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Luci segrete

Haiku

Francesco De Girolamo (Biografia)
Il ramo e la foglia edizioni

Recensione di Fabrizio Oddi
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Pubblicato il 03/06/2024 13:55:00

 

È una bella occasione poter commentare la bellissima e delicata raccolta poetica di componimenti haiku del poeta Francesco De Girolamo, Luci segrete, edita lo scorso anno da “Il ramo e la foglia, casa editrice romana fondata nel 2020 da Roberto Maggiani e Giuliano Brenna, creatori peraltro, nel 2007, del noto sito letterario “LaRecherche.it”. Da rimarcare che la silloge è stata proposta per il Premio Strega 2024 per la poesia.

Ho avuto infatti l’abbrivio di cimentarmi e fare incursione nell’ambito di quella particolare composizione poetica giapponese dell’“haiku”.

Una breve premessa.

Tale forma di lirica per spirito e metro è stata accomunata da una parte della critica alla lezione ermetica, per la sua cifra di essenzialità, incisività, piglio fulmineo, in particolare alle figure di Giuseppe Ungaretti e di Salvatore Quasimodo.

Tale comunanza è stata vista in Ungaretti rispetto al suo primo ermetismo, come ad es. nella lirica Notte di maggio,facente parte della raccolta L’allegria:

 

Il cielo pone in capo

ai minareti

ghirlande di lumini.

 

Tuttavia altra parte della critica, e lo stesso poeta, hanno preso le distanze da tale similarità e la lirica peraltro reca (anche se tale elemento formale non sempre è decisivo circa l’adesione o meno rispetto alla tradizionale composizione giapponese dell’haiku) un andamento differente rispetto allo schema metrico giapponese tradizionale (2 settenari e un quinario, anche se posti all’inizio e alla fine dei tre versi, anziché 2 quinari e un settenario).

Altri hanno accostato tale tipo di composizione al Nobel della nostra letteratura con riferimento alla famosa Ed è subito sera:

 

Ognuno sta solo sul cuor della terra,

trafitto da un raggio di sole:

ed è subito sera.

 

Ma pure per tale grande poeta altre voci hanno evidenziato come tale lirica si contraddistinguerebbe per diverso spirito e forma.

Anche un’altra importante figura della poesia italiana, quale quella di Umberto Saba, è stata accostata al mondo degli haiku, per i suoi “piccoli giocattoli”, componimenti pubblicati tra il 1915 e il 1918, anche se è differente la metrica (endecasillabi, oltre alla presenza del titolo premesso a tali liriche).

Ad ogni modo nella poesia italiana tra le figure che appaiono aver accolto tale particolare forma poetica in vari loro componimenti troviamo, in primis, il letterato, storico e critico d’arte italiano, Mario Chini, che aveva pubblicato (nel 1915) le sue Note di Samisen, una delle prime raccolte di poesia giapponese e del quale venne edita postuma nel 1961 la raccolta che racchiude componimenti in stile haiku dal titolo Attimi.

È infatti tra la fine dell’800 e gli inizi del ’900 che si diffonde in Italia l’attenzione per la cultura giapponese, anche se non nella misura presente in altri paesi come nel mondo anglosassone e francese.

Vi è poi il celeberrimo poeta, scrittore e drammaturgo italiano Gabriele D’annunzio, amico dello scrittore giapponese Harukichi Shimoi, collaboratore della rivista “Sakura” pubblicata dall’Università di Napoli dal 1920 al 1921, incentrata sulla cultura giapponese.

Ma appaiono poi altri poeti del calibro di Andrea Zanzotto, che in inglese con traduzione a fronte in italiano, scrive nella metà degli anni ’80, la raccolta “Haiku per una stagione (titolo originale: Haiku For a season”). O come Edoardo Sanguineti, con le sue poesie haiku presenti nelle raccolte Corollario - Poesie (1991-1996) e Mikrokosmos (1951-2004), entrambe edite dalla Feltrinelli, rispettivamente nel 1996 e nel 2006.

Questo per limitarsi all’orizzonte poetico italiano, ove tale forma di poesia appare ancora più di nicchia, rispetto invece al diffondersi dello stile del componimento giapponese nel mondo: ove si rinvengono figure di grandissimo rilievo, quali l’argentino Jorge Luis Borges con i suoi I diciassette haiku, gli statunitensi Jack Kerouac, con la raccolta Il libro degli haiku (pubblicata dalla Mondadori), Allen Ginsberg con la silloge Collected Haiku, entrambi esponenti del movimento della beat generation, ed Ezra Pound, statunitense vissuto a lungo in Italia, noto, tra gli altri, per il suo componimento haiku In una stazione della metropolitana. Ma, nel novero di tale quadro di espressione della poesia haiku al di fuori del Giappone, troviamo anche i francesi Paul Claudel con le sue Cento frasi per ventaglio, e Paul Eluard, con i suoi Undici haiku (nella “Nouvelle Revue Français”); lo spagnolo Federico Garcia Lorca, con la sua raccolta Notte, l’austriaco Rainer Maria Rilke, con le Quartine Vallesane, o il Nobel messicano Octavio Paz, che traduce nel 1957 l’opera di Matsuo Basho Oku Paths (pubblicato postumo nel 1702).

Nomi illustri e notevoli della poesia italiana e mondiale, ove si colloca la forma poetica scelta e mirabilmente resa da Francesco De Girolamo.

Ritornando ai riferimenti alla tradizione ermetica italiana, da cui abbiamo preso le mosse per un breve excursus nel mondo poetico haiku, Francesco De Girolamo nella sua bella Introduzione (pagg. 5-7) della raccolta poetica Luci segrete, evidenzia come nel suo approccio a questa nuova realtà poetica ha “trovato una dimensione ‘altra’ ”, che gli ha permesso, attingendo al suo “mondo poetico […] di dare alla scrittura una misura espressiva [per l’appunto] essenziale, incisiva e fulminante”. In tal modo l’autore ha rinvenuto ed è riuscito così a offrire, grazie a questo nuovo percorso, “delle suggestioni nuove, forse mai colte con tale limpidezza e vigore.” (pag. 5).

Aggiunge anzi il poeta che quello che era stato un moto “d’impulso” (pag. 5), un iniziale tentativo e ricerca, è divenuto, per così dire se si può utilizzare tale termine, una realtà “primaria”: tale da creare un rapporto particolare con il consueto ambito espressivo poetico divenuto, in certo qual modo, “complementare”, per usare le parole del poeta. In tal guisa De Girolamo fa presente di aver acquisito “una maggiore consapevolezza dei [… suoi] potenziali strumenti espressivi, dovuta alle nuove risorse inesplorate, sperimentate con l’haiku” (p. 8).

E infatti l’incisività, l’essenzialità, il piglio fulminante, parole che sono nel nostro cuore e nella nostra mente, oltre a caratterizzare nel poeta la nuova realtà artistica abbracciata oltreché profili della lezione ermetica, non dovrebbero essere un connotato intrinseco generale della vera poesia?

E un caro comune amico e poeta, da anni conduttore di gruppi di approfondimento e studio poetico, Giuseppe Spinillo, ha più volte precisato che dopo l’intuizione, la suggestione, da cui scaturisce quel “miracolo” che è l’incipit della scrittura e successivamente alla stesura del “magma” iniziale nel mondo intimo, dell’osservazione del poeta, subentra e deve subentrare il famoso limae labor, perché la costruzione poetica è un lavoro paziente, delicato e attento, che oltre a rinvenire quel termine, quel vocabolo, quell’assonanza, quella rima, che viene ritenuta più sentita, è soprattutto “in levare”. E infine giunge l’excipit, la chiusa, la spinta a terminare il componimento dopo l’intensa e delicata opera intrapreso.

Nel caso dell’haiku, che consta di una strofa così raccolta, è di tutta evidenza, al di là di quella che appare semplicità ma solo apparentemente, l’intenso lavorio di estrema sintesi di immagine e pensiero, che apre nella sua rapidità suggestioni profonde per il lettore, chiamato a vivere in prima persona la realtà che si svolge davanti ai suoi occhi e al suo cuore. Sovente anzi nell’haiku, negli haiku di De Francesco, troviamo anche variazioni che sorprendono e che portano oltre l’immaginazione del lettore.

E a livello ritmico e metrico, al consueto italianissimo endecasillabo dei versi degirolamiani, subentra un nuovo afflato offerto dai versi della tradizione nipponica: una terzina composta da un quinario iniziale, che cede il passo ad un verso di più ampio respiro dato da un settenario intermedio, per poi ritornare all’incredibile concisione e stupore offerti da un nuovo quinario, quello finale, che chiude la strofa e l’intero componimento, stupendo ogni volta il lettore con tre brevi versi, ma di grande potenza e suggestione.

E in De Girolamo, come in altri poeti che si sono cimentati nella visione poetica dell’haiku, l’elemento tradizionale del kigo, riferito ad una stagione dell’anno, caratterizzante nella consuetudine ogni singolo componimento, trova invece un misura più direttamente intima, in quella che il poeta definisce la sua “stagione interiore” (pag. 6 dell’Introduzione): un periodo non più meramente “temporale”, ma immediatamente del cuore, dell’animo del poeta; in una introspezione che fa da trait d’union con la cifra poetica espressa in tutto l’universo poetico di Francesco De Girolamo.

Non a caso questi cita (pag. 7 dell’Introduzione) il grande critico letterario, linguista e semiologo del ‘900 Roland Barthes, il quale (il riferimento è all’opera del critico L’impero dei segni) evidenzia, in controtendenza rispetto a quanto si potrebbe pensare, che l’arte giapponese dell’haiku non è “descrittiva” come invece – ritiene - tanta parte dell’arte occidentale, bensì “anti-descrittiva nella misura in cui ogni stadio della cosa a immediatamente, caparbiamente, vittoriosamente trasformato in una fragile essenza di apparizioni.”.

Il nostro poeta, venendo ad altro profilo presente nella raccolta Luci segrete, nella chiusa del suo bello e illuminante intervento introduttivo a, rimarca anche i “preziosi elementi figurativi” della brava Laura Medei.

E oltre alle interessanti e acute osservazioni sui componimenti poetici dell’autore, cui fa da premessa un affascinante excursus sul mondo della poesia haiku, in particolare con riferimento ai saggi di Yves Bonnefoy, poeta, traduttore e critico d’arte francese (Sull’haiku, Milano, O Barra O Edizioni, 2015; Osservazioni sul disegno, Tesserete, Pagine d'Arte, 2018), anche la postfatrice del presente testo poetico, Luci segrete, Carla De Bellis, evidenzia i “preziosi elementi figurativi”, la beltà delle immagini di Laura Medei, che ha curato anche la suggestiva copertina “la falce di luna dormiente [che] s’impiglia tra le volute di un albero onirico”, che si riverbera capovolta nella quarta di copertina su uno sfondo verde. Da notare come le illustrazioni suggestive, delicate e misteriose della Medei si alternino in modo simmetrico nelle due sezioni della raccolta Luci segrete, Fruscio d’assenza e Silenzi e ombre (contenenti rispettivamente 30 e 24 haiku) all’inizio di ogni sezione dopo 4 haiku e poi sempre dopo 6 haiku, concludendosi infine ogni sezione con 2 haiku finali.

È una particolare e affascinante coincidenza aver avuto modo di incontrare l’illustratrice e la postfatrice, oltre all’autore (e all’altra relatrice Marilena Maricucci), circa un anno fa (era il maggio 2023), ad una bella presentazione della raccolta di haiku Luci segrete di De Girolamo, svoltasi presso la libreria Spazio Sette, presenti anche gli editori Maggiani e Brenna.

Peraltro, in chiusa alla sua Introduzione alla silloge poetica il nostro autore rimarca anche la “rara cura editoriale” del libro, che si aggiunge alle belle immagini della Medei, a impreziosire ulteriormente la resa ora “tangibile” (pag. 7) del testo poetico.

Viene così offerto al lettore grazie all’editore il dono dell’autore, quale vero e proprio prezioso oggetto, come sottolinea il filosofo francese Jean-Luc Nancy nel suo Del libro e della libreria. Il commercio delle idee (Milano, Raffaele Cortina Editore, 2005). Infatti “L’idea di libro è in fondo quella di una perfezione, di un compimento in sé […] Alla possibilità che ogni volta, nel confezionamento di un volume, nella rilegatura di un quaderno, un lampo di esso brilli e si eclissi, e così di tanto in tanto, di libro in libro – ta biblia sempre indefinitamente rinviati gli uni agli altri e ogni volta unici.

Il libro così non è soltanto o, meglio, non è affatto, un veicolo o un supporto di comunicazione. Non è un medium: è immediatamente, di per sé, prima di tutto, comunicazione e commercio di sé, con sé stesso” (pag. 24).

Il libro è uno “strumento” che ci parla, i cui echi riverberano, e come potrebbe non essere, anche quando il libro è chiuso, come accade per ogni testo di vera letteratura e dunque per i versi della silloge poetica di De Girolamo: come rimarca il musicista, scrittore, poeta e regista Leonardo Bonetti nel suo prezioso libro di aforismi, frammenti di prosa poetica, A libro chiuso (Ascoli Piceno, Sigismundus, 2012); autore quest’ultimo anch’egli peraltro nella cerchia di elezione estremamente attenta delle pubblicazioni della casa editrice di Maggiani – Brenna, Il ramo e la foglia, con il romanzo L’isola che non c’è del 2021.

Secondo la tradizione giapponese tra le caratteristiche dell’haiku vi è l’assenza di titolo, caratteristica peraltro denotante svariati componimenti poetici stranieri e italiani, quali, per riferirci a questi ultimi, quelli del poeta italiano del novecento Sandro Penna (Tutte le poesie, Milano, Garzanti, 1970) o, per venire ad un esempio a noi più vicino, a quelli della poetessa Giovanna Cristina Vivinetto, nelle sue due raccolte Dolore minimo (Novara, Interlinea Edizioni, 2018) e Dove non siamo stati (Milano, BUR Rizzoli, 2020), facendosi riferimento solo per l’indice, convenzionalmente quale titolo, al primo verso del componimento stesso.

Ritengo, ad ogni modo, che il titolo di una poesia, di un’intera opera poetica o di una sua sezione, possa denotare, racchiudere, sintetizzare, fornire elementi che consentono, tra gli altri, di andare in profondità, di comprendere intimamente l’opera poetica stessa e offrirci altri doni più nascosti.

Non a caso, per venire all’autore in esame, Francesco De Girolamo, ha intitolato la sua bella raccolta di haiku, Luci segrete, venendo ancora una volta in ausilio anche l’Introduzione dell’autore, che riferendosi al già menzionato Roland Barthes, e in particolare al testo L’impero dei segni, auspica che le proprie composizioni possano a tale “impero” “sottomettersi” in modo “fulgido e delicato”, essendosi rivelate quelle “luci segrete” all’autore e da lui offerte al lettore come intimo e delicato regalo.

E significativa, dunque, appare la parola “rivelazione” che emerge dall’intervento introduttivo autoriale in parola rispetto alle intime Luci segrete, sulla cui essenza è possibile “indagare”, scoprire, anche – a mio avviso – a partire dai titoli delle due sezioni che vanno a comporre quel che appare un delicato e felice ossimoro, Luci segrete, della raccolta poetica in esame: Fruscio di assenza e Silenzi e ombre.

La prima sezione, che racchiudere 30 haiku, nel riprendere il titolo di una precedente silloge di De Girolamo, edita da Gazebo Verde (Firenze) nel 2005, “scaturisce” dal 3° verso del 2° haiku della prima sezione, proprio all’inizio nella prima pagina della raccolta (pag. 11) che recita

 

Per gioco sfioro

le campane dell’uscio:

fruscio d’assenza.

 

insieme all’altro haiku,

 

Niente traspare

questa notte nel buio:

solo un respiro.

 

facendo per così dire da pandant il “respiro” rispetto alla “notte nel buio” all’ossimoro “fruscio d’assenza.

Haiku quest’ultimo significativamente ripreso nella quarta di copertina della precedente raccolta poetica di haiku del 2005, mentre è l’ultimo verso dell’ultimo haiku (il 30° a pag. 30) della prima sezione, da cui si irradia l’intimo messaggio del poeta a tutta l’opera e non solo ai componimenti della sezione Fruscio d’assenza:

 

Piccole mani

muovono nella notte

luci segrete.

 

“piccole” e delicate sono le “mani” che possono nella notte “muovere”, destare, le “luci segrete” che rilucono in quel buio, pur dovendole scorgere nel proprio cuore (“segrete”).

Ed è considerevole anche quanto emerge dalla seconda sezione, Silenzi e ombre, composta da 24 haiku, nella quale il quinario finale del 17° haiku offre l’emblema della sezione stessa:

 

Se mi ricordi,

non legare il mio volto

silenzi e ombre.

 

anche in tal caso con un’armonica. simmetrica corrispondenza con il successivo haiku, il 18° (entrambi a pag. 46):

 

Perle di giada,

nella notte i tuoi occhi

lungo la strada.

 

gli “occhi” del volto, questa volta “lungo la strada”, sono “perle di giada” nella “notte”, splendendo se l’altro, l’altra, ci “ricorda”.

A partire dalle parole e dai versi appena citati, quali direttrici da seguire, e gli ossimori delicati e profondi dei titoli Luci segrete, Fruscio d’assenza, come dei termini simmetrici “Silenzi” e “ombre”, può dispiegarsi la “rivelazione” cui De Girolamo si riferisce, una “bussola”, per così dire, che può orientarci in profondità e comporre un affresco continuo e unitario, pur in tutte le sue sfaccettature delicate e segrete; direttrici che possono volgere il nostro sguardo in un percorso tra i versi della silloge, e dunque i sentimenti, le sensazioni, i movimenti che tali versi originano e, a loro volto, da tali versi scaturiscono.

Ed ecco che la nota espressa dall’ombra, con la sua “luce segreta”, getta il suo chiarore, anche con l’ausilio di realtà proveniente da altre percezioni, in una sorta di sinestesia, ove compaiono anche gli elementi della natura.

Allora il “respiro” proietta la sua “ombra” nella “notte con il suo buio” (pag. 11, 1 ° haiku, nel settenario del 2° verso), il sole è “velato” (pag. 15, haiku 10°, 1° verso), obliquo “balena” il vento (pag. 20, versi 1° e 2°) e “la nebbia” si dissolve grazie ad “un ramo in fiore” (ibidem, 17° haiku, 1° quinario); le lacrime “sorde” “specchiano il fango” (pag. 23, 21° haiku, 1° e 3° verso, mentre l’ombra attende la fine dell’albero “che sta morendo”, cui “tagliano i rami” (pag. 23, 21° haiku, 1° e 2° quinario). E le nostre vecchie paure vengono attenuate, attenuate, velate di penombre, grazie alle nuvole scure, che soccorrono il nostro animo dalla luce violenta e accecante delle paure che nella vita abbiamo incontrato e fanno parte di noi, diventando anch’esse vecchie come noi (pag. 24, 24° haiku, versi 1-3).

L’ombra si mostra anche attraverso una tenda del balcone, un velo da sposa (pag. 27, 28° haiku versi 2° e 3°), da cui può entrare il vento di libeccio (1° quinario) e la traccia un tempo limpida si disperde, torna nell’ombra “dove ognuno [di noi] torna” (pag. 28, 30° haiku, versi 1-3) e gli “occhi chiusi” subiscono la luce tenue della luna che sale (pag. 30, penultimo haiku della prima sezione): forse si può sfuggire al “cerchio dell’abisso”?. Mentre l’ombra delle “luci segrete” viene a rischiarare “la notte” buia grazie a delle piccole mani, piccoli gesti, ricordi, affetti (ibidem, versi 1-3).

Ma anche nella seconda sezione le direttrici illuminano lievemente il cammino.

Gli occhi allora si socchiudono, cercando l’ombra a fronte di fulmini bassi che infiammano il canneto della nostra vita (pag. 35, 31° haiku) e i lampi divengono tremuli, fendendo appena l’ombra di cui rischiarano il manto (ibidem, 32° haiku).

Nella notte le voci, pur lontane, nella notte hanno ognuna un proprio mistero (pag. 36, 33° haiku) e l’alba che sopraggiunge è “opaca” ma la tramontana traccia, crea, “una scia dorata” (ibidem, 34° haiku).

Un’ombra “trema” di fronte al suono assordante che turba la calma di una strada deserta (pag. 38, 36° haiku), mentre la penombra è sorda di tenui echi di cui viene colmata in un caldo sonno (pag. 39, 37° haiku) e i raggi del sole sono di ombroso argento, cupo e riescono solo a fendere il vuoto nel cielo di seta, senza annullarlo (ibidem, 38° haiku), mentre il vento con la sua ala avvolge il sole che è abisso, nonostante sia questo d’oro (pag. 40, 40° haiku).

La luna ora nuova fende con forza (lacera) il velo della nuvola rosa (pag. 43, 43° haiku) e sale la preghiera di non legare il volto del poeta silenzi e ombre, se ancora la persona cui il poeta e tutti noi ci rivolgiamo, serba in sé ricordi di noi (pag. 46, 47° haiku), e l’ombra assume i contorni delle perle di giada nella notte con gli occhi che ci accompagnano lungo la strada della nostra vita (ibidem, 48° haiku).

E spesso aspettiamo, in silenzio, nell’ombra come un cigno trafitto (pag. 48, 51° haiku), mentre oscura la quiete arriva tra il chiarore delle ombre (pag. 50, 53° haiku), e noi volgiamo la nostra preghiera all’aurora di aspettare ancora un attimo, perché il nostro ultimo sogno non è ancora svanito e non vogliamo ancora svegliarci (ibidem, 54° haiku).

E quello ora intrapreso è solo uno dei molteplici percorsi lungo i quali avviarci, seguendo le varie “luci segrete” nella tenue ombra degli haiku, quali, tra i numerosi presenti, quelle del “silenzio”, dell’“attesa”, dell’“assenza”, dei “colori”, mondi attraverso i quali si dispiegano i bellissimi componimenti della silloge poetica di Francesco De Girolamo Luci segrete.

 


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