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Le ossessioni dell’imprenditore (Silvio)

Argomento: Società

di Roberta Volpi
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Pubblicato il 05/12/2007

Le ossessioni dell’imprenditore (Silvio!) e lo smantellamento del sistema educativo

L’ultima trovata della signora Moratti è quella della eliminazione dell’insegnamento della musica. E Roman Vlad ha cominciato a delirare....... Forse, fra non molto, anche il solo ascolto della musica potrà essere considerato un delitto.....



La “Politica”, quella con la “P” maiuscola, è stata definitivamente relegata al ruolo di un accessorio scomodo. Il Paese inteso come un’azienda. La sanità intesa come un’azienda. Anche la scuola intesa come un’azienda. Le tre "I" che Berlusconi ululava nella sua campagna elettorale del 2001 (Inglese, Informatica, Impresa) comunque mal si coniugano con le richieste degli imprenditori che invece inneggiano alle tre "S": Sapere, Saper fare, Saper essere. Tre "S" di cui la riforma Moratti non ha tenuto in alcun conto.

I danni che questa riforma ha provocato sono incalcolabili. E tutti devono preoccuparsi: genitori, studenti, insegnanti, imprenditori. L’abolizione di taluni insegnamenti, il finanziamento alle scuole private, la revisione dei testi scolastici tacciati di filocomunismo, la contrazione del numero dei docenti, l’aumento del precariato, l’abolizione del tempo pieno sono tutti provvedimenti che lasciavano già un anno fa presagire un disastro che avrebbe investito non solo il sistema istruzione ma anche quello sociale.

Gli insegnanti che avevano gridato allo scandalo di fronte alla "passerella" introdotta dalla riforma Berlinguer (la possibilità, cioè, per uno studente, di entrare ed uscire dal mondo della scuola per sperimentare il mondo del lavoro anzitempo) sono la categoria più a rischio, quella che, a voler essere catastrofisti, è destinata a scomparire. A fine legislatura potrebbero essere sostituiti da un comodo e non ingombrante kit software, o collegarsi ad internet da un personal computer (per il cui acquisto contribuirà lo Stato con una sovvenzione di 150 euro, come dice la pubblicità che viene trasmessa da qualche tempo in televisione) per poter apprendere in modalità elettronica oppure restar svegli di notte per seguire le lezioni su RAI Education o su qualunque altra rete (preferibilmente MEDIASET!!) che proporrà videoconferenze su arte, storia, lingue straniere (purchè non si tratti di idiomi dei paesi comunisti), matematica e religione, perché no?

La scuola intesa come un’azienda. Certo, i produttori di software hanno pubblicizzato la e-learning come la panacea per tutti i problemi di formazione ed aggiornamento professionale del personale delle imprese. E’ un sistema economico, non necessita di spostamenti fisici, l’apprendimento è personalizzato, consente di dialogare con il tutor, prevede pure una classe virtuale e, se l’azienda acquista una bella piattaforma per l’ e-learning (fondamentalmente un bel contenitore vuoto a 100-200 mila euro) si possono addirittura contare i click che il mouse ha eseguito, monitorare il numero degli accessi, controllare a quale lezione il discente è arrivato, verificare se ha svolto i test di verifica dell’apprendimento, quale punteggio ha ottenuto, e così via. E, grande vantaggio per le aziende, siccome essere competenti ed aggiornati è un diritto/dovere del lavoratore, si studia al di fuori dall’orario di lavoro contrattuale. Altro che Grande Fratello!

Fermo restando il personale apprezzamento per talune offerte (vedasi, ad esempio, il sito dell’ENEA Casaccia, che propone una ventina di corsi gratuiti on line su varie materie, dai sistemi di qualità Vision al florovivaismo), ritengo che la tecnologia in questo settore possa dare sì un contributo ma non essere sostitutiva. L’apprendimento elettronico comporta dei grossi disagi: la solitudine, la difficoltà a confrontarsi con gli altri, l’assenza di rapporti sociali, la freddezza del mezzo, l’architettura dei contenuti che sono necessariamente standard e non tarati sulla maturità individuale dell’allievo che è anche e soprattutto una persona. Da un software possiamo esigere tecnicalità ma non psicologia comportamentale ed empatia.

Evviva la scuola allora, anche quella con i muri imbrattati, anche quella con i cessi otturati, con la Prof che ti mette la nota sul registro e ti rimprovera perché ti stai frugando nel naso, con il Preside che manda a chiamare i tuoi genitori perché sei senza il libretto delle giustificazioni! Pazzesco, ma ne avremo nostalgia.

C’è un altro aspetto che mi inquieta, quello della possibile modificazione del tessuto sociale. Già nel suo Rapporto del 2003 l’OCSE affermava che è sempre più comprovata la relazione tra apprendimento ed investimento nel capitale non solo con un aumento del PIL ma anche con una maggiore partecipazione civica, un maggior senso di benessere ed un minor tasso di criminalità. Anna Diamantopolou, Commissaria UE, rafforza questa tesi dichiarando che "la nostra società e la nostra economia sono basate sulla conoscenza, che c’è un deficit di qualifiche e discrepanze tra domanda ed offerta, che il mondo sociale e politico è diventato complesso e che pertanto gli obiettivi della UE non possono che essere la cittadinanza attiva, l’inserimento sociale, la capacità di inserimento professionale e la realizzazione personale".

Riappropriamoci, dunque, della funzione della nostra scuola, combattiamo la dispersione scolastica, finanziamo progetti in partnership con gli altri paesi europei, restituiamo dignità ai nostri docenti, investiamo più soldi nella loro formazione continua, allunghiamo i tempi di permanenza a scuola, aggiorniamo i programmi didattici, introduciamo l’insegnamento di nuove materie, ridisegniamo i tempi delle nostre città: l’accesso all’istruzione ed alla qualità dell’istruzione non sono negoziabili!!

In fondo, cara Ministra, non è difficile, basta copiare! Copiare quel che si è fatto nel resto d’Europa. Sempre che, in Europa, questo Governo ci voglia restare. L’Europa vuole cittadini istruiti, consapevoli, partecipi, competenti, integrati ed occupati e la “riforma” che questo governo sta applicando va, ahinoi!, in senso opposto. Io sogno una “controriforma”. E voi?

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