Pubblicato il 28/03/2010 19:18:22
Il 27 giugno del 1924 i partiti d'opposizione presenti alla Camera dei Deputati decisero di ritirarsi dai lavori parlamentari come segno di estrema protesta dopo l'uccisione di Matteotti avvenuta per mano di sicari fascisti pochi giorni prima. Alla testa di questo gruppo di dissidenti c'erano i socialisti e i democratici di Giovanni Amendola. Il gesto voleva scuotere l'opinione pubblica e soprattutto il re, ma non ebbe alcun effetto concreto. Sei mesi dopo, nel gennaio del '25, Mussolini si assunse la responsabilità politica di quell'omicidio e instaurò il regime dittatoriale. I deputati secessionisti furono dichiarati decaduti, i partiti soppressi e la Camera poco dopo fu sciolta. Il movimento secessionista prese il nome di Aventino in ricordo della secessione della plebe romana contro il Senato, avvenuta nel 494 a.C..
Ricordo questi fatti perché si riparla ora di un'altra possibile secessione parlamentare ed elettorale caldeggiata dai radicali come colpo di teatro per mettere in difficoltà il governo Berlusconi e mobilitare l'opinione pubblica. Emma Bonino, insieme a Marco Pannella, dovrebbe capeggiare gli 'aventiniani' e coinvolgere tutte le forze d'opposizione.
La Bonino ha tuttavia escluso che un'iniziativa di questo genere possa farla recedere dalla sua candidatura alla presidenza della Regione Lazio. I partiti d'opposizione hanno dal canto loro escluso di volersi associare a questa eventuale iniziativa che quindi, se ci sarà, riguarderà soltanto il Partito radicale la cui presenza in Parlamento è tuttavia meno che simbolica.
La questione sembrerebbe dunque chiusa prima ancora di nascere e tuttavia merita parlarne perché in realtà non è chiusa affatto. Esiste infatti una vasta platea di elettori di sinistra che vogliono desistere dal voto alle imminenti elezioni regionali non presentandosi alle urne o votando scheda bianca. Questo sarebbe il modo di manifestare il loro disprezzo della politica, dei partiti, del Parlamento, delle istituzioni in genere. Ed anche il loro modo di mettere in difficoltà Berlusconi e il suo governo. Aventiniani rispetto al voto: è valido questo messaggio? Può sortire a qualche risultato concreto nel senso desiderato da chi caldeggia una soluzione del genere? Analizziamo con attenzione questa proposta che serpeggia in questi giorni in misura abbastanza diffusa e cominciamo col dire che c'è astensione ed astensione.
Circa il 20 per cento degli astenuti è un tasso fisiologico che si registra ad ogni votazione. In altri paesi il tasso degli astenuti abituali è molto più elevato ma in Italia no. L'affluenza degli elettori alle urne oscilla di solito tra il 75 e l'80 per cento. Hanno fatto eccezione le elezioni europee e quelle provinciali dove l'affluenza è stata notevolmente inferiore, ma in tutte le altre occasioni non è mai scesa sotto al livello del 75 per cento.
C'è poi un altro tipo di astensione che non può definirsi abituale e non è motivata da disinteresse per la politica. Al contrario, si tratta di un'astensione con precise motivazioni politiche. Ha colpito negli anni scorsi la sinistra con l'obiettivo di scuoterla da una condizione ritenuta non abbastanza energica e incisiva. Ha colpito e probabilmente colpirà anche il centrodestra. In queste ultime settimane anzi il fenomeno dell'astensione a destra sembra assumere proporzioni cospicue come effetto sia d'una politica economica penalizzante sui bisogni dei lavoratori, sia degli scandali a catena esplosi negli ultimi mesi. Stando ai più recenti sondaggi questo tipo di astensione punitiva rispetto al governo e al partito berlusconiano viene valutato intorno al 5 per cento e sembrerebbe destinato ad aumentare insieme a un travaso di voti che nel Nord si dirigerebbe verso la Lega. Sommando l'astensione punitiva proveniente dal centrodestra all'astensione abituale si avrebbe dunque un livello superiore al 20 per cento portando l'affluenza degli elettori attorno al 77-78 per cento dei voti validi.
In tale contesto come si collocherebbe l'eventuale 'aventinismo' degli elettori di sinistra? Per produrre un effetto massiccio, un allarme concreto di disaffezione dalla politica e dalle istituzioni bisognerebbe che il livello di affluenza non superasse il 50 per cento dei voti validi. Bisognerebbe cioè che la 'diserzione' dal voto proveniente da sinistra coinvolgesse il 30 per cento di elettori, di fatto quasi tutti quelli che votano per il centrosinistra. È possibile un fenomeno di questo livello? La realtà e l'esperienza fanno ritenere che non si arrivi a questo punto; ma ammettiamo per ipotesi che ci si arrivi. Quale sarebbe allora il risultato politico istituzionale?
Non è difficile prevederlo: lo schieramento di centrodestra, con la modesta astensione del 5 per cento, resterebbe di fatto integro e sarebbe ben lieto di poter disporre a piacimento delle Regioni, dei Comuni, del Parlamento senza più opposizione. Il governo della maggioranza diventerebbe la sola forza esistente senza nemmeno bisogno di far ricorso a decreti, ordinanze ed altri mezzi truffaldini. Avremmo un Parlamento ed Enti locali monocolori e una democrazia parlamentare che funzionerebbe come pura registrazione degli editti del Sovrano. Non a caso la Polverini, candidata alla presidenza del Lazio, a chi le preannunciava un ipotetico ritiro della Bonino dalla competizione elettorale ha risposto: "Ma se ne vada, nessuno la fermerà". Certo, non la fermerà la Polverini. I partiti del centrosinistra, giustamente, si sono rammaricati nei giorni scorsi di dover vincere 'a tavolino' in Lazio e in Lombardia per assenza di avversari, ma attendersi un analogo rammarico dallo schieramento opposto è pura illusione: ne sarebbero felici.
L'ipotesi realistica non è comunque quella che la sinistra si astenga nella sua totalità, ma piuttosto che una percentuale del 4-5 per cento diserti le urne. Con quale risultato? Che l'astensione punitiva da sinistra compenserebbe l'astensione punitiva da destra. Quindi rafforzerebbe lo schieramento avversario indebolendo il proprio.
Non mi sembra un obiettivo da perseguire; mi sembra piuttosto una diserzione proprio nel momento in cui si sta combattendo una battaglia campale per le sorti della Repubblica e della democrazia. Una diserzione dunque da scongiurare. Il rimedio non è l'Aventino degli scontenti e dei delusi di sinistra, ma un voto compatto per mandare a casa l'avversario ed evitare l'avvento di un regime. Se questo avverrà si saranno anche poste le basi per il rinnovamento etico-politico del Paese e anche della sinistra, entrambi urgenti e necessari.
(Tratto da L'Espresso, 12 marzo 2010, http://espresso.repubblica.it)
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