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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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Ho gettato Dio in pattumiera

Racconti

Bruno Previtali
EdiGiò

Recensione di Giuliano Brenna
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Pubblicato il 26/01/2009 22:05:00

Un libro composto da quattro racconti, due lunghi e due brevi, in cui il filo comune è la sopraffazione verso i più deboli. Nel primo, ambientato nel XV secolo, la bella Margherita, figlia del duca Carabello, per non sottostare alle prepotenze di un corteggiatore, che potrebbe però salvare il trono del padre dalle mire espansionistiche del vicino, si getta da una torre, causando così al padre, oltre al dolore per la perdita della figlia, una schiacciante perdita. Il racconto è intriso di volontà di resistenza contro la prepotenza sia su di un piano sociale, come è la guerra tra il piccolo ducato e la potenza spalleggiata dalla Serenissima, sia su di un piano strettamente personale con la figura di margherita, bramata dal duca di Milano, così come le terre del padre sono desiderate dal Colleoni. Tra di loro, come sfondo attivo, vi sono i traditori, contadini, spie e la moglie del duca, nonché madre di margherita, che, animata da freddo cinismo, vorrebbe vendere la figlia in cambio della salvezza del suo trono. Ma la Storia segue il suo corso, cinismi e, spesso, sopraffazioni grandi e piccole, passano su tutto e cancellano le vite e la memoria di chi non ha voluto rinunciare alla dignità, pur sapendo di andare incontro a morte certa. Il secondo racconto lungo, che dà anche il titolo al libro vede protagonista un uomo semplice, contro la cecità della Chiesa. Quest’uomo non ha commesso alcun delitto, anzi è un buon cristiano, buono ed umile, l’unico sbaglio che ha commesso è stato un matrimonio con la donna sbagliata; quando incontra quella che potrebbe essere la donna giusta per la sua vita, cattolica anch’essa, la Chiesa nega il permesso ai sacramenti ai due. A nulla varranno preghiere e lettere scritte ad una nota rivista cattolica e ad un alto prelato, anzi un modo ci sarebbe, l’annullamento con la Sacra Rota, ovvero pagando fior di quattrini. La Chiesa ormai è cieca e sorda ai bisogni delle persone, si occupa solo di pontificare alla televisione e sui giornali. La vessazione e l’ingiustizia vengono proprio da chi dovrebbe essere buono e caritatevole, così, per colpa di persone che pensano solo al proprio interesse, e che con la religione non hanno nulla a che spartire, se non l’abito che indossano, la gente semplice si allontana da Dio. Nei due racconti brevi che chiudono il libro vediamo, in uno, come la cattiveria e la prepotenza riescano ad avere presa sugli animi più deboli, che spesso sono anche i più soli, prendendoli nella trappola di una spirale di paura e di vessazione. Nell’altro, quarto e ultimo, ad essere oggetto di vessazioni millenarie è la donna, nella fattispecie in Cina, ma potrebbe essere un po’ dovunque, dove addirittura le raccoglitrici di riso non possono permettersi il lusso di essere ammalate per non compromettere l’andamento del lavoro.
Un libro che si potrebbe definire di denuncia, quattro racconti amari, in cui l’ingiustizia è palese, nel primo si narra del XV secolo, ma quante situazioni simili ci appaiono ancor oggi, in cui l’uomo si sente impotente con un macigno sulle spalle, messogli dagli altri, da chi è cattivo e trae piacere o profitto dal fare del male. Spero che questo libro, con le sue parole asciutte, semplici, che vanno diritte al cuore di chi legge abbia una grande divulgazione e sappia incidere nelle coscienze delle persone, che non buttino Dio nella pattumiera per la cattiveria dell’uomo, ma l’uomo sappia dire no all’ingiustizia per far sì che la pattumiera, come luogo in cui finisce chi è debole, sopraffatto, non esista più.

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