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IL GUARDIANO DELLA SOGLIA Capitolo III Il Guardia

di Maria Pace
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Pubblicato il 10/03/2012 21:32:26

 

 

“E questo chi è?”

“Chi o cosa!.. E che ne so! Non lo riconosci? E’ ilGuardiano del sepolcro della principessa Nefer… il Custode, sepreferisci. E’ il mio Protettore!”

“Ma che dici! Stai scherzando?”

“Scherzando? Guardalo bene. Toccalo… parlagli.”

“Ma… - il ragazzo scuoteva il capo – E’ uno scherzo?”

“Ti pare uno scherzo?”

“Ma allora… No! Nooooo! Non è possibile! E’ pazzesco!”anche il ragazzo si rifiutava di credere ai propri occhi.

“Quando mi sono svegliata e l’ho visto ai piedi del lettoper poco non morivo d’infarto. – spiegò la ragazza, poi aggiunse – Luicrede  che io sia la principessa Nefer.”

“Non è possibile! – continuava a ripetere Alì – Vuoi direche la statua… la statua del Guardiano, che è stata rubata, ha preso vita… E’questo che vuoi dire? Come sarebbe accaduto? Chi lo avrebbe animato?”

“Non chiederlo a me.”

“Che cosa facciamo?”

“Non lo so, ma di certo non vogliamo che diventi unesperimento da laboratorio, vero? Lui è innocente e puro come un fanciullo. E’dolce. Guardalo.”

“Questo innocente fanciullo ha ucciso due persone, sel’hai dimenticato.” replicò il ragazzo, senza staccare gli occhi dallacreatura, immobile e silenziosa.

“Non è stato lui.”

“No? Ma rifletti… tu sei stata assalita da quei duemalviventi e… e questo… questo… dice di essere il tuo protettore… metti insiemele due cose.”

“Tu credi?”

“Ne sono convinto.”

“Se è così, lo ha fatto solo per proteggermi.”

“Non ci sono dubbi. Allah di Misericordia! – seguì unapausa, come a far posto ad un pensiero che avanzava veloce nella mente – E’tutto vero! E’ vero, dunque, che gli Antichi Egizi erano capaci di manipolarele forze della Natura e i ritmi biologici dell’uomo e magari, anche di quellidel futuro.”

“Non capisco nulla di queste cose. – confessò la ragazza –Però, dobbiamo fare qualcosa per lui, dal momento che tuo padre e Alessandrosono via.”

“Cominciamo col fornirgli abiti adeguati.”

“Certo! Con questo look attirerebbe subitol’attenzione. Cerco un paio di jeans ed una camicia di Alessandro.”

“Temo non siano della sua taglia. – obiettò il ragazzo –Proporrei un caftano. E’ più comodo e lo farebbe passare inosservato.”

 

L’adattamento di Osor alle cose e alla situazione erasorprendente, ma, più sorprendente ancora, era la sicurezza con cui laprodigiosa creatura si muoveva nell’anfiteatro roccioso ed assolato che era lanecropoli, come se egli stesso fosse parte integrante di quel mondo.

Avevano lasciato il campo da più di un’ora, inghiottiti daun mondo che non conosceva tuono, lampo, nebbia o grandine, ma in cui la caluraregnava sovrana; un mondo dove il sole non era alleato dell’uomo e dovel’orizzonte fuggiva davanti al passo.

Le rovine ciclopiche del Tempio di Ramesse III profilavanol’orizzonte quando Osor fermò il passo. Alì ed Isabella fecero altrettanto e sivoltarono a guardare il loro nuovo, straordinario amico; sulle loro teste, inun cielo sgombro di nubi, il sole navigava solitario padrone.

“Che cosa c’è, Osor?” domandò la ragazza; c’era un certomovimento nei paraggi: turisti attirati dalla notizia del ritrovamento dellatomba.

“Proprio qui – Osor, chino sopra una protuberanzarocciosa, sollevò il capo e nel suo sguardo antico passò come un’ombra – ilgenerale Horemhab tese il suo agguato al principe Zanhana di Hattusa.”

Il linguaggio della creatura s’era adeguato. C’erano inesso essenzialità, esattezza e capacità d’espressione anche per il pensiero piùdifficile; anche il gesto che lo accompagnava era estremamente efficace.

“Ma sentilo! – non riuscì a trattenersi Alì – Sembra unodi quei robot in un film di fantascienza.”

“Lascialo parlare. – disse Isabella – Chi è il principeZanhana e perché quel Faraone gli avrebbe teso un agguato?”

“Zanhana, figlio di re Suppilulumia, venne da Hattusa, cheera il Paese di Suppilulumia, fino a Kem, che è il Paese del Faraone. Venne persposare la regina Ank-sen-Ammon, che il faraone Tht-ank-Ammon aveva resovedova.” spiegò Osor.

I due ragazzi si scambiarono un’occhiat poi feceroconvergere lo sguardo sul volto della creatura, come in cerca di una qualunqueemozione. Quel volto, però, dai lineamenti arditi e dall’espressione dolce emansueta, e la sua voce, erano estranei a qualunque sentimento: egli parlavacon profondo distacco.

“Conosco la storia della vedova di Thut, la reginaAmksenAmmon, la quale inviò lettere al Re ittita affinché la mandasse uno deifigli per farne il suo sposo e regnare con lei.”

Disse la ragazza e Alì replicò:

“Ittiti ed Egizi non erano nemici?”

”Certo, ma la Regina temeva per la sua vita e per questofece quella mossa azzardata. Suppilulumia in primo momento temette una trappolae prese tempo. Inviò un messaggero e solo più tardi si convinse a mandare ilfiglio… Non è così, Osor?”

“La strada per Tebe era lunga e piena di insidie. – laprodigiosa creatura riprese la parola – Il pericolo maggiore per Zanhana, -spiegò -  veniva dal generale Horemhab,che aveva posto le sue mire sul trono della città di Horo.”

“E allora? – lo sollecitò Alì – Che cosa accadde?”

“Il generale disseminò di agguati il cammino del principe.-spiegò Osor – Proprio qui, seduto su questo sasso, lo colse la freccia che louccise.”

“E la regina Ank-sen-Ammon?” chiesero in coro i dueragazzi.

“Fu fatta sposare ad Eye, Faraone-Reggente e complice delgenerale che, alla sua morte, con il favore dei Sacerdoti, occupò il trono.”

“La Regina AmksennAmmon – interloquì nuovamente Isabella -scomparve senza lasciare tracce… Horemhab era un uomo spietato e si vendicò diThut-ank-Ammon e della sua sposa, profanandone statue, templi e palazzi.”

“Non capisco una cosa… - la interruppe Alì – Che cosa puòaver fermato la sua mano dal profanare anche la tomba di Thut-ank-Ammon?... Futrovata zeppa di tesori. Non è così? Che cosa può avergli impedito di svuotarladi tante ricchezze?”

“Io non lo so.” confessò Isabella, ma Osor, ancora unavolta, li sorprese.

“La Morte Incognita. – disse, misurato e calmo – LaForza che il Sem lascia nella dimora eterna ed a cui nessuno, néuomo e nemmeno Faraone, può sfuggire.”

“Una Forza di cui è stata dotata anche la tomba dellaprincipessa Nefer?” domandarono insieme i due ragazzi.

“Come è vero che il Deforme-Bes ha scelto Osor perproteggere la sua dimora eterna…”

Una voce alle loro spalle, però, impedì alla prodigiosacreatura di proseguire, un ordine secco:

“Prendeteli!”

Un gruppo di arabi li aveva circondati, armati di pistolee pugnali.

 

 

 

“Io ti conosco.”

Alì puntò l’indice su uno di loro.

Era un uomo alto e robusto. La figura era sepolta entro unampio caftano; la fronte sporgeva da sotto il mindil, copricapo arabo, esovrastava un grosso naso alla cui base si aprivano due cavità ostruite daispidi cespugli che nascondeva occhi neri e pungenti.

“Sei Abdel il Rosso, ladro e ricettatore. Sulla tua testac’è una taglia e…”

“… e tu vorresti metterci sopra le tue mani. Ah.ah.ah…”rise sguaiatamente l’uomo.

Osor fece l’atto di lanciarsi in avanti, ma Isabella lotrattenne.

“Chi è questo carro armato, miss? – ghignò il trafugatoredi tombe, tendendo in avanti un braccio - La tua guardia del corpo… eh.eh.eh?”ghignò; le guance, tristemente cascanti ai lati della bocca, si gonfiarono diun riso sarcastico. I solchi trasversali e riarsi che gli attraversavano lafronte si affossarono ancor più.

“E’ uno da cui è prudente stare lontano.”

Anche Alì ghignò.

“Ma non mi dire!” ridacchiò l’altro avanzando versoIsabella.

Osor lo prevenne. L’afferrò per il caftano, lo sollevò elo scaraventò per aria mandandolo ad atterrare su un mucchio di terra smossa. Icompagni affrontarono tutti insieme la creatura, ma non ebbero miglior fortuna.Abdel si rialzò, puntò l’arma che aveva in mano e fece partire un colpo.

Osor si fermò; il sole alto nel cielo strappava baglioridi fosforescenza ai suoi occhi di opaco quarzo grigio. Continuò ad avanzare.

Seguì un altro colpo; il proiettile lo attraversò da partea parte e il suo bel sembiante assunse un’espressione temporalesca,estremamente irritata.

Abdel abbassò l’arma; la bocca aperta e l’espressione daebete, lo fissava terrorizzato.

“Misericordia di Allah! Ma… ma chi sei?” balbettò dandosialla fuga.

“E’ il tuo incubo! - gli gridò dietro la ragazza –Torniamo al campo, Alì. Alessandro e tuo padre saranno già tornati.” continuò,voltando le spalle all’orizzonte roccioso che torreggiava davanti agli occhi edagli avanzi del villaggio di Medinet Habu.

Un lancinante dolore alla caviglia, però, proprio inquell’istante, le strappò un urlo di dolore: uno scorpione, che già stavacercando riparo sotto un sasso, l’aveva morsa.

Serpi, scorpioni e salamandre, che a migliaia dimoravanofra quelle protuberanze rocciose, rendevano insidiosi quei riarsi recessi.

Osor accorse, ma solo in tempo per accoglierla fra lebraccia e deporla amorevolmente a terra.

“Bisogna levar via il veleno prima che raggiunga ilcuore…- preoccupatissimo, anche Alì si chinò sulla ragazza – Presto.. ma chefai, Osor? Non hai sentito quello che ho detto?”

“Non parli. Il piccolo amico della mia signora nonparli.  Ho detto!”

Alì zittì, mentre Osor teneva premuto il suo indice sullafronte della ragazza; il sole dava lucentezza alla sua folta capigliaturascura.

Finalmente, Isabella riaprì gli occhi.

“Rinviene. – disse Alì – Sta rinvenendo.”

 


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