Pubblicato il 06/02/2012 10:29:45
da “Nelle vene del mare” edit. Corriere Della Sera.
“La stagione della pace spettrale”,
Poi tutte le nazioni degli uccelli sollevarono insieme La rete enorme delle ombre di questa terra In dialetti innumerevoli, in lingue cinguettanti, cucendola e incrociandola. Sollevarono le ombre del lunghi pini lungo pendii senza sentieri, le ombre di torri vitree lungo le strade al tramonto, l’ombra di una pianta gracile su un davanzale cittadino – la rete che come la notte s’innalzava silenziosa, i gridi degli uccelli anch’essi silenziosi, finché non ci fu più né imbrunire né stagione, clima o declino, solo questo passaggio di luce spettrale che neanche l’ombra più sottile osava recidere.
E gli uomini non poterono vedere, alzando lo sguardo, ciò che le oche selvatiche trainavano, ciò che i falchi pescatori si tiravano dietro in funi argentee e luccicanti nella luce glaciale del sole; non poterono udire i battaglioni degli storni lanciarsi gridi pacifici mentre innalzavano la rete, coprendo questo mondo come i rampicanti di un frutteto, o una madre che stende una garza tremante sugli occhi tremanti di un bambino che fluttua verso il sonno; era la luce che puoi vedere al tramonto sul fianco di un colle nel giallo ottobre, e nessuno di quelli che udirono seppe che mutamento aveva indotto nel gracchiare del corvo, nello stridio di piviere, il gracchio che volteggia sulle braci una così immensa, alta e silenziosa apprensione per i campi e le città cui gli uccelli appartenevano, sennonché era il loro passo stagionale, l’Amore, reso privo di stagioni, o, dall’alto privilegio del loro lignaggio, qualcosa di più luminoso della pietà per i senza ali sotto di loro che condividevano buchi bui in finestre e case, e più in alto sollevarono la rete con voci silenziose sopra ogni mutamento, tradimenti di soli che calano, e questa stagione durò un istante, come la sospensione tra l’imbrunire e la tenebra, tra la furia e la pace, ma, per ciò che la nostra terra è ora, durò a lungo.
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