Elogio del libro
Da qualche meseè in circolazione un libro di racconti: una nuova piccola creatura gettata - come tante altre, come tutti noi - nel vortice della vita sensibile, esposta agli urti e a tutti i rischi di ciò che appare, vive (un anno o un secolo, qualche volta di più) e poi muore. O semplicemente ‘passa’, scivola fuori dal campo visivo, ed è proprio come se morisse, perché ci sono cose - come un libro - che vivono solo e ogni volta che qualcuno le “chiama in vita”. In se stesse, queste ‘creature’ - presenze intermedie fra uomo e mondo, e più ancora fra uomo e uomo - sono prive di qualsiasi autonomia di vita. Sono depositari, ignari, di saperi complessi com’è complessa la vita, dei quali custodiscono il segreto ma anche la chiave di accesso - che però bisogna saper cercare, come gli eroi delle vecchie fiabe dovevano cercare la mappa che portasse al tesoro nascosto.
E tuttavia, mentre il tesoro nelle fiabe era uno e uno solo, la sapienza che si deposita nei libri - e qui non si allude a quelli importanti, che nascono già pesanti di contrassegni araldici, ossia accademici, ma a quelli segnati dalla leggerezza stessa dell’essere, che perciò hanno bisogno di essere sostenuti e ancorati, perché sempre a rischio di essere trascinati via, nel turbine inarrestabile di tutto ciò che è - la sapienza dei libri leggeri, si diceva, ha la proprietà magica di rinnovarsi ogni volta, di crescere nella misura stessa in cui viene còlta e fatta propria da ogni singolo lettore. Perché un tale libro è al tempo stesso uno specchio, che ri-flette chi vi si affaccia trasformandolo, euna creatura polimorfica, che si lascia trasformare a sua volta adattando il mondo che proietta al mondo di chi potrebbe abitarlo. Il prodigio della moltiplicazione dei saperi avviene perciò attraverso l’incontro di mondi diversi - quello del libro e quelli di tutti coloro che via via lo leggeranno - perché la materia spirituale ha la proprietà di duplicarsi ad ogni scambio, sicché la fonte di ciascuna donazione, anziché prosciugarsi, si arricchisce di ciò che a sua volta riceve.
Fra i libri a cui si addice il carattere della leggerezza, i più leggeri di tutti sembrano essere quelli che raccontano storie, specie se brevi, apparentemente slegate fra loro, come atomi spersi nell’iperspazio dell’immaginario, in attesa dell’energia psichica capace di raccoglierle insieme con un atto di donazione, per conferir loro un senso unitario. O per lasciarle così, come tante piccole monadi, metafore inconsapevoli della insuperabile solitudine dell’Uomo.
Un piccolo libro così, ho gettato di recente nel vortice dell’esistenza. E ora tremo per lui, per la sua leggerezza indifesa e priva di ancoraggi. Se al lettore di questa pagina accadesse di incontrarlo, non sia brusco; se - avvicinandolo - lo ritenesse inadeguato alle sue aspettative, non lo biasimi per questo. I libri sono tutti innocenti, perciò non ricada su di essi la colpa dei padri. O delle madri!
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