Pubblicato il 18/05/2010 17:21:00
- Nel '76 lei scrisse una “ricetta della poesia” in versi. Ce ne ricorda gli ingredienti?
L'idea è ripresa da alcune notazioni di Stendhal, ma la poesia è piena di ironia, benché molto seria. L'ingrediente principale è “un piccolo fatto vero, se possibile fresco di giornata”: elementi della realtà, per lo più impoetici, banali, marginali da portare a una dimensione allegorica. Mi sembra, questa, una strategia tipica di una possibile modernità. Il poeta della modernità fa un lavoro individuale, l'unico strumento che gli rimane è la lirica. Allora, cosa può fare? Proporsi come testimone. Testimone del “fatto vero”. E' quello che io chiamo volentieri realismo allegorico. Un realismo, cioè, non mimetico. E' la mia vecchia, cara coppia: ideologia e linguaggio. Un fatto diventa un sintomo degno di essere raccolto, raccontato, lavorato. Molto della forza della poesia deriva dal fatto che essa insinua una visione del mondo, non la declama. Una natura morta o un paesaggio possono sembrare estranei al mondo. Invece le scarpe di Van Gogh, un paesaggio di Cézanne comunicano una visione del mondo. Ma in una apparente innocenza, che ne aumenta la seduzione.
(intervista di Maria Serena Palieri comparsa sull'Unità del 22-11-2002)
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