Pubblicato il 03/03/2012 11:27:23
Guidando non sono io che scorro ma le cose vengono vibrando intorno e tutti i sensi afferrano nel viaggio della mente che gira abbacinata - La strada. Come era interminata contando passi alati a divorare il tempo preso al mare che brillava mentre sfacevi il corpo alla corolla ancora troppo viva. Respiravi la gente sorridente intorno, e i tuoi nella pineta, occhi d’ombra verde - gioia d’estate sconfinata. La strada. Puntini a stralunare prospettive di ritorni nel vuoto nascondiglio che non schivi. Agnizioni oscure. Padre estraneo ti dorme accanto - complici ostaggi chiusi in una stanza dalla madre, dalla sposa: l’altra piange - proclamava scegliendo la sua preda. Abbandonati. La strada. Perdonavi le carezze lievi chiudendo gli occhi, pregando il giorno già vicino. Ti sfiorava appena il cuore, vile di non potere fare altro. La strada. Tornare con le rose bianche, ancora - strette sul petto a respirare piano la stagione risorgente, pallidamente avanzando sulla riva, attenta al sole che può bruciare il cuore. Ancora troppo l’amore perso sulla riva, la tavola col cibo in cima alla salita - felici. Tu cattiva sempre a ricordare stemperando l’azzurro col salmastro. Non era nulla, uno strappo nella rete, una mosca a ronzare sopra il miele. E tutto quello che ti è stato dato, voci piene di cura e di rimpianto amaro, offerte come a una regina. Sei pazza, pazza, pazza. La strada. Vaghezza dello sguardo a trasformare tasselli antichi di paesaggio. Ritornare. Dintorni solitari, declivi. Peregrinare. Non c’è più nessuno. Dove cercare? Per te la strada talitha - kumi.
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