"Raddoppia il pane che dai a tua madre e portala così come essa ti ha portato..."
E' una delle massime moralistiche attraverso cui, nella società egizia, tende a manifestarsi quel vago matriarcato in cui si rispecchia la posizione della donna, paritaria con l'uomo. Proprio come accade nel campo religioso, dove le Grandi Divinità Femminili (come Iside, Hathor, Neith) rivendicano la parità con le Divinità Maschili.
Nebet Per, ossia Signora della Casa, la donna egizia godeva di una posizione di rispetto e privilegio sconosciuta alle donne appartenenti ad altre culture del suo tempo: basta osservare la donna biblica, romana o medioevale; perfino i Greci si stupivano della sua libertà ed eguaglianza
Rispetto e privilegio e nella propria casa e nella società.
Nonostante l'istituto della poligamia e del concubinato, l'egiziano era essenzialmente monogamo ed una sola era la Signora della Casa: quella che compariva sempre al suo fianco, perfino nelle pitture parietali delle tombe, nelle statue o stele funerarie.
Il gineceo egizio, l'harem, quel luogo proibito e misterioso, era appannaggio soprattutto del Faraone (per motivi politici) e di ricchi Funzionari, ma anche all'interno di un gineceo reale o privato, una sola era la Signora della Casa. E l'ideale di donna emerge chiaro dagli Inni a lei dedicati e dagli accenti appassionati di molte poesie d'amore i quali testimoniano che i matrimoni non fossero solo semplici unioni fra due persone, ma che alla loro base vi fosse l'amore.
"La sua sposa, la sua amata.
Sovrana di grazia, dolce d'amore.
Piacevole nei discorsi
Donna perfetta......" si legge in un papiro del IV secolo a.C.
e ancora:
"L'unica, l'amata, la senza pari
la più bella di tutte.
Ecco, guardatela:
é come le stelle fulgenti..."
La donna egizia é indicata con il termine Senet, che vuol dire Sorella, Amica... ma, nei documenti giuridici é chiamata invece Hemet, che significa Sposa: proprio per la funzione che ella svolge in seno alla famiglia.
La donna-sposa era molto influente nella famiglia, benché il matrimonio non fosse una istituzione legalizzata religiosamente o civilmente, ma solo una libera scelta di coabitazione fatta da due persone... scelta a volte, però, condizionata dalla famiglia.
Si deve aspettare il tardo periodo tolemaico per trovare un contratto matrimoniale (contratto che in realtà indicava soprattutto eventuali disposizioni sulla proprietà e i relativi diritti economici degli sposi in caso di divorzio)
Indicativo il fatto che il diritto di discendenza (anche nelle Case Regnanti... soprattutto nelle Case Regnanti) avvenisse per parte materna. Non era raro, infatti, che un uomo avesse rapporti con altre donne della casa e che avesse altri figli... tutti, però, legittimi.
Nello stato di donna sposata, la donna poteva disporre ed amministrare i beni ricevuti in dote o in eredità, le era accordato il diritto di comparire come testimone o di intraprendere azioni giuridiche nei processi. Non avendo tutori, era riconosciuta responsabile delle proprie azioni esattamente come gli uomini e come questi, se portata in giudizio, sottoposta alle stesse pene.
In caso di vedovanza la donna egizia acquisiva il prestigio di capofamiglia, ereditava un terzo dei beni del marito e poteva risposarsi.
Alla donna ripudiata e rifiutata, invece, spettava sempre un largo compenso. La causa di ripudio era quasi sempre la sterilità, ma si poteva ovviare attraverso l'adozione.
Nella vita pubblica quanto in quella privata, la troviamo spesso impegnata in ruoli di prestigio e responsabilità, nonostante che le cariche pubbliche fossero in realtà, ricoperte soprattutto da uomini. Poche, infatti le donne che giunsero a detenere il potere supremo o a collaborare nell'attività politica: la regina Huthsepsut, nel primo caso, la regina Nefertiti, nel secondo.
In campo religioso ricopriva spesso cariche di “Divina Adoratrice” o “Grande Sacerdotessa” di Divinità importanti come Sekhmet, Iside, Hathor; in campo amministrativo la si poteva trovare perfino a capo di un Dicastero come quello degli “Unguenti e Profumi”.
Nel privato si occupava della conduzione della propria casa, dell’educazione dei figli, dell’amministrazione di beni in proprietà con il marito e di altro ancora. La sua vita era facile e piacevole, vissuta quasi nell’ozio, tessendo o filando, tra feste e banchetti.
Tutto ciò, naturalmente, se si trattava di donne benestanti. Le donne di più umile origine, invece, avevano vita assai meno facile. Tessevano e filavano anch’esse, ma oltre a ciò, si occupavano dei lavori domestici e di quelli dei campi e facevano mille altre cose… come tutte le donne del mondo, prima e dopo di loro. Partecipavano ad ogni tipo di attività lavorativa, ma con preponderanza verso quelle domestiche: erano fornaie, mugnaie, birraie, spigolatrici, filatrici, tessitrici, contadine, nutrici, cantanti, musiciste,ecc...
Non solo lavori domestici, però. Le troviamo impegnate anche in attività amministrative con ruoli di di responsabilità. Incontriamo donne medico-ostetrico per donne e bambini, come Pesechet, della V Dinastia, ma anche donne dedite al commercio del vino e della birra ( attività squisitamente maschile) e sappiamo di donne che svolgevano attività di Giudice, Scriba e perfino Visir (corrispondente al nostro Presidente del Consiglio dei Ministri).
Diversa, però, era l’esistenza vissuta in un Ipet, il gineceo reale.
Qui, le donne vivevano in una condizione di recluse, all’interno di una gabbia dorata, con il solo scopo di arrecar piacere al Sovrano e senza nessuno dei diritti riservati alle donne comuni; scelte in tutto il Regno, quella condizione, però, era un grande onore per se stesse e le loro famiglie.
Le varie statuette rinvenute nelle tombe, le scene parietali, ecc... ci mostrano una donna assai bene inserita nella società lavorativa: ci trasmette, cioè, il grado di rapporto paritario raggiunto con l'uomo; assai diverso d quello delle donne appartenenti a civiltà della stessa epoca.
La donna, però, era soprattutto il pilastro della famiglia e la famiglia era il pilastro della società e come tale la donna egizia era rispettava e protetta.