Poiché, a quanto sembra, la fabbrica degli angeli non chiude mai i battenti,
C’è un continuo bisogno di materia prima: pelle morbida, occhi trasparenti
Come un pietra di carbonio puro, tendini freschi e molecole innocenti di bambini.
L’angelo scuro li raccoglie come mazzi di fiori da ogni dove:
Da un bus che si schianta contro un muro, da una scuola sperduta in un villaggio
Che si accartoccia tremando come foglia, da una barca che naufraga in mare aperto
E diventa una bara di salsedine e soli agonizzanti;
Li battezza di nuovo con nomi che sanno d’aria e d’acqua sorgente
E li dota di un paio d’ali attaccate alle scapole per scendere ogni tanto
Sulla terra e lasciare una piuma sui pavimenti delle case e qualche petalo di giglio.
Quelli che restano li vedono risalire di slancio sollevando i piedini luminosi
E lasciare una scia di polvere d’argento come le lacrime di San Lorenzo
Che non danno il tempo di dire lo stupore e sono già svanite.
Però mi chiedo: perché aggiungere perfezione a ciò che è già perfetto?
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