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IL GUARDIANO DELLA SOGLIA - Osor

di Maria Pace
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Pubblicato il 15/03/2012 03:11:43

 

CAPITOLO   VII  -   OSOR

 

Come partorito dal nulla, un giovane, bello e fierod’aspetto, comparve davanti al gruppo, sulla strada per la Grotta diMertseger..

Era Osor l’Esposto, capo di una umanità assai particolare:il popolo della necropoli, che viveva con i morti e dei morti.

”Salve a te, principe Sekenze. – salutò – Signore deiservi della Sede della Verità. Osiris, Principe dell’Eternità e dellaPerpetuità, ti sia propizio.”

“A te sia propizio Bes, il Guardiano delle Portedell’Occidente… -  nei saluti, iconvenevoli erano d’obbligo, presso l’antico popolo egizio, – Sekenze incontravolentieri il suo amico Osor.”

Le braccia si tesero.

Diciotto anni o forse venti, Osor era senza dubbio unacreatura segnata dagli Dei.  Espostoalla nascita,  abbandonato, cioè, in unacesta di vimini affidata alla corrente del Nilo lungo canneti e steli dipapiro, aveva sfidato e vinto la morte.

Sfuggire alla morte in agguato tra fauci di coccodrilli ozanne di  ippopotami era sempre unasfida impari per un bimbo appena nato, ma era, al contempo, segno della volontàdivina. La condizione unica e straordinaria di creatura scampata al Destino, avvicinavaagli Dei e ne faceva uno spirito “eletto”: vincere la morte senzacorromperla,  elevava sulla condizionedegli altri uomini.

In Osor l’Esposto, tutto era mistero.

Di lui si diceva che fosse stato allevato dai ghepardi deldeserto, creature care al dio Bes. Si raccontava che il Deforme SignoreDispensatore di Misteri, lo avesse posto sotto la sua protezione. Si dicevache, assunte le sembianze di vecchio eremita, Bes avesse nutrito il suo corpocon cibo divino e forgiato il suo spirito attraverso la dura vita del deserto.E si raccontava che alla morte del vecchio eremita, per ottanta giorni edottanta notti, il ragazzo avesse servito nella “Casa dei Morti” per pagare lamigliore delle forme di imbalsamazione per il suo corpo mortale.

Al villaggio della necropoli tutti ricorrevano a lui perconoscere la volontà degli Dei o le cose del futuro perché, più di ogni altrouomo,  si diceva, egli era vicino allaLuna, al Sole, alla Terra ed all’Acqua, poiché la notte della sua nascita, unlieve vento di ponente aveva sospinto la sua culla di cannicci fino allacapanna del vecchio eremita.

Proprio nei cannicci di quella cesta era intrecciato ilsuo Destino e, se si fosse conosciuto il nome di colei che aveva prodottoquell’intreccio così particolare, certamente si sarebbe potuto sciogliere unmistero.

Ma chi poteva conoscere quel nome? Solo la Terra, ilVento, la Luna e la corrente del Nilo conoscevano quel nome, ma la Terra, ilVento, la Luna e la corrente del Nilo non potevano parlare… potevano solosussurrare… e si sussurrava di una culla di cannicci staccatasi dalle mura delquartiere dei ricchi… forse dallo stesso Palazzo reale… affidata alle acque etrascinata dal vento di Ponente…. Questo si sussurrava.

 

Il prodigioso giovane si girò verso la principessa di Tebeed un barbaglio gli si levò dagli occhi scuri come la notte, mentre con unlieve inchino ed un sorriso indecifrabile diceva:

“Dolce Figlia di Iside, il Guardiano della Sogliascioglierà per te i nodi che legano i veli del mistero e leggerà dentro le tuevisioni.”

“Tu… tu…- balbettò la ragazza – sai delle mie visioni edelle voci che mi giungono da un altro mondo?”

“Non da un altro mondo. - fu la sorprendente risposta del giovane ierata –

Voci e visioni giungono da te stessa. Il Guardiano apriràla Soglia e tu potrai leggere dentro di te.”

“Ma io credevo che fosse Mertseger la Tenebrosa ad inviarevisioni a Nefer e non Bes, il bizzarro Guardiano della Soglia.”

L’altro ebbe un sorriso misterioso quanto le parole.

“Forse Mertseger ha fatto anche Lei sentire la sua voce,ma rammenta, Figlia del Cielo, Bes è qui da tempi immemorabili… assai prima chearrivasse Mertseger.”

“Se è così, - si arrese la principessa – io aspetto diseguirti.”

 

Osor l’Esposto si pose alla guida del gruppetto e locondusse attraverso la stretta via che ospitava  Tempietti e Cappelle dedicati alle divinità della Morte e dellaRinascita, a Geni ed a Semidei portati sugli altari dalla devozione della gentedella necropoli: Ptha,  Signore dellaVerità, Nebethet, Colei che ascolta le Preghiere, Renenet, Colei che elargisceClemenza, Anubi, Signore delle Bende, Thot, Signore dei Geroglifici e moltealtre ancora.

 

Un improvviso boato scosse la terra, che parve gemere.

“Oh! – esclamò la principessa – La terra trema.”

“No. – esordì Ankheren alle sue spalle, che trascinava iltorello – Sono i tori del Santuario di Ptha.” spiegò.

“Non ho mai visto un toro selvaggio da vicino.” esclamòThotmosis, investito dal lezzo dei tori che il vento trasportava fino a loro.

“Sono possenti e pericolosi. – spiegò Sekenze – Per iguardiani, tenerli rinchiusi nel recinto e controllarli, è una prova di grandecoraggio.”

“Questo dice mio padre. – interloquì Ankheren – Dice cheil governo di animali così forti ed irrequieti è assai pericoloso.”

“Il tuo Kaptha non è pericoloso né irrequieto.” osservòNefer e il ragazzo, in tono compiaciuto:

“Kaptha è il toro più bello che si sia mai visto sottoquesto cielo. Guardate le sue corna… sono belle, arcuate ed aguzze. Sono cornaadatte a difendere una mandria… E le sue gambe? Non sono colonne di marmobrunite? E guardate quanta nobiltà nel suo incedere.”

“Non v’è dubbio che sia uno splendido animale.” convenneOsor che procedeva con passo rapido.

Nefer faticava a stargli dietro; il passo dei cavalli alleloro spalle,  che i servi conducevanocon una corda al collo, ritmava la marcia. La ragazza osservava la possanzadelle spalle del giovane, dalla cui pelle abbronzata e lucida,  il sole pareva trarre bagliori.

 

Si lasciarono alle spalle le case del villaggio e furonoin vista del Tempietto di Bes, il bizzarro, grottesco Dio dalle zanne dighepardo e dagli occhi di fuoco. Molte stele votive ne ostruivano l’ingresso:vasi, coppe e tavolette con l’immagine del Dio.

Osor si fermò.

Nefer sollevò il capo. Nel cielo il sole scintillava epareva aver assunto le sembianze del volto di Horo; la principessa  ebbe anche la sensazione di sentire il suosguardo rovente bruciarle la pelle. Spostò lo sguardo sulla figura di Osor cherisaltava contro l’orizzonte roccioso, salda e possente come le statue cheviaggiavano sul Nilo dirette a Tebe.

Ebbe l’impressione di “aver già visto”  una statua simile e se ne sentì turbata.

 

Osor si introdusse in un vestibolo di pietra illuminato datorce appese alle pareti. L’ambiente dava adito ad una grotta sfavillanti didoni votivi.

In silenzio anche gli altri lo seguirono e lo viderochinarsi al suolo per raccogliere una manciata di terra. Si fermarono alle suespalle e ne seguirono con attenzione ogni movimento.

Osor mescolò la terra ai misteriosi granelli contenuti inun grosso braciere  che troneggiava alcentro dell’antro.  L’ambiente eraimmerso in una suggestiva semioscurità. Osor vi accostò la fiamma della torcia;la fragranza della mirra e quella dell’incenso, invasero immediatamente lagrotta, insieme ad un fumo sempre più denso.

Nefer si sfilò la collanina che Ankheren le aveva donato ela tese al giovane ierata il quale la prese con entrambe le mani e la posesull’altare, dietro il braciere. Successivamente, il giovane invitò laprincipessa a purificarsi mani e capo con l’acqua del Sacro Bacile dellaVeggenza, ai piedi dell’altare, e la invitò ad inginocchiarsi e congiungere lemani nell’atto del supplice, infine, le pose sul capo un virgulto di papiro.

“Chi interroga il Sacro Rotolo di Bes?”  domandò.

“Sono io, Nefer  edesidero conoscere il nome e la volontà di chi mi ha inviato la sua voce.”

            OBes, Guardiano delle Porte, Signore del Mistero

- cominciò a salmodiare il giovane sacerdote di Bes; lasua voce profonda e tagliente, faceva fremere l’aria d’intorno -                        

            Parla ai nostri cuori.

            Ilnostro orecchio è pronto ad ascoltare

            Lospirito è pronto ad intendere…”

Nefer ascoltava in silenzio. Osservava con profondoraccoglimento l’imponente e misteriosa figura di Osor. D’un tratto ebbe comel’impressione che essa ingigantisse sotto il suo sguardo, simile a quella di unSemidio. Le  pupille ardenti del giovanee la luminosità corvina dei suoi lunghi capelli trattenuti da un cordino sullafronte, le facevano quasi tremare il cuore.

Per chissà quale associazione di idee, pensò al tempo delritiro delle acque, quando la terra si copriva di teneri germogli ed il lotofioriva negli stagni. Immaginò se stessa nell’atto di fargli offerta dighirlande di fiori e foglie, ma sorrise al pensiero: la Piena era ancora alta ele acque erano salite fino a lambire le mura dei Templi.

“Io ti aiuterò ad attraversare la soglia ed a penetrarenel Mistero. – la voce di Osor la scosse – Vi andrai da sola, ma senza fare unsol passo, perché il viaggio sarà attraverso il tuo Ka, che è sempresolo quando si presenta al cospetto di un Dio.”

Nefer continuava a tacere.

Spianata la sabbia ai suoi piedi, Osor la invitò atracciarvi dei segni col virgulto di papiro ed intanto accompagnava i suoigesti con una invocazione che era una dolce cantilena; alle loro spalleThotmosis,  Sekenze ed Ankheren,trattenevano perfino il respiro.

           “Coleiche ti seguirà, mai ti raggiungerà

            Interroga te stessa e non il Destino

             Perchécolei che ti seguirà non allontanerà da te

             Lacoppa della Verità…

            Questo, per te, hanno disposto gli Dei

             Ma iosarò il tuo Guardiano

             Persempre ed oltre.”

Nefer si alzò; il suo sguardo errò esitante d’intorno ed’intorno c’erano solo ombre e nelle ombre le figure appena abbozzate dei suoiamici e c’era il silenzio più profondo. La voce inconfondibile di Osorl’Esposto ruppe una volta ancora quel silenzio:

“Io sono straniero nel mondo – diceva – poiché non sonogiunto su questa terra come gli altri, ma alla deriva tra le canne del Nilo.Neppure tu, però, Figlia del Cielo, appartieni al tuo Destino. Per questo,tutti e due, noi, siamo stranieri nella nostra Terra… E’ stato scritto nellestelle prima ancora che nascessimo… E così dev’essere!”

Fuori della grotta, la “Cima”, la montagna sacra alla deaHathor, cominciò a danzare: la terra tremò ancora e la principessa Nefer nonebbe il tempo per replicare, poiché si sentì come sprofondare in un etraimpalpabile e fluido.

 

 

 

 


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