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IL SIGILLO del FARAONE - Capitolo II

di Maria Pace
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Pubblicato il 28/04/2012 09:09:07

 

 

CAPITOLO  II  -Il Papiro della principessa

 

Isabella non riusciva  a dormire, continuava a muoversi ed agitarsi e solo dopo lungo tempo scivolò in un dormi-veglia popolato di ombre, immagini confuse e suoni indistinti. Le ombre poi, cominciarono a prendere forme i suoni divennero voci chiare e distinte.

Pienamente consapevole di sognare, ma con l’impressione di camminare lungo le sponde di un fiume, tra rigogliose giuncaie e folti  canneti di papiri, si vide affiancare da una figura che riconobbe subito: la principessa Nefer.

Era così come l’aveva “vista” laprima volta: i lineamenti delicati, la bocca carnosa, il naso dalla dolce linea pura, il mento elegante e levigato come un profilo in alabastro.

Lo spirito della ragazza divenne un groviglio di emozioni.

Ricordò il loro primo “contatto” all’interno della tomba, nella Valle delle Regine,  e poi quelli che erano seguiti e l’avevano proiettata nel mondo della principessa di Tebe. Era stato così che aveva appreso del profondo legame con il fratello Thotmosis, dell’amicizia per il giovane sacerdote di Bes, e della prematura morte avvenuta a sedici anni.

 

Nel sogno, adesso, lei e la principessa, camminavano rasentando i campi inondati dalle acque del Nilo inmezzo ad un mare di palme e sicomori ed in silenzio assaporavano l’odore del limo portato dalla piena e quello delle canne che la primavera aveva arricchito di verdi germogli.

“Fermati, principessa Nefer. –d’un tratto Isabella ruppe il silenzio – Dimmi, perché mi hai chiamata?”

Era la prima volta che loro duenon si sovrapponevano e che restavano distinte nella propria identità e realtà. In precedenza, Isabella aveva provato sempre una sensazione simile al ricordo, come se la vita della principessa fosse un ricordo perduto  appartenente alla sua vita presente o… o, forse, a quello di una vita passata.

La ragazza intuì, prima ancora che la principessa prendesse la parola, che Nefer stava per farle una rivelazione.

Davanti a loro, un gruppo di cormorani presero il volo poi si disposero in una lunga fila e si allontanaron onel sole: stettero entrambe a guardarli.

“Il Messaggero è venuto a porsi davanti a Nefer- esordì la principessa con accento di rincrescimento - e colui che lo ha inviato vive ancora impunito.”

 “Non capisco.” disse Isabella.

“Tu… tu che sei l’altra “me stessa”, tu puoi aiutare Nefer…”

“Come posso aiutarti?… Come posso aiutarti, io, se è per questo che sei venuta da me?”

“Fa che Anubi, l’Apritore dei Cammini, conceda a Nefer che i suoi nemici siano portati in ceppi innanzi ad Usir… - la voce della principessa era flabile. Quasi un sussurro – Si sono spalancate  le  Porte di Shu, Signora del Cielo, davanti a Nefer, affinché potesse uscire come Horo che prende il volo e si riposa sulla fronte di Ra. Si sono aperti i Chiavistelli di Geb, Signore della Terra, perpermettere a Nefer di venire qui e porre fine alle sue pene…”

“Non capisco!” continuava a ripetere Isabella.

“La pena è grande… Nefer è stata uccisa e il suo Ka non ha pace perché il suo uccisore vive ancora impunito.”

“Ma… ma io  che cosa posso fare?”

“Ridare la pace all’altra “te stessa”…”

“Ma come?”

Il dialogo diventava sempre più angosciosamente incalzante e la ragazza si sentiva triste e impotente.

“Porta il mio lamento e la mia Accusa al Traghettatore dei Defunti, acciocché Egli consegni il messaggio ad Usir Glorificato, Signore della Luce e della Verità e quando il colpevole sarà condotto alla sua presenza…”

“Il messaggio? – la interruppeIsabella – Di quale messaggio parli?”

“Il Papiro dell’Accusa.- risposela principessa – Vi è tracciato in esso il nome di colui che ha inviato a Nefer il Messaggero della Morte.”

“Di quale papiro stai parlando? Come faccio a riconoscerlo fra i tanti che…”

“Il Sigillo del Faraone” la interruppe a sua volta il fantasma della infelice principessa di Tebe.

“Il Sigillo del Faraone?” domandò Isabella sempre più angosciata.

“Il Sigillo del Faraone!- ripeté la principessa, togliendosi dalla mano destra un anello d’oro che recava inciso il cartiglio del Faraone – Il Faraone lo donò a Nefer il giorno della  sua Festa-della-Vita. – continuò tendendolo alla ragazza -  Ogni parola scritta, è parola del Faraone… Ogni ordine, è quello del Faraone.”

Un lampo passò negli occhi di Isabella:

“Credo finalmente di capire. –esclamò - Tu hai scritto su un papiro il nome del responsabile della tua morte e vi hai apposto il Sigillo-del-Faraone… ma io come faccio a far avere ad Anubi il tuo messaggio? Dove si trovano Papiro e Sigillo?”

“Oh!… - sospirò il Ka della principessa – L’infido Enen, allievo di Thot, colpevole della morte di Nefer, quando sarà tradotto davanti ad Usir, sarà punito e dato in pasto ad Ammit...”

“Ma dove si trovano adesso ilpapiro e il Sigillo?” domandò nuovamente Isabella.

“… attenta alla perfidia di Enen, sorella del mio cuore… essa è come la rete del cacciatore che si stringe intorno alle anatre del canneto.”

“Chi è questo Enen? Come posso neutralizzarlo? – lo sforzo di trattenere il volto della principessa, che cominciava a sfuggirle come un’immagine riflessa in una pozza d’acqua, era grande quanto inutile – Dimmi, principessa Nefer, dove hai nascosto Papiro e Sigillo?… Nefer… Nefer…” chiamò, ma proprio in quell’attimo, di scatto, Isabella si svegliò. 

Si rizzò a sedere sul letto, ansimante come un cucciolo in corsa sorpreso fuori del branco.

“Nefer… ho sognatola principessa Nefer…” mormorarono meccanicamente le sue labbra, ma una voce vibrante e dagli accenti litici, dal fondo del letto rispose al suo pensiero sussurrato:

“Più di un sogno, mia signora!”

“Osor?… Sei proprio tu, Osor,amico mio?” esclamò sopraffatta d’emozione.

Osor lasciò le ombre e si fece avanti.

 

Il chiarore lunare, filtrando nella stanza attraverso le  tendine che schermavano la finestra andò a colpire alle spalle la prodigiosa creatura,inondandone la figura di un alone d’argento. Come sempre, il suo aspetto riportò alla mente della ragazza, quello di un antico guerriero galate: possente e particolare.

Nella semi oscurità che permetteva appena di distinguere le cose, il volto del Guardiano-della-Soglia era poco più di una macchia scura, ma lo sguardo, mentre fendeva l’aria, pareva di vetro fuso.

Isabella di corsa lo raggiunse egli buttò le braccia al collo.

Osor abbassò lo sguardo, restando immobile. Impassibile. Non un solo muscolo del volto si mosse, ma, nell’incontrare i suoi occhi, Iabella li vide sfavillare come fulmini in uncielo di piombo.

“Aspetta qui – Isabella si sciolse dall’abbraccio e si staccò da lui per dirigendosi verso la porta – Vado a chiamare Alì.”

Un attimo dopo era nel corridoio, diretta verso la camera del ragazzo, a pochi metri dalla sua.

 

 

(continua)

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