Pubblicato il 08/02/2015 02:57:49
Santi e Metafore Il sole riluce sulle rampe delle scale, un suono nei megafoni installati ai fianchi della chiesa cattedrale , nugoli di persone commiste si dirigono come in una scena finale di sopravvissuti ad un disastro nucleare in stile anni cinquanta, di Maggio, fra Via Duomo e Spaccanapoli, fino a Santa Chiara...figure filosofali in toghe rosse con scritte latine sulle vesti e su strisce con simboli sacri .e tenebrosi . Un coro, una musica sacra, una cantilena intonata da un prete e alle sue spalle ecco, una processione fatta di busti argentei . Non solo il 19 settembre ma più cadenze segnano la tradizione sacra e a volte profana delle celebrazioni “Gennariane”. Anche in Dicembre vi è un giorno dedicato e poi tutti i giorni 19 del mese vi sono messe particolari c/o il Duomo. Non solo nei tempi celebrativi ma anche nei luoghi, San Gennaro fa mostra di sé attraverso il forte senso popolare di trasporto verso questa figura ormai simbolo di un modo di vivere, di pensare e forse di essere. Le parole tradizione, popolare, folklore divengono in tali occasioni sinonimo di tutta una serie di comportamenti fra la religiosità, la credenza, e a volte la magia (come in occasione del Miracolo). Celebrazione forse è la parola che mette d’accordo in tutti i sensi questa che andrebbe definita “ritualizzazione della morte e della rinascita “, cristianizzazione degli ancestrali “riti del fuoco sacro “ ecc. Il fuoco vesuviano, verso il quale la Mano di San Gennaro protettore si levò a salvare la città, o il taumaturgico valore del “sangue iniziatico “ che “lava dal peccato” o che purifica il passaggio o che facilita l’entrata in un altro stato, fino a quello ultimo, della morte. San Gennaro dunque fra la vita e la morte e così il 19 settembre di ogni anno del nostro calendario si ripete una strana comunicazione di vibrazioni che fa tremare la terra sotto i nostri piedi, ma solo in senso metaforico...riguadagnando il senso di precarietà che si vive tutti i giorni nella città di San Gennaro. Anche questa può essere un’altra Napoli. di Massimo Fazzari
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