Pubblicato il 04/12/2011 10:31:21
“Tu ti dai pena per quella pianta di ricino (…) che in una notte è cresciuta e in una notte è perita: ed io non dovrei avere pietà di Ninive quella grande città…” Giona 4,10
ormai la carta si fa tutta parlare, ora che è senza meta e pare un caso la sacca così premuta e fra i colori così per forza dèsta, bianca; bianca da respirare profondo in tanta fissazione di contorni ò spensierato ò grande inaugurato, amo la festa che porti lontano amo la tua continua consegna mondana amo l’idem perduto, la tua destinazione umana; amo le tue cadute ben che siano finte, passeggere
e fino che tu saprai dentro i castelli, i giardini fiorire, altro splendore sai, altra memoria, altro si splende si strega, si ride, si tira la tenda e libero si mescola alle carte; ma i giardini si nascondono con precisione dove cerchi la larva del tuo femminino e l’arresto l’appartenenza inevitabile all’Immagine all’inevitabile distensione delle terre trascorse delle altre ancora da nominare chiamarle una poli l’altra tutte le terre perfette alla mente afferrata di nomi che smodano scadono che portano alla memoria o la stravagano.
(crescono ricini presso ninive ecco, vedi, come sviene)
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da Inferno Minore
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