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Ogni lettore, quando legge, legge se stesso. L'opera dello scrittore è soltanto una specie di strumento ottico che egli offre al lettore per permettergli di discernere quello che, senza libro, non avrebbe forse visto in se stesso. (da "Il tempo ritrovato" - Marcel Proust)

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lecosechesento.it

Poesia

Salvatore Mingione
NarrativaePoesia

Recensione di Roberto Maggiani
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Pubblicato il 15/12/2008 17:41:00

Leggere un libro di poesia non è sempre cosa facile, parlarne molto meno. Quando leggo una raccolta, in prima istanza, mi affido ad una sorta di istinto gustativo, cercando di risolvere una questione fondamentale: è poesia, cioè mi pone davanti alla bellezza, all’armonico stridore del mondo, all’essere delle cose visibili, spogliandomi, o non è poesia, è scrittura ma non smuove, non toglie il velo che ricopre l’essere effettivo delle cose mostrandone la nudità, lasciandomi vestito. Leggendo questo libro, la cui veste grafica è apprezzabile, ho pensato “sì è poesia”, ma con un certo singhiozzo, infatti la scrittura di Mingione è come sospesa, sta lì lì per togliere via quel velo e mostrare una sorta di verità in uno slancio anche formale compositivo, quando ad un certo punto c’è come un ripensamento, è come se quel velo non venisse sfilato e lo slancio rimanesse piano e non portasse in ascesa, rimane una sorta di patina sulle cose, sulle relazioni, sulle vicende, soltanto a tratti rimossa. Ho pensato a fondo alla cosa, perché ogni scrittore che pubblica un libro deve avere il diritto di essere pensato a fondo, infatti pubblicare nasce dal desiderio di comunicazione, di relazione, di donazione e ricezione. Insomma, pensandoci bene, mi è parso di aver individuato la causa di quanto sopraddetto nella indecisione di stile con cui le poesie sono presentate al lettore. Quella di Mingione è una scrittura simil-poetica, nel senso che i testi, molto spesso, più che poesie sono bei testi di canzoni, anche per la ripetitività dei versi che talvolta si susseguono, appunto, come ritornelli di una canzone. Ecco dove, a mio avviso, sta la debolezza di questo libro: vi si leggono testi molto interessanti per quel che riguarda i contenuti, ma nella forma stilistica risulta essere debole. E’ come leggere le piacevoli canzoni di un qualche cantautore, senza ascoltarne la musica, di per sé sono testi gradevoli, ma soltanto sostenuti dalla musica e dal canto, si trasfigurano diventando potenti ed evocativi. Ad esempio, il testo intitolato “Farfallino” è molto bello, ma è una canzone di cui si vorrebbe sentire la musica: “Cosa posso fare per te? / Aggiungere latte al tuo caffè / o tingere di rosso la tua tazzina? / E col tintinnio del cucchiaino svegliarti un po’ / cercando di cambiare il tuo destino. / […] / Cosa posso fare per te? / Offrirti un dolce pasticcino / […]”, molto bella se cantata.
Con queste mie parole non voglio assolutamente, in nessun modo, almeno cosciente, denigrare questa raccolta di testi che tanto mostrano la passione dell’autore per la vita e per l’arte, che pare proprio, quest’ultima, poter rendere piacevoli anche i momenti faticosi e cupi dell’esistenza ed esaltarne le gioie. L’autore ha sicuramente la capacità di una forza narrativa che potrebbe penetrare molto a fondo nella realtà dei sentimenti umani, descrivendone sia i tratti nevralgici che lieti, semplicemente trasformando la sua narrazione poetica in una narrazione prosastica, nella forma di racconto breve, acquisterebbe, a mio avviso, in incisività e pertinenza di linguaggio.
Nonostante queste mie riflessioni più critiche vi sono nel libro diverse perle poetiche, ne segnalo qui una, intitolata “Paura”: “Mentre il vento scivola via / la penna a sfera colora di blu la carta / e una lampadina / […] / illumina il foglio / donandogli ombre e riflessi / […] / di draghi d’argento / cavalieri misteriosi e neri / e nel cielo lampi e tuoni tetri / risvegliano la tua antica paura. // Ma poi / nella stanzetta / un raggio di sole amico / e i draghi / i cavalieri / giacciono inermi / una spada di luce dolce e celeste li ha sconfitti”.
Si sa che la poesia richiede dedizione e lavoro, impegna, è come la nascita, ogni nascita non è improvvisa, richiede scelte. Far nascere una poesia richiede una scelta ben precisa sia nel linguaggio che nello stile di “montaggio” del linguaggio, se così si può dire. Allora concludo con un “buon lavoro”, e rimango in attesa...

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