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ANTI CO EGITTO - La metamorfosi

di Maria Pace
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Pubblicato il 17/04/2012 06:12:34

Infreddolito e triste, nell’attesa del sonno che nonarrivava, Djoser pensava a quella culla scurita dal tempo ma ancora attaccataal soffitto di casa. Le sue mani cercarono il filatterio legato al collo, unastuccio di canne contenente iscrizioni incise su un frammento di papiro;formule per propiziarsi il sonno. Glielo aveva messe al collo sua madre. 

Improvvisamente avvertì la sensazione di non esserepiù solo e che la  luce  della Luna   lo scaldasse   quasi più delle fiamme del bivacco. Aprìgli occhi e balzò a sedere: sdraiato di fronte a lui dall’altra parte delfuoco, c’era uno sciacallo.

Superato il primo moto di timore, Djoser restò aguardarlo. Capì subito che non si trattava di uno sciacallo comune. Avvolta dalchiarore della Luna e di quello delle fiamme del bivacco, la sagoma dell’animalesi stagliava nitida contro il cielo blu intenso della notte. Nero come la pece,era assai più grosso di uno sciacallo. Più grosso perfino di un lupo. Collopossente, muscoli poderosi sotto un manto di pelo raso, lo sciacallo si sollevòsulle zampe anteriori e lo fissò dritto negli occhi.

Un brivido attraversò la schiena del ragazzo, incapacedi sottrarsi al richiamo di quello sguardo obliquo e verde. Lo vide tendereverso di lui il capo dal muso allungato ed aguzzo, spalancare le fauci emettere bene in mostra le potenti mandibole e le zanne appuntite. Ma non era unatto di minaccia, bensì la posa che lo sciacallo assume quando ulula alla luna.L’ululato tipico, dicevano al cantiere, che lo sciacallo lancia nei periodi cheprecedono la pioggia: fenomeno assai raro nel deserto.

Djoser comprese che qualcosa di prodigioso stava peraccadere.

Attese. Ogni cosa intorno a lui pareva attendere unprodigio, perché quello era un luogo “Divino”, dove era possibile infrangerele   barriere del mistero e delledimensioni: perfino i Faraoni lo avevano scelto per fissarvi le loro dimoreeterne.

E il prodigio accadde. Le zanne dello sciacallo,sporgenti fuori della bocca, lentamente rientrarono; così pure le unghie,lunghe e scure. Il muso, allungato e stretto, si appiattì. Nelle orbiteoblique, gli occhi fiammeggiarono. Umani o, forse, divini. Il corpo,rannicchiato e curvo, si alzò; pian piano si allungò. Il pelo, nero e lucente,scivolò dentro il cuoio. Risucchiato. Fino a scomparire. Alta, sempre più alta,la sua figura sovrastò, potente e fiera, quella del ragazzo. Anubi era davantia Djoser e il  ragazzo, più attonito  e sbigottito che mai da quella stupefacentemetamorfosi, lo guardava ammutolito.

“Oh, Anubi! - proruppe - O Signore del Cammino Nascosto!”

“Perché non riposi?” domandò lo Sciacallo Divino e,come già nei meandri della Piramide, la sua voce fece fremere l’aria d’intornoe minacciò di spegnere le fiamme del bivacco.

“Il Deforme Bes, Dispensatore delle Sabbie Benefichedel Sonno, si tiene lontano dal povero Djoser. - si lamentò il ragazzo-  L’hai visto aggirarsi qui intorno, o DivinoSciacallo?”

Anubi non rispose a quella domanda, ma ne fece una asua volta:

“Hai paura di me?”

Un poco, quella domanda stupì il ragazzo.  Il Signore del Cammino- Nascosto,si disse, sapeva ben leggere dietro la sua fronte e dentro il suo cuore econosceva già la risposta. Così, decise di osare. Osò guardarlo in faccia. Osòentrare nel suo fulgore divino. Sapeva bene di poterne restare incenerito.Stranamente, però, non aveva di questi timori. I suoi occhi scuri penetraronotranquilli e sereni nello sguardo  dellapiù misteriosa e temibile fra tutte le Divinità e Anubi gli permise perfino dientrare dentro la sua mente. L’animo di Djoser si dispose a nuove emozioni. Eracerto che lo Sciacallo Divino gli avrebbe mostrato i segreti della Duat,il Mondo-Rovesciato di cui era il Signore, che egli aveva sempreimmaginato come un’enorme caverna tenebrosa e irta di insidie, in cui una folladi anime defunte vagavano   spauritealla mercè  di terrificanti creature.

Fece un cenno del capo per dire che sì, aveva paura.

Il Nocchiero della Duat distese le labbra in unsorriso che il ragazzo non aveva visto mai sulla faccia di alcun essere umano.

“Non aver paura. – disse -  Tu nascesti in circostanze particolari e per questo possiedivirtù eccezionali. Tu sei un ragazzo curioso in cerca della Conoscenza. Sai checosa è la Conoscenza?”

Il ragazzo scosse il capo.

“La Conoscenza, Djoser, allievo di Ptha, è la capacitàdi sollevare il velo di un mistero che ne nasconde un altro, senzarestarne  sopraffatti.  Sollevare veli, però, comporta rischi. Tu,Djoser, figlio di Pthahotep, hai paura di osare?”

Djoser osò e la sua mente s’inoltrò ardita in quelladel Dio e si confuse con essa; i loro pensieri si avvilupparono, simili a duecobra attorcigliati. La prima sensazione che il sangue di Djoser conobbe eacquisì da quella  “fusione”, fu unsenso di gloria, percepito da tutte le Identità che componevano la sua essenzaumana. Soprattutto lo Spirito-Ka e l’Anima-Ba danzavano inebriati. Anche ilCuore-Ib esultava e perfino la l’Ombra-Shut brillava come un soleriflesso in uno stagno,  tanto era loSplendore all’interno del Signore del Mondo-di-Sotto. Unameraviglia infinita. Una  purezza   totale. Una  generosità ed una tenerezza incalcolabili.

Comprese perché Ka-beut, la Dea-Freschezza,avesse scelto di essere Sua figlia. C’era una Luce  Infinita dentro il Signore delle Tenebre. Una fiamma chesplendeva in mezzo al tenebrore con la potenza del balsamo che libera da ognidolore e paura; un fulgore grande quanto lo stesso cielo. Ma, proprioproveniente dal centro di tanto fulgore, Djoser sentì irrompere dentro di luiuna sensazione nuova e improvvisa, simile all’aria che cambia per un temporalein avvicinamento o altro grosso evento atmosferico. Quel cambiamento glicomunicò una pena ed un’inquietudine particolari, poichè erano la pena el’inquietudine di Anubi: infinite quanto la Sua generosità. Non erano una penae un dolore qualsiasi. Erano emozioni che non avevano nomi per essere definite.C’era in quel dolore tutto lo sconvolgimento della Palude in cui Horo e Seth sierano scontrati per l’ultima volta; tutta la tristezza del distacco dellaCeleste-Nut dall’amato Geb, Signore della Terra.

La sua mente non era in grado di contenerle. Barcollòe sentì il corpo diventare rigido e pesante. Anubi lo sostenne; quasi lostrinse a sé. Immediatamente dopo, i loro pensieri si dissociarono, ma la vocedel Dio tenne la mente del ragazzo sospesa nell’aria ancora per qualche attimo,come una goccia di sangue appesa alla punta di un pugnale, prima di staccarsi edire:

“Vorresti conoscere la storia di Anubi, figlio diOsiride?” 

 

dall'ultimo libro di Maria PACE

 

"DJOSERe lo Scettro di Anubi"

 

che si può richiedere presso:

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