Opera importante e preziosa questa di Luciana Salvucci, poetessa di lunga e valida attività. Probabilmente per via del suo amore per l'Oriente, sceglie di corredare il volume oltre che di una traduzione in inglese anche di una in lingua hindi. Abbiamo così per ogni componimento tre versioni, tra le quali il lettore può spaziare e soffermarsi nel confronto. L'ampio e competente saggio introduttivo del prof. Francesco Solitario ben introduce la poetica di Salvucci, aprendo così un mondo interessante di echi culturali, raffronti e rimandi alla cultura orientale. In particolare risulta suggestiva la trattazione di immagini affascinanti come ad esempio quella del «fiore di Loto», simbolo di illuminazione e rivelazione, evoluzione spirituale e di rinascita per egiziani, buddisti e indiani, e quella del «mantra»,scrittura rituale che può purificare e dare la pace chi lo recita. Chiare, del resto, si mostrano nei testi di Luciana Salvucci le influenze della poesia indiana, primo tra tutti Tagore (la «bellezza della verità»); ne emerge un connubio riuscito – «danza cosmica» – di spiritualità e sensualità, preghiera e passione, attraverso immagini ricche di allusioni e di richiami (la rosa/i fiori/il giardino, il sorriso, lo sguardo, il volto, il bacio, la primavera, la sposa...). A dare titolo alla raccolta è comunque il simbolo della «scala di Giacobbe», che diventa segno più ampio di ascesa, di elevazione verso la luce divina. Anche per chi scrive poesia, come per il veggente, la strada è tutta in salita: gradino dopo gradino, si aggiunge una parola, un verso, che approfondisce sempre più il proprio essere, e si raggiunge uno stadio progressivo alla propria ricerca di luce e chiarezza (all'altezza della scala fa da contraltare la torre di Babele, che invece si innalza ingannatrice a nascondere la luce del sole). La Parola, infatti, viene da Dio ed è sapienza rivelatrice e potere creativo, tema presente infatti in molti dei racconti relativi alla Creazione così come anche in molti poeti moderni e contemporanei. La suggestione della parola attraverso i suoi vari 'livelli' di conoscenza diventa così ricerca interculturale, sfida, salita verso l'alto, verso la Luce. La luce che «scolpisce l'anima» è infatti l'obiettivo della salita al culmine della scala, rivelazione del volto divino e insieme della verità, paradiso tra teologia e filosofia; termine ricorrente in numerose poesie di questo libro, perché la vittoria della luce è desiderio e «gioia senza fine», che si realizza innanzitutto grazie alla bellezza, insieme eterna e corruttibile come i fiori («La luce/ dell'amore/ confonde/ il male,/ lo fa/ un giardino/ di rose»), e attraverso l'amore, «mistero del germoglio» («quando/ salirai/ lungo/ la scala/ di luce […] Trepidante/ d'amore,/ aspetterò/ sulla soglia»). Oltre a queste tematiche (e anzi inscindibilmente da esse, in una stretta correlazione tra contenuto e forma), colpisce lo stile essenziale ed elegante dell'autrice, che dall'haiku alla ballata sceglie versi brevi e brevissimi, offerti come una successione di stille che nella loro 'brevitas' preferiscono far soffermare e concentrare la l'attenzione su ciò che veramente conta. Una sorta di circolare ritualità potrebbe essere suggerita anche dalla scelta di aprire e chiudere il libro con due significativi haiku. La scelta del grande formato e soprattutto l'immagine in copertina, Il sogno di Giacobbe di William Blake, con l'immagine della scala angelica, contribuiscono a completare la policromia e l'incanto di questo volume.