Pubblicato il 17/11/2008 21:03:00
“Contagi”, edito dal Centro Culturale “Paideia” di Cassino (Epigrammi) “Nel tempo – A Ženja”, dismisuratesti, Frosinone (Poesia/Narrativa/Saggio) “Per una cultura del libro”, Edizioni Eva, I Colibrì (Saggio) (“Novità espressiva e ricchezza di contenuti nell’Opera di Francesco De Napoli”, Silvano Demarchi, Edizioni Eva, I Colibrì)
Francesco De Napoli è nato a Potenza nel 1954. Ha pubblicato numerose opere sia di poesia che di narrativa. Un amore profondo per la letteratura lo conduce, in questi anni, a comporre testi di intelligenza poetica e di saggistica analitica veramente sorprendenti, mi riferisco in particolare al molto interessante librino intitolato “Per una cultura del LIBRO”, Edizioni Eva, I Colibrì, nel quale egli tratta dell’effettiva “organizzazione della cultura nel nostro Paese”; riporto alcune righe per far fiutare al lettore l’intento e l’ampiezza del suo scritto: “[…] Come ogni libro, così ogni biblioteca ha una storia, annotai: non si sfugge! Preferisco credere in una biblioteca imperfetta, incompiuta, carente e difettosa, ma a misura d’uomo: che riproduca tutte le virtù e i vizi, i meriti e le manchevolezze del genere umano […]”. Inoltre segnalo due suoi libri dalle dimensioni esigue, sobri nella veste grafica, ma che, fin dall’inizio della lettura trascinano come in un gorgo narrativo da cui è gradevole farsi trascinare e dal quale non si vuole sfuggire; una giostra di sensazioni e meditazioni accompagna il lettore lungo tutte le pagine, che scorrono velocemente. Si tratta di libri con al più una sessantina di pagine: “Contagi”, edito dal Centro Culturale “Paideia” di Cassino e “Nel tempo – A Ženja”, dismisuratesti, Frosinone.
“Contagi” è una raccolta di una cinquantina di epigrammi, dalla quale traspare la sagace verve di geniale scrittore di De Napoli; si viene conquistati dalla sua sottile ironia, talvolta comica, che pervade ogni singolo componimento che, come uno strale di parole, entra nel vivo di questioni sociali e quotidiane mettendone in luce il lato tragicomico: “Li credevo amanti / di Platone / e di Zaratustra. // Accedervi, / un autentico mistero. // Ho indagato: / è solo / un istituto / di bellezza…”. Sono epigrammi che ricordano i pamphlets, testi brevi con intenti polemici, in cui la vis polemica non è fine a se stessa o generata sull’onda di un estemporaneo moto di rabbia ma sembrerebbero nascere da una visione disincantata su vizi e vezzi del mondo contemporaneo. Attraverso un piacevole moto intellettivo, De Napoli, elabora nei dettagli il testo, riuscendo, in poche righe, a incidere in modo forte e chiaro sul lettore, conducendolo verso una conclusione a sorpresa, nella quale espone il suo pensiero come con una sorta di sorriso che traspare dalle parole, che mai sono impertinenti o inadeguate alla stesura di un elaborato ed efficace pensiero sul tema trattato: “I fascisti / dichiarano la guerra, / il capitale / vende fuoco e ferro, / i comunisti / tutti giù per terra”. Talvolta sovverte, a sorpresa, il punto di vista che va per la maggiore su certe tematiche, ponendosi in quello diametralmente opposto alla grande massa popolare che accetta uno status quo senza troppo pensare: “E’ smisurato / l’egoismo di quanti, / per religiosità, / rinunciano ai beni terreni / in cambio / della vita eterna”.
“Nel tempo – A Ženja” è invece un librino apparentemente innocuo, ma che invece si rivela essere uno scritto magnifico, praticamente un piccolo saggio sul poeta russo Evgenij Evtušenko, per gli amici Ženja, e tra gli amici figura l’autore De Napoli, il quale, in una felice giornata del lontano 1986, si trova a passeggiare per Cassino con il grande poeta enfant prodige, raccogliendone alcuni interessanti e stuzzicanti pensieri sul suo rapporto, all’interno del suo Paese, con il potere da una parte e il popolo dall’altra. Riporto qui, perché bene esprimono il leitmotiv del libro, le parole di recensione di Virginia Longo (fonte: literary.it): “[…] E se per decenni Evtušenko è stato dipinto da una critica di parte come un poeta di regime, mentre per altri rimane invece il caposcuola della destalinizzazione, dobbiamo riconoscere a De Napoli il grosso merito d’aver ritrovato il bandolo della matassa, dando finalmente ‘a Cesare quel che è di Cesare’. In sostanza, lo studioso cassinate chiarisce i motivi più riposti della questione, a cominciare dal fatto che nel lungo periodo della guerra fredda esistevano esclusivamente i due blocchi contrapposti, e non c’era alcuno spazio che chi, pur credendo nel socialismo, come Evtušenko, auspicava l’avvento d’una terza via. Era una posizione estremamente scomoda, perché invisa sia ai fautori del comunismo brezneviano, sia ai paladini del capitalismo più sfrenato […]”.
Infine, per una più approfondita indagine sul pensiero e sull’Opera di Francesco De Napoli, segnalo “Novità espressiva e ricchezza di contenuti nell’Opera di Francesco De Napoli” di Silvano Demarchi, Edizioni Eva, I Colibrì.
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