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IL GUARDIANO DELLA SOGLIA Capitolo I La tomba

di Maria Pace
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Pubblicato il 27/02/2012 19:50:49

 

 

 

CAPITOLO  I

 

 

La Tomba

 

Per molta gente quello dell’archeologo è un lavororomantico e pittoresco, ma il professor Alessandro Scanu, chiamatosemplicemente “il professore”, ripeteva sempre che il suo era  un lavoro ripetitivo e ingrato. In realtà,sapevano tutti quanto la sua passione per quel lavoro fosse autentica e genuinae lo fosse soprattutto nella fase della ricerca e nel momento in cui un oggettotrattenuto da un prigionia spesso millenaria, tornava alla luce.

Trentasette o trentotto anni, spirito irrequieto ecurioso, il professore, stanco di meditare su stele e papiri, aveva cominciatoad attraversare l’Egitto in lungo e in largo, misurando, annotando,fotografando e disegnando. Soprattutto disegnando.

“Il disegno – amava dire – è l’immagine di chi guarda.”

Tenace, intelligente, brillante, modi decisi e fascinoindiscusso, Alessandro era dotato di una prestanza fisica assai apprezzata dainativi del posto, gente rude e di poche parole, che di lui diceva:

“Non è un italiano… è un egiziano!” e questo era proprioun complimento.

Da quasi dieci anni scavava e studiava  sulle tracce di una tomba della XIX Dinastiadei Faraoni, confortato dal ritrovamento di alcuni interessanti reperti.Lavorava e frugava nel terreno dall’alba al tramonto e mangiava e dormiva inuna camera-sepolcro scavata nella roccia e risalente ad epoca tolemaica. Di fronteal sepolcro aveva fatto innalzare una tenda per la cucina ed una per gliattrezzi e le provviste.

Non era solo. A dividere quella singolare abitazione c’eraIsabella, la giovanissima sorella, giunta da poco per le vacanze.

 

                *************

                                             

      Svegliatio Karnak, Regina degli Dei

       Svegliatiin pace, Ammon,

       Signoredi karnak!”

recitava una voce dolce e modulata: Isabella, la sorelladel professore; alle sue spalle, il chiarore dorato del mattino che andavaformandosi, inghiottiva le ultime stelle.

Quindici anni, gli occhi di un azzurro intenso, il sorrisodolce e la persona piena di grazia, Isabella s’era tuffata nell’atmosfera conappassionante entusiasmo. Recitava con naturalezza dosando parole e tempi,pause e toni, in modo tale da rendere l’orazione, ritmica e calzanteall’atmosfera che voleva creare.

      Il legameè spezzato. Il sigillo è rotto.

       Le DuePorte del cielo si aprono.

       Anche lePorte della Terra

       si stannospalancando…”

Una seconda voce faceva eco.

Erano i versi dello spettacolo “Suoni e luci di Karnak”offerti ogni sera ai turisti tra le rovine; Alì, il figlio dell’assistente delprofessore, recitava con la ragazza.

Aveva un anno più di Isabella, profondi occhi neri chemandavano scintille e sprizzavano gaiezza ed un figura agile e snella cheprometteva per l’età matura un fisico atletico. Parlava quasi senzainterruzione, ma con scioltezza e nel modo più naturale e spontaneo.

      Lode alTe, Ammon, Signore di Tebe

       Signoredel cielo e Creatore degli Astri.”  ripreseIsabella.

L’aria s’era fatta luminosa e i monti fiammeggiarono sottoil sole che veleggiava già alto sopra l’orizzonte.

      Tu haiaperto tutti gli Orizzonti

       Tu hai fatto nascere gli Dei…”

Un’ombra gli cadde alle spalle. Alì volse il capo:Alessandro stava giungendo e con lui c’era Hammad, il suo assistente; ilragazzo si schiarì la voce.

      Signoredi Tebe, Signore dei Signori

       Padronedel terrore e della Pace,

       io  ti venero.” continuò a recitare.

      “Ecco lafascia bianca.”

riprese la voce di Isabella.

      Perché laluce del tuo Occhio

       possabrillare!”

      “Ecco lafascia verde.”   ancora Isabella.

      Per leacque feconde.”

      “Ecco lafascia rossa.”

      “Affinchéla Terra sia generosa

       e ilsangue fecondo.”

“Ehi, ragazzi... ma siete proprio bravi!”

Hammad avanzò con passo rapido. Hammad assomigliava ad unritratto a tinte marcate: marcate le sopracciglia nerissime, marcato il colorescuro degli occhi, marcati da una breve barca i contorni del volto. Alcontrario di queste caratteristiche, il fisico era asciutto ed elegante.

“Qualche novità? - Alì si staccò dalla ragazza e sedette acavalcioni su una sporgenza del terreno, il mento poggiato al dorso della mano– Conosco quello sguardo. Dopo tanto frugare in questo terreno e tantepolemiche, deve pur esserci qualche nuova incoraggiante.” disse.

Alessandro scrollò il capo.

Polemiche ce n’erano state, ma, a quanti gli dicevano cheil tempo delle scoperte  nella Valle delNilo era già finito, rispondeva che altri avevano detto quelle stesse parole,poi smentite dai fatti: il ritrovamento della tomba di Thut-ank-Ammon ne era statol’esempio più illustre. Gli scavi, condotti con metodi sistematici, nonlasciavano inesplorato un solo centimetro di terra. Da quattro giorniAlessandro aveva raddoppiato i turni di lavoro: da quando, cioè, ai piedi dellamontagna, una sporgenza era affiorata dal suolo. Una sporgenza casuale, a primavista, una increspatura della superficie sabbiosa messa in rilievo da unafotografia.

 

I quattro lasciarono il posto.

 

In uno scenario estremamente arido, ma sotto un cielo diun azzurro intenso, sconosciuto ad altre latitudini, nella luce porporina delmattino, il deserto grigio-antracite digradava verso l’orizzonte. Faceva giàcaldo, nonostante l’ora: lì, il sole non era amico né alleato dell’uomo.

Alessandro indicò da lontano la protuberanza rocciosamessa a nudo dalla sabbia: una grossa selce, forse le fondamenta di qualcosa.

Fosche colline profilavano l’orizzonte; un gruppo diavvoltoi si levò gracchiando, sul fondo, saturando l’aria dei loro striduliversi, poi  si dispose in diagonaleprima di sparire dietro le colline.

“Credete che ci sia qualcosa là sotto? – esordì Isabella;il fratello fece un cenno d’assenso, la ragazza proseguì – Non c’è quasinessuno al campo… non si potrebbe fare qualcosa per accelerare i tempi?”

“Ah.ah.ah… - rise Alì – Sei diventata impaziente.”

Dalla loro postazione si vedeva tutto il campo e ogni cosaappariva un po’ sfocata dalla nebbia del primo mattino: le tende, i mucchi didetriti e dei materiali estratti, le buche scavate in precedenza.

“Oggi è venerdì.” fece osservare Alessandro.

“Già! E giorno di festa e di preghiera per la gentemusulmana. – convenne la ragazza – Ecco perché Alì indossa la sua tunicabianca…”

Alì rispose con un sorriso e lo stesso fece Hammad, chedisse:

“E’ così! E’ pur vero che la fretta è cattiva consigliera…come dice il professore.” continuò.

“Parole sante! – assentì Alessandro – In passato si sonospesso adottati metodi veloci  edisinvolti, ma oggi, nessun serio professionista va più a caccia di bottino conpolvere da sparo. Le leggi, oggi, sono assai severe.”

“Per volontà di Allah! – convenne Hammad – Captare ilrespiro del mondo antico è ben più esaltante di qualunque bottino.”

“Paradossalmente, - osservò Alessandro – a salvare moltidei monumenti dallo spoglio e dalla rovina, è stato proprio l’abbandono: lapopolazione, costretta a spostarsi verso IL Cairo, ha permesso alla sabbia diproteggere i resti di tante gloriose testimonianze…”

“Insomma – replicò Isabella – questo posto è una sorta ditombola… di caccia al tesoro per i posteri… per il popolo.”

“Per il popolo! Hai detto bene, piccola. – sorrise Hammad– E’ una sorta di giustizia del destino. E’ un rendere al popolo quanto ècostato ai suoi antenati in fatica e dedizione a Dei e Faraoni.”

“Furono tanti i Faraoni che seppellirono ricchezze inpaludi o sotto le sabbie… Oh, siamo arrivati… - Alessandro si fermò – Guardatequesto terreno: è compatto ed omogeneo. Qui sotto c’è qualcosa..” affermòconvinto. 

“Sì! – Hammad era dello stesso parere – Qui sottodev’esserci veramente qualcosa.”

                                                 

                ***************


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