Pubblicato il 01/06/2010 13:30:39
[ articolo tratto da www.unita.it ]
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Aveva, dunque, ragione Bruno Pontecorvo. I neutrini “oscillano”. Si trasformano, come i personaggi interpretati da Zelig, l’uno nell’altro. La conferma, preliminare ma autorevole, viene da Antonio Ereditato e dall’intero gruppo dell’esperimento OPERA, allestito per verificare se nel viaggio tra Ginevra e il Gran Sasso le minuscole particelle mutano davvero l’una nell’altra. Ma è meglio andare con ordine. Il neutrino è una particella tanto minuscola quanto elusiva. Risente di un’unica forza, l’interazione debole, e pertanto interagisce poco con la materia. Potrebbe attraversare un muro di piombo largo quanto l’intero sistema solare senza essere fermata. Ne esistono di tre tipi: il neutrino elettronico, quello muonico e il tau. Il neutrino, previsto teoricamente nel 1930 da Wolfgang Pauli e rilevato solo nel 1956, è una particella che “parla italiano”. Ne sono state prese le misure teoriche precise da Enrico Fermi e da Ettore Majorana. Negli anni ’50 del secolo scorso è stato un altro italiano, Bruno Pontecorvo – forse il più grande esperto di neutrini di ogni tempo – a ipotizzare che quelle particelle avessero la capacità di “oscillare”, ovvero di trasformarsi l’uno nell’altro. E ora un gruppo a guida italiana dimostra sperimentalmente che Pontecorvo aveva ragione. Diverse osservazioni – dei neutrini solari e dei neutrini prodotti dalle supernovae – in realtà sembravano confermare le sue previsioni. Ma nessun esperimento cruciale era mai stato realizzato per dimostrare inequivocabilmente che la trasformazione avviene davvero. Per questo il CERN di Ginevra e il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso, dell’Istituto nazionale di Fisica Nucleare, ne hanno allestito uno, chiamato OPERA. In pratica son tre anni che da Ginevra sparano fasci di neutrini muonici e che giù, nelle grotte del Gran Sasso, dopo un viaggio di 732 chilometri compiuto in 2,4 millisecondi, li rilevano. Il gruppo che gestisce l’esperimento, di cui è portavoce l’italiano Antonio Ereditato, ha ora la prova che almeno un’oscillazione è avvenuta nel 2007. Un neutrino muonico, su miliardi di miliardi, si è trasformato in un neutrino tau. È troppo poco per considerarla una certezza. Ma è abbastanza per considerare l’evento molto probabile. Tutto questo risolve qualche problema fisico. Solo l’oscillazione di queste minuscole particelle e la loro trasformistica natura può spiegare il “mistero dei neutrini solari”: in pratica noi sulla Terra rileviamo un terzo della quantità di neutrini che, secondo la teoria, deve produrre il Sole. Poiché la teoria fisica è molto solida, l’unica spiegazione possibile è quella di Pontecorvo: su tre neutrini sparati dal Sole due “oscillano” e cambiano natura nel loro viaggio verso la Terra. I risultati del Gran Sasso sembrano dunque risolvere il mistero. Ma il bello della scienza è che, avviato a soluzione un problema altri due se ne spalancano. Infatti la teoria di Pontecorvo prevede che, se i neutrini oscillano, devono avere una massa. Ma il guaio è che il Modello Standard della Fisica delle Alte Energia non prevede una massa per i neutrini. E, dunque, se l’esperimento del Gran Sasso sarà confermato significa che il Modello Standard non è poi così Standard. Deve essere rivisto. E, in particolare, deve prevedere qualche meccanismo che conferisce una massa, per quanto minuscola, alle elusive particelle. Ma non è finita. L’universo, infatti, è pieno zeppo di neutrini. In ogni momento ogni centimetro quadro della nostra pelle e ogni altro centimetro quadro del cosmo sono attraversati da miliardi di neutrini. Se essi hanno una massa, per quanto minuscola, cambiano i pesi sulla bilancia universale. In altri termini si deve riscrivere in qualche punto anche il Modello Standard della Cosmologia. Niente male per una particella che “parla italiano”.
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