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IL GUARDIANO DELLA SOGLIA Cap. IV La principessa N

di Maria Pace
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Pubblicato il 10/03/2012 21:36:12

 

CAPITOLO IV -   La principessa Nefer

 

Dopo aver incrociato quello di Alì, lo sguardo di Isabellavagò verso lo sfuggente orizzonte; navigò, in un addensarsi di fluttuantivapori, oltre le spalle del ragazzo e naufragò in infinite distanze, prima diinfrangersi contro la Cima, la montagna messa lì dagli Dei a vigilare ilsonno dei Faraoni e delle loro  Spose.

Con la sensazione che lo spirito si muovesse all’internodi un incantesimo, attraversò la montagna e si spinse oltre il deserto,il fiume e la città e raggiunse la terrazza… la terrazza del Palazzo Reale diTebe che, da quell’altezza dominava ogni cosa: i tetti delle case, le cime deiTempli, le sommità dei Piloni, le acque del Nilo.

“Nefer… Occhi Lucenti. Piccola signora, ecco che tiritrovo.”

Una voce raggiunse alle spalle la principessa Nefer…Isabella-Nefer, la figlia minore del Faraone, costringendola a girare il capo;il gesto fece tintinnare gli orecchini di lapislazzulo, che sparsero sul suobel volto una luce azzurrina.

Un turbinio di pensieri, di emozioni e sensazionisconosciute scompigliavano il suo cervello: si sentiva come appena uscita da unsogno fantastico. Alzò la mano per toccare gli orecchini e lo sguardo cadde suifianchi, su cui scendevano, morbide, le pieghe di una tunica di lino trattenutain vita da una cintura dorata; una sciarpa a frange sulle spalle, calzari dipapiro ai piedi, completavano il suo abbigliamento.

“Che strano sogno…che strane genti. – pensò, poi sorrisealla donna che l’aveva raggiunta, d’età matura, bassa e grassottella, che lafissava con occhi ossequiosi ed affettuosi – Guarda quei due ibis, Merende.Guarda il loro volteggiar sui tetti.” disse.

“La mia piccola sognatrice! Sempre ad inseguire il volodegli ibis, sempre persa dietro le fantasie.” sorrise la vecchia e le rassettòcon gesto amorevole la veste di lino pregiato.

“Io volo lontano con gli ibis, nutrice. Lascio questestanze e sogno luoghi meravigliosi e genti misteriose… Se tu potessi conoscere,nutrice, i mondi meravigliosi in cui mi portano i miei sogni!” sospirò e ladonna sorrise.

 

La principessa Nefer detestava gli odori penetranti dellestanze del gineceo, quelli dell’incenso e degli unguenti. Lei amava il profumodella lavanda, dell’iris e del loto che rallegravano la terrazza. Detestava lapenombra di stanze e corridoi ed amava la luce e il richiamo del mondo cheproveniva da oltre le siepi della terrazza e correva lassù tutte le volte chele era consentito farlo.

Quel mattino, però, non restò a lungo da sola. Un allegrocicaleccio la investì alle spalle: le principesse Agar, Nefrure, Amksenammon,le sue sorellastre, con le ancelle, avevano invaso quel posto trasformandolo inun allegro salotto. Sguardi, sorrisi e parole sfioravano speranzosi le stradesottostanti, i tetti dove le ancelle soleggiavano le lenzuola e le acque delNilo in piena.

Due ancelle avevano portato rocche e fusi per filare;Nelle loro mani i fili di lino rilucevano ancora d’olio; l’olio era necessarioper ottenere quella brillantezza per cui le tele di Tebe erano famose.

Nefer prese subito un fuso ed un rocchetto di lino; lagrossezza, però, indicava che non era al lavoro che stava dedicando la suaattenzione.

Da qualche tempo, la principessa  Nefer era sempre distratta, trasognata e attratta da mondilontani.

“Arrivano. – una voce la strappò alle sue riflessioni –Ecco le navi di Ugarit.”

“Gli ambasciatori di Ugarit viaggiano su quelle navi perchiedere al Faraone una figlia in sposa per il loro Sovrano.” disse Agar che,in punta di piedi, aggrappata alla ringhiera per vedere meglio, scrutava leacque del Nilo, rigogliose in quella stagione.

Agar era molto bella; il fisico era agile e snello e lapelle era  luminosa, come attraversatadal sole. Era, tra le sorelle, la preferita di Nefer perché ribelle econtestatrice quanto lei e perché come lei, anche Agar aveva un unicodesiderio: volare via da quel nido dorato. Presto anche lei sarebbe salita suuna nave come quella: da Ur erano venuti per lei ambasciatori a chiedere la suamano per un principe babilonese.

Gruppi di operai, di sotto, spingevano, su grosse sfere,un obelisco assicurato ad un lastrone di legno. Nefer seguiva con aria assentei loro movimenti.

“Presto arriveranno ambasciatori anche dalla Colchide”disse ancora Agar.

Agar era sempre informata su tutto, era sempre al correntedi ogni cosa e Nefer non aveva motivo di dubitare della sua affermazione: Agar sentiva e  vedeva le cose prima ancora che accadessero e apparissero.

“Colchide? E dove si trova?” domandò sporgendosi anche leioltre la balaustra; i lunghi capelli neri e setosi, agitati dal vento diprimavera, sembravano ali di ibis spiegate nel cielo; la pioggia era cadutaininterrotta per molti giorni e l’aria s’era fatta più tersa.

“Molto lontano. E’ una città posta sotto la protezione diun Ariete Sacro dal Vello d’Oro.”

Nefer fece l’atto di riprendere la parola, ma una vocegioiosa alle spalle glielo impedì, costringendola a voltarsi.

“Thutmosis…” esclamò.

Thutmosis era suo fratello, più giovane di lei di un anno.Come tutti i maschi, all’età di sei anni aveva lasciato il gineceo per esseredestinato alle armi o a qualche Dicastero.

Da quanto tempo non lo vedeva! Molte primavere erano passatedal giorno in cui era salito su una nave dei marinai del Popolo della Porpora.

“I marinai più valenti del mondo ed i più ardimentosi. –diceva di loro  il Faraone – Più ancoradei Popoli di Mare.”

I Popoli di mare venivano da molto lontano; arrivavanoda città dai nomi strani: Corinto, Cnosso, Creta, tutte sotto la protezione diun Toro Sacro e su cui si raccontavano storie paurose ed inquietanti. QueiPopoli avevano assalito l’Egitto ed erano così sicuri della vittoria, datrascinarsi dietro le famiglie. I soldati del Faraone, però, e Tuthmosis conloro, li avevano ricacciati in mare.

“Thutmosis! - ripetè la principessa Nefer tendendo lebraccia al fratello – Ma come sei cresciuto!”

D’improvviso, però, proprio mentre le braccia tesesfioravano quelle del fratello, un etra fluttuante ed impalpabile circondò ilvolto di Thutmosis ed ogni cosa andò sfocando. Una sensazione mai provataprima, l’assalì, come il distaccarsi da se stessa, il camminare, l’andaredentro lo spirito.

“Thutmosis… “ chiamò.

 Aprì gli occhi e,sotto un sole che le ingiuriava lo sguardo, vide il volto preoccupato di Alì equello sfingeo di Osor, chini su di lei.

“Thutmosis… - chiamò ancora, poi – Ma… dove sono? Dov’èThutmosis?...  Voi… tu sei Alì e tu… seiOsor… Siete proprio voi?”

 

“Sta delirando. - Isabella sentì la voce di Alì provenireda una distanza remota - Isabella… sei tornata? Stavi delirando. Chiamavi uncerto Thutmosis, parlavi di Creta e Colchide,… Arieti e Tori Sacri…”

“Che cosa è successo?” domandò, appena rientrata completamentein sé; le orecchie le ronzavano e dietro la fronte, pensieri e sensazionicorrevano come anatre attaccate dal cacciatore.

“Sei stata morsa da uno scorpione. Non ricordi? – spiegòAlì - Osor ha guarito la tua ferita, ma non chiedermi come ha fatto.”

“Oh, sapessi che strano sogno. Mi trovavo… mi parevaproprio d’esserci.”

“Dove?”

“ A Tebe. Nell’antica città di Tebe. Il mio nome eraNefer… sì, come la principessa della tomba rinvenuta. E’ stato un sogno, ma eracosì reale… E’ stato un sogno, vero, Osor?” domandò.

Osor, la creatura prodigiosa scosse il capo.

“No…non è stato un sogno? – sbalordì  la ragazza - Cos’è stato, allora? Se non èstato un sogno che cosa è stato?”

Il volto del Guardiano restò una sfinge.

 

                                       *****************

 

 

 

 

Era ancora chiaro, ma il tramonto era prossimo quando ilprofessore ed Hammad rientrarono da Il Cairo. Avvertito dell’incidente,Alessandro si recò subito dalla sorella.

“Come sta?” continuava a chiedere ad Alì che loaccompagnava.

“Adesso bene, ma c’è una sorpresa.”

“Come può star bene chi è stato morso da uno scorpione?”

“Per fortuna c’era Osor con noi.” replicò il ragazzo.

“Chi è costui?” domandò il professore

“Ehhh!... è questa la sorpresa. E che sorpresa!”

“Oh! – interloquì Hammad, che li seguiva di un passo – E’molto misterioso, il mio ragazzo, oggi.”

“Mai quanto la sorpresa che vi attende… ehhh!”

 

Trovarono Isabella che stava riposando; nel sentirliarrivare la ragazza riaprì gli occhi.

“Ehi, piccola! Mi hai fatto prendere un bello spavento…Come stai?”

“Non potrei stare meglio, fratellone. Grazie a lui.”

Isabella indicò Osor in piedi in fondo al letto, gambedivaricate e braccia incrociate sul petto. Alessandro si girò verso di lui.

Sfingeo nella sua immobilità, straordinario nelleproporzioni del fisico, Osor  catturòimmediatamente l’interesse del professore. Qualcosa, però, nella figura diAlessandro, dovette indurre nella creatura una qualche parvenza diemozione, poiché un barbaglio inquieto si levò dal suo sguardo d’aquila.

Alessandro tese in avanti la destra.

“La mano, Osor. Stringi la mano a mio fratello.”intervenne la ragazza.

Osor ubbidì e la mano del giovane parve stritolarsi nellamorsa d’acciaio delle sue dita; il professore ebbe una smorfia di dolore.

“Ehi, ma chi è questo Titano?” esclamò tentando, invano diliberarsi della stretta.

“Lascialo. – intervenne ancora la ragazza che proseguì,rivolta ad Alì – Prova a dirgli tu chi è Osor e da dove viene.”

“Questi due nascondono qualcosa. – sorrise Hammad,facendosi avanti. Chi è questo aitante giovanotto?”

“Chi è? Ah.ah.ah… E’ Osor. E’ il Guardiano della tombadella principessa Nefer, ma… cosa sia – aggiunse dopo una pausa assai eloquente– proprio non lo so.”

“E’ un altro dei vostri scherzi?” domandò ancoral’assistente del professore.

“Niente affatto! – spiegò il ragazzo – E’ proprio ilGuardiano della tomba. Non lo riconosci?... Non riconosci la statua che stavanella cripta?”

“La statua misteriosamente scomparsa?”

“Proprio quella. Ha preso il volo, ma rieccola qui!”

“Basta con gli scherzi. – interloquì Alessandro – E tu,giovanotto… non dici nulla? Sei un nuovo operaio? Ti manda la “FondazioneRamses” di Londra? Chi sei? Vuoi rispondere?”

“Io sono Osor, Guardiano della Soglia. –  cominciò a recitare la formidabile creatura– Sono io che respingo i profanatori della dimora della mia signora. Sono ioche con il tocco della Morte Incognita di cui è dotata la mia mano, punisco gliempi.”

“Basta, ragazzi…”

“E’ la verità, professore. – disse Alì, diventato serio –Non comprendiamo cosa sia successo, ma lui è proprio quello che dice di essere.Toccagli il petto: non  c’è battitocardiaco e neppure il polso ha battito… Forza, toccalo. Toccatelo.”

Un attimo di titubanza, nel professore, prima di tenderela mano verso il largo petto della creatura; lo stesso fece Hammad.

Nulla. Non c’era nessuna delle attività che indicano lavita.

“E questi fori nella tunica? – incalzò Isabella – Glihanno sparato, a Nedinet Habu. E’ stato un uomo della banda di Abdel il Rosso.Avreste trovato le nostre carcasse ad essiccare al sole se Osor non ci avessefatto scudo con il suo corpo.”

“Che spettacolo! – incalzò Alì – Le pallottole lo hannoattraversato da parte a parte. Che spettacolo, ragazzi! E quei banditi?... sela sono data a gambe, ah.ah.ah…”

“Davvero non si tratta di uno scherzo? – Hammad tornò atastare il petto della creatura – Per la potenza di Allah! Non è possibile! –ritirò la mano, con la sensazione di chi è ubriaco senza aver bevuto – Checosè, allora?”

Alì si strinse nelle spalle e Isabella scosse il capo;Alessandro tornò a fissare la creatura 

“Il Guardiano della Soglia! Colui che colpisce iprofanatori con il tocco della Morte Incognita..” recitò scetticoAlessandro, ma Hammad lo interruppe:

“Il Guardiano della Soglia – disse – Si chiamavacosì Bes, Signore del Sonno e del Riposo.”

“Bes? – Alì scambiò un’occhiata con la ragazza – Lui  ha parlato di Bes. Ha detto d’essere ilsacerdote del Deforme Bes.”

“Il Deforme Bes! Ma certo! – disse Alessandro con unarisata tirata e nervosa, per nascondere l’emozione, ma tornò serio – Luipotrebbe essere, per quanto inverosimile appaia, il testimone della potenzadegli antichi sacerdoti egizi… per quanto paradossale…”

“Che vuol dire: testimone della potenza..” fece Isabel, maHammad:

“…che questa creatura potrebbe essere un prodotto del potere occulto degli antichi sacerdotiegizi, capaci di manipolare la materia.” spiegò.

“Ma è straordinario! Significa che gli antichi sacerdotiegizi possedevano cognizioni che la moderna scienza non ha ancora scoperto?”

“Forse… in parte. – convenne Alessandro – Sapete cosaconteneva il sacchetto che quella statua… Santo Cielo… che Osor teneva inmano?... – Alessandro fece seguire una pausa carica di emozione – Materialeradioattivo. – disse infine – Uranio. La Morte Incognita non èaltro che un sacchetto di materiale radioattivo.”

“Cooosa? – fecero in coro i due ragazzi - Stupefacente!”

“Forse no! Quei grandi costruttori di Piramidi, queglistraordinari osservatori di ognuno dei fenomeni della natura, conoscevano glieffetti della radioattività e se ne servivano per proteggere le tombe dei loroRe.”

“Chissà quali e quanti segreti sono nascosti sotto questesabbie e dentro queste rocce.” commentò Alì.

“Segreti che Osor potrebbe svelarci. - replicò Isabella -Sapete che cosa significa tutto questo?”

“Diamine, se lo sappiamo! – esclamò Alessandro – Ma checosa ne sarebbe di lui se tutto questo diventasse di dominio pubblico?”

“Per questo non ne abbiamo fatto parola con nessuno. –spiegò Alì – Per proteggerlo.”

“Per farlo, però, - replicò il professore – dobbiamosaperne di più sul suo conto. Chi è, veramente, Osor?”

“Io ho fatto un sogno strano. – disse la ragazza – Osor miha portata indietro nel tempo toccandomi la fronte col suo indice.”

“Per tutti i diavoli!” proruppe il professore.

“Io potrei tornare indietro e scoprirlo.” gli fece eco laragazza, ma la voce inaspettata di Osor, che per la prima volta parlava senzaessere interpellato, dirottò verso di lui l’attenzione di tutti.:

“Non chieda troppo al Destino, la mia signora, o morirà adetà non conveniente.” recitò.

“Sta dicendo che è pericoloso tornare laggiù.” disse Alì.

“Ha ragione lui.- convenne Alessandro – La casta dei cherwebb,i sacerdoti  egizi di massimo grado, eraassai potente e pericolosa.”

“Non sono sprovveduta né ingenua.- replicò la ragazza – Iosaprei…”

“No! – la interruppe perentorio il fratello – Nulla sipoteva fare allora che non fosse gradito a quella potentissima casta  e nulla potresti fare tu, oggi. Il loropotere era assoluto: la conoscenza era tutta nelle loro mani e ogni decisione,politica o sociale, era infarcita di teologia…. Erano i Sacerdoti che facevanonascere e morire Dei e Dinastie di Faraoni.”

“Capisco. Io, però, voglio tornare lo stesso laggiù.”

“Ne parleremo più tardi, ora dovresti riposare.”

“Ahhh!... – sbadigliò la ragazza – Hai ragione.  Sono stanca ed ho sonno. Alì mi ha dato unintruglio da bere…”

“… che ti farò dormire come un angioletto.” sorrise ilragazzo, poi seguì il professore che stava dirigendosi verso l’uscita.

 

                                   

 

 


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