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IL SIGILLO del FARAONE -Capitolo III

di Maria Pace
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Pubblicato il 14/05/2012 15:00:54

 

CAPITOLO  III                 

 

Isabella era pronta a lasciare l’albergo prima ancora che la luce del mattino cominciasse a rischiarare il cielo; c’era  Osor con lei, che faceva convergere su di sé ogni attenzione.

C’era anche un gruppo di turisti, a colazione, e c’era, naturalmente, il profumo tipico de Il Cairo: una miscellanea di odori e fragranze.

Alì, Alessandro e Fatma li raggiunsero dopo un po’. Nessuno di loro, naturalmente, quella notte aveva dormito.

Terminata la colazione, una vettura dell’Hotel li portò al Museo, dove era ad attenderli Hammad e dove la notizia della ennesima scomparsa della statua del “Guardiano della principessa” come era da tutti ormai conosciuta, aveva creato non poche preoccupazioni negli uffici amministrativi e di controllo.

Stampa e televisione, naturalmente, s’erano mobilitate da tutto il mondo.

Il Museo era affollatissimo.

 

Su quella scomparsa, teorie e congetture continuavano a nascere come funghi dopo la pioggia: tante e piuttosto fantasiose. Nessuna, però, sfiorava pur da lontano, la realtà.

Come prevedibile, la sorveglianza al primo piano, dove era stata allestita la “Stanza della Principessa” era strettissima e armata, come le norme di sicurezza, che erano state potenziate attraverso un sistema di allarme ai raggi laser.

 

Hammad andò incontro agli amici insieme a Hussein, funzionario del Museo, il quale esordì subito, con il tono di chi teme per la propria posizione:

“Spero che il nuovo sistema d’allarme riesca a tenere lontano i ladri. E’ stato messo a punto da una ditta specializzata italiana… la migliore nel mondo.” precisò

“Ladri?” domandò Isabella, facendosi avanti.

“Le guardie di turno dicono di aver visto della luce venire dalla stanza ed aver udito scricchiolii e sibili… Quando sono entrati, però, i ladri erano già fuggiti. Dovevano essere  forti e robusti,per portar via una statua di quelle dimensioni… - aggiunse schiarendosi la voce, dopo una breve pausa - Forti e robusti come questo giovanotto.”

L’uomo indicò la figura di Osor, alle spalle della ragazza, con indosso un caftano color dattero e l’espressione sfingea stampata sul volto.

“Ehi! – riprese, fissando con una certa insistenza la prodigiosa creatura – La tua faccia l’ho già vista. Ti conosco? Chi sei?”

Come sempre, Osor rispose con lo stesso ritornello:

“Osor, io sono. Guardiano della Soglia e Protettore… “ cominciò, ma Alessandro intervenne subito:

“E’ un mio nuovo assistente.”spiegò.

“Oh! – fece il funzionario – Questo tuo nuovo assistente, professore, ricorda quell’altro colosso italiano di un secolo fa, scopritore di tombe e….”

“Belzoni! – assentì Alessandro  – Certo. Certo. Ma adesso, entriamo.”

“Aspetti. – lo fermò l’altro – Da qui non è possibile disattivare il dispositivo di sicurezza. Venite con me.”

“Cosa succede ad attraversare questa linea tracciata a terra?” domandò Isabella facendo un passo avanti e facendo scattare l’allarme.

“Ecco cosa succede, signorina: scatta l’allarme. – spiegò il funzionario, poi, alle guardie accorse – Falso allarme. Falso allarme. – disse – Tornate ai vostri posti.”

 

Proprio nel mezzo del parapiglia che si era  creato subito dopo l’allarme, la prodigiosa creatura attraversò lo spazio vietato, si accostò ad una delle bacheche di cristallo in cui era contenuto il corredo funerario della principessa Nefer e tese la mano verso la serratura di ottone dorato.

“Fermo, giovanotto. – lo raggiunse la voce del funzionario – Non toccare quel vetro o farai scattare nuovamente l’allarme.”

Nessun allarme scattò; scattò, invece, la serratura del cofanetto e Osor vi infilò, non visto e con la rapidità del fulmine, una mano al suo interno. Portò via qualcosa dalla bacheca e la fece sparire, sempre non visto, all’interno dell’ampia manica del caftano color dattero che copriva la sua imponente figura. Dopo di ciò, si voltò e tornò tranquillamente a sistemarsi alle spalle di Isabella, facendo scivolare tra le dita della ragazza il misterioso oggetto trafugato.

“Ma chi è questo giovanotto? – il funzionario tornò alla carica – Non sai leggere i divieti? E’ vietato accostarsi alle bacheche… Non hai letto? Ma da dove vieni? Si può sapere?”

“Sono arrivato sulla Soglia. –cominciò Osor – Ho scavato il Cielo e devastato l’Orizzonte. Ho percorso laTerra a grandi passi perché sono, in verità, ricco di milioni di incantesimi..”

Il funzionario lo guardò sorpreso.

“Uhhh! – grugnì, poi si voltò verso il professore -  Il tuo nuovo assistente, Alessandro, è uno strano tipo davvero. Non ho capito nulla di quanto ha detto.”

“Non farci caso, caro Hussein, amico mio. Non farci caso. L’amico Osor è un tipo assai introverso, ma il suo cervello è una infinita mappa di geroglifici: ti ha appena recitato i versi di qualcuno di essi.”

“Ci credo. – capitolò l’altro – E’ riuscito perfino a non far scattare il dispositivo di sicurezza… Bisogna sapere come ha fatto.” Aggiunse in tono giustamente apprensivo.

“Provo io a verificare questosistema.” interloquì la dottoressa Fatma, oltrepassando con passo deciso la linea  di demarcazione protettiva e facendo scattare nuovamente l’allarme ed accorrere nuovamente le guardie.

“Ma… - non riuscì a trattenere una esclamazione di stupore -  il dispositivo di sicurezza non era attivato?” domandò a una delle guardie.

Anche Hussein fece la stessa domanda e una delle guardie rispose:

“Lo era, signore. Era stato appena attivato.”

“Allora il tuo assistente, amico mio, - fece il funzionario rivolto verso il professore – deve essere davvero un mago. Ora che ti guardo, giovanotto… Ma no! La tensione di questa mattina fa avere le traveggole. Però… la tua faccia… Per la Barba del Profeta! La tua faccia, giovanotto, assomiglia in modo sorprendente a quella della statua portata via dai ladri… Oh! Non state ad ascoltarmi! Non state ad ascoltarmi… io vaneggio, quest’oggi! Ah.ah.ah…”

“Ah.ah.ah… - risero anche Hammad  e gli altri – Siamo tutti nervosi ed agitati questa mattina.. e la dottoressa Fatma ha ragione: qualcosa non va nel sistema d’allarme. E’ meglio darvi un’occhiata.”

 


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