Pubblicato il 27/02/2012 09:56:43
Dies irae
(da "Versi dal Paese dell'Anima" - ed. Corriere della Sera)
No, col mio onesto cuore non mi alleo. E' troppo puro, ha il freddo della morte, e voi, che non sfruttate il suo ardore ingenuo, i suoi richiami perentori, avete la speranza che lo ascolti questo ladro di sé che io sono...
Quel giorno, vinto, ascolterò il mio pianto, ma in mano avrò il cipresso, non l'ulivo! Voi lo sapete, o angeli, che tenta la mia voce il barbaro che stette dinanzi ad una terra d'albe e gemme: fu la terra ch'io vidi sul Livenza
sul Po, sul Reno quando una bipenne di oro fanciullesco nella mano agitvo gioioso sul padano paesaggio: lì la mia famiglia, indenne verde tribù, viveva nel creato. Ma ERA già la mia condanna in me.
E si scatenerà se i dolci fili della gioia avrò perso... O Dio, c'è già in me il mio fantasma, il mio automa, che mi soppianterà, nel vecchio aroma della mia stanza, del paese, e ahimé, del mondo, quasi increato ancora,
a cui il morto, ormai, non si appassiona.
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