco e per l'umbro. Vediamo.
Osco era la lingua dei Sanniti, popolazione che occupava la zona centrale della penisola italica, che dal Lazio meridionale, arrivava fino alla valle del Sannio (da cui il nome). Ben presto questa lingua si fuse con un'altra lingua simile, ovvero l'Umbro, parlato appunto in Umbria. Questa fusione da vita all'osco-umbro.
Accanto a questa lingua, esisteva già una lingua simile al latino romano. Solo che Roma rese nobile quel modo di parlare e dettò anche delle regole. Questa lingua preromana era il "Falisco".
Il Falisco era parlato lungo il Tevere e nella città di Faleria - da cui Falisco - , città di origine etrusca. Con l'espandersi territoriale di Roma, il Falisco fu accorpato al latino romano e così si formano, nel centro della penisola, due gruppi linguistici:
1. l'osco umbro 2. il latino falisco.
Osco-umbro
Come si è detto, l’Osco-umbro è la lingua che veniva parlata dagli Umbri e dai Sanniti. I Sanniti formavano insieme ad altre popolazione, gli Osci o Oschi (ora capite il perché del nome della lingua). Oltre ai Sanniti, nel gruppo degli Oschi c'erano i Campani, i Lucani e i Bruzi. V'erano, inoltre, popoli del Lazio, che vivevano in piccoli territori godendo di una loro libertà ed indipendenza, sono i Sabini, gli Equi, gli Ernici, i Volsci, i Marsi e i Vestini. Si aggiunsero poi i Marruccini e i Peligni.
Il testo più importante per l'umbro sono le "Tavole Iguvine" mentre per l'osco abbiamo la "Tabula Bantina". Le "Tavole Iguvine", ovvero Tavole di Gubbio, furono trovate appunto nella città umbra durante gli scavi presso l'anfiteatro. Si tratta di sette tavole in bronzo con l'alfabeto umbro e - accanto -quello latino. Capirete da soli l'importanza della scoperta: si sono potuti tradurre i testi umbri. La Tavola Bantina, seppure non è così importante come le tavole eugubine, ha una propria valenza storica perché conferma quello che gli studiosi avevano intuito riguardo la lingua osco.
Latino Falisco Come abbiamo già detto, Falisco deriva da Faleria, che era la città dei Faleri, popolo che viveva lungo il Tevere che dalla piana di Fidene, arrivava fino al mare. I Faleri si trovarono ben presto a combattere coi Romani e furono da quest'ultimi sconfitti e sottomessi. Era - quello dei Faleri - un popolo di ampia cultura perché risentirono dell'influenza etrusca prima e di quella romana poi, ma non era un popolo bellicoso: combatteva suo malgrado! Col passare degli anni il falisco - inteso come lingua - lasciò il posto al latino di Roma.
Altre lingue preromaniche
Tra queste annoveriamo il Venetico, detto anche paleoveneto. Era parlato dai popoli che abitavano lungo il delta del Po. Da documenti giunti fino a noi, risulta ch'era una lingua parlata anche in Istria, oltre che in tutto il Veneto. Era questa l'unica zona che non risentiva dell'influenza celtica che invece aveva pervaso tutto il restante nord della penisola italiana.
Una lingua diffusa nel nord-ovest era il Gallico, parlato in Piemonte e parte della Lombardia. Tornando al sud troviamo il Messapico, parlato in Puglia, oggi è l'attuale albanese.
Al nord troviamo il Ligure, limitato alla Liguria e al Piemonte del sud. Anche se, alcune iscrizioni, portano a pensare che fosse diffuso anche nel Canton Ticino. Il Ligure è lingua di difficile classificazione: alcuni esperti lo legano alle lingue celtiche, altri al ceppo latino. Personalmente condivido questa ultima ipotesi.
Abbiamo poi il Greco, diffuso nel sud della penisola, in Sicilia soprattutto, e in quella area che sarà la Magna Grecia. In Toscana si parlava Etrusco, ma vi erano delle zone che subirono l'influenza umbro-osca (Cortona, Camucia e Terontola) e l'influenza ligure (Garfagnana). L'etrusco era parlato anche in Emilia (Bologna in etrusco si chiamava Felsinea), mentre la Romagna risentì - nel ravennate - l'influenza veneta e da Rimini in giù, Marche comprese, imperava il latino preromano.
Effetto sostrato Con il diffondersi del latino come lingua di gran parte della penisola italica, le cosiddette "lingue minori" si dispersero. Restò solo il greco, che "minore" non era, radicato in Sicilia e parte della Calabria.
La scomparsa delle lingue minori è il germe del dialetto e, meglio, dei vari dialetti. Non solo: scomparendo dagli atti ufficiali la lingua estromessa si ramifica in varie cadenze dialettali e si insinua nella lingua corrente con forme lessicali e fenomeni fonetici che sembrano sfuggire ma che - se ci pensate - tutti i giorni sono presenti nei nostri dialoghi. Questo fenomeno è noto come "effetto sostrato".
Sostrato, ovvero substrato, quando ad una lingua parlata se ne sovrappone un'altra. Ma la lingua usurpata, "vive" con forme lessicali e fonetiche. Sembra complicato ma non lo è! Facciamo qualche esempio: in gran parte della Toscana si parlava l'etrusco poi diventato sostrato del latino che a sua volta è diventato sostrato del volgare e quest'ultimo sostrato dell'italiano. Orbene, dove e come si manifesta l'etrusco? Pensateci: in Toscana la lettera "c", seguita da vocale è detta in modo "aspirato", ovvero la "casa" diventa "hasa", così come il "cane" diventa "hane". Questo perché la lingua etrusca era una lingua molto "aspirata" e i toscani, nel tempo hanno mantenuto questa specifica etrusca.
Ancora un esempio che riguarda il centro Italia: in alcune zone il fenomeno dell'assimilazione dei nessi consonantici "nd" ed "mb" diventano rispettivamente "nn" e "mm", così "mondo" diventa "monno" e "gamba" diventa "gamma". Questo fenomeno è presente nelle zone dove si parlava l'osco-umbro. A Foligno, che dicono essere il "centro del mondo" (ma non è vero), la dizione è "centro de lu monno".
Ancora un esempio: nel viterbese la "V" è sostituita spesso dalla "B"! C'è un detto che recita "se vuoi bere bevi, se non vuoi bere vattene", in viterbese diventa "se bo bi, bi, se non bo bi, battene".Non ridete!
A Bastia Umbra la "B" spesso viene sostituita dalla "V", per cui "domani vado alla fiera di Bastia”, diventa "domani vo alla fiera de Vastia". E durante le feste natalizie c'è un gioco chiamato "bestia". Ed allora a “Vastia si gioca a vestia".
A Narni si parla senza usare quasi mai gli articoli! Esempio: "prendo una lametta e mi taglio le vene" diventa "pijo lametta e taijo vene"!
Ed ora pensate alle vostre zone e vedrete che troverete molti sostrati.
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