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Riflessioni di uno scrittore con le scarpe rotte18

di Stefano Saccinto
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Pubblicato il 26/11/2011 11:37:16

Molto tempo dopo l’invio delle famose mail che avrebbero dovuto aprirmi la strada ai contatti editoriali, compresi che non era così facile ottenere l’attenzione di un editore. Nessuna delle diverse case editrici contattate ai tempi di 5 aveva mai risposto alla mia mail. Non avevo mai avuto una vera e propria idea su cosa proporre. Per me andava tutto bene, ogni mio testo mi sembrava caratterizzato nel modo giusto, alcuni erano scritti un po’ come il cazzo, ma l’autore ero sempre io, che problema poteva esserci? Un giorno sarei diventato famoso e la gente avrebbe apprezzato la mia decisione di non correggere mai un testo già scritto.
Con tutta la maestria di cui ero capace, mi rimisi in postazione, nello stanzino con la finestra rossa, al computer a casa dei miei genitori, l’unico con la connessione internet, immergendomi nei panni di cacciatore di editori in rete. Ce n’erano diversi che avevano rilasciato eccezionali interviste su quello che intendevano per editoria, sulla mercificazione che negli ultimi tempi avevano subito i libri e sulla voglia di cambiare le cose contro i colossi che gestivano il monopolio della letteratura. Mi parvero buoni propositi, ogni editore mi sembrava che facesse al caso mio. Sembravano una schiera di rivoluzionari pronti a prendere in mano la situazione, estremamente convinti delle proprie idee e vedevano in maniera limpida l’orizzonte letterario futuro in cui mi sembrava di intravedere il mio posto.
- Questi sistemeranno le cose – pensavo tra me e me – parlano male delle pubblicazioni a pagamento, si sono rotti il cazzo dei finti libri che spopolano nelle librerie, rappresentano la più ferma opposizione al meccanismo e si sono infiltrati nel meccanismo stesso per combatterlo dall’interno. Sono degli eroi come lo fu Ferlinghetti ai suoi tempi.
Avevo delle speranze. Avevo Malko da mettere sul piatto per cominciare a dare una scossa al mondo letterario. Volevo la mia parte nella rivoluzione culturale, mi sentivo all’altezza dell’impresa. Contattai Stampa Alternativa, il Foglio, il Filo, Edizioni Creativa, Delos Book e tutte le altre il cui nome mi stesse quantomeno simpatico. O almeno il sito e quello che c'era scritto in homepage. Pensai che fosse un buon momento per fregare la vita.
Mandai a loro la seconda ondata di mail e pensai che queste erano case editrici diverse dalle altre, avrebbero risposto e l’avrebbero fatto in tempi brevi, non mi avrebbero trattato da fesso come avevano fatto tutte le case editrici fino ad allora. Questo potevo giurarlo. Mi avrebbero riconosciuto per quello che ero, tirandomi fuori dall’anonimato che la rete mi aveva imposto per esubero di falsi scrittori e di opere pubblicate ogni giorno.
Pensare allo stato attuale della letteratura in Italia era deprimente. Tutto era allo sbando, non esistevano movimenti letterari, né riviste autorevoli come lo erano state Weird Tales e Amazing Stories per gli Stati Uniti negli anni d’oro del fantasy-horror, i siti erano frequentati da gente che si reinventava scrittrice senza avere davvero delle idee o dei validi testi da proporre. Tutto era mediocre e io non ero sicuro di essermi mai elevato al di sopra di quella mediocrità. Però lo desideravo follemente. Sapevo che era la mia strada, che mi avrebbe portato da qualche parte, ma tutto quello che avevo steso poteva essere considerato un’immane ammasso di puttanate senza senso, dal momento che ogni volta avevo creduto nell’ideale che ispirava quello che avevo scritto, ma poi avevo dimenticato che cosa fosse. Poteva essere un problema di memoria, ma non ero mai stato sicuro di essere uno scrittore davvero geniale. Però spesso mi sentivo il più grande scrittore vivente. Era un punto di partenza molto valido.
Diverso tempo dopo, come avevo sperato, le case editrici finalmente si fecero sentire. Ad una ad una apparvero le mail che rispondevano al mio messaggio ed ogni volta mi sembrava un piccolo passo per me e un grande passo per l’umanità. Andai a leggere i loro messaggi. Stampa Alternativa diceva che non accettava nuove proposte. Il Foglio sì. Il Filo sì, ma meglio le poesie. Avevo il Foglio dalla mia parte. Andai a leggere la risposta di Edizioni Creativa.
Io avevo scritto - Come posso fare per mandarvi del materiale che vorrei farvi visionare? Tramite mail, posta ordinaria, piccione viaggiatore? -. Loro mi risposero solo - Innanzitutto firmandoti alla fine del messaggio - e sotto c'era la firma di chi me l'aveva inviato.
Mi fermai a ragionare su quelle strane risposte. Questa gente era convinta che uno scrittore fosse un coglione vestito a festa. Ogni tentativo di contatto rappresentava uno scontro, grande o piccolo che fosse. Come le case editrici che detenevano il monopolio, anche le piccole pretendevano di avere per le mani un potere, si erano annidate con falsi propositi nel panorama culturale italiano e avevano pensato bene di dettare legge, dall’alto della loro posizione. Basavano tutto sulla bravura a sgomitare, come gli scrittori nei siti, come gli stronzi alle file universitarie e sulla capacità di imporre le proprie stupide regole. Che cazzo me ne facevo, io? Non risposi mai più a Edizioni Creativa.
Tornai sulla Stampa Alternativa. Mi incazzai. Le scrissi una lunga lettera in cui chiedevo quale tipo di casa editrice potesse proporsi come alternativa se non accettava nuove proposte. Le chiesi di cambiare il nome in Senza Alternativa e mi risposero ancora più incazzati dicendo che io non ne sapevo niente della linea editoriale e della sopravvivenza sul mercato e bla bla bla. Bene. Avevo persino acquistato una serie di cazzate da mille lire che si vendevano nelle edicole di Bari, come racconti horror ispirati al Grande Fratello scritti come il cazzo. Mi ero convinto che era con loro che avrei dovuto cominciare. Mi piaceva il termine alternativa, non potevo farci niente. Mi dimenticai della loro esistenza pensando che un giorno loro si sarebbero ricordati della mia.
Per non perdere tempo e fiducia, cercai altre otto case editrici random e, senza contattarle, inviai otto copie di Malko completo a tutte loro e una al Foglio. Al Filo mandai due poesie tramite internet. Chiedeva 30 euro per tre copie di un'antologia contenente anche la mia poesia che avrebbe dovuto girare per i convegni letterari tra scrittori, editori, eccetera. Spedii le 30 euro.
Il Foglio fu l'unica casa editrice a rispondermi su Malko. Tre giorni dopo. Neanche il tempo che il testo fosse arrivato a destinazione. Se l'erano fatto leggere dal postino per telefono mentre arrivava. Mi mandarono un fascicolo pieno di promozioni per i testi che avevano già pubblicato. Insieme c'era una lettera che esaltava il libro come se fosse quello che aspettavano da anni - Soprattutto lo stile, sciolto e deciso - e roba del genere. Del contenuto non parlava mai. Il Foglio voleva che acquistassi non so quante copie a metà prezzo. Da qualche parte dovevo aver letto che non chiedevano contributi. A metà prezzo comunque, mi dissi, è un buon affare. Ma che me ne facevo di tipo 100 copie? Gli amici che l'avrebbero anche preso erano appena dieci. Mmm. Forse solo nove mi avrebbero dato i soldi.
Mi arrivarono le tre copie dell'antologia del Filo. Aprii l’involucro che le conteneva e quasi mi vennero le lacrime agli occhi. Guardai le loro copertine lucenti, sospiravo e tremavo di fronte alla loro immensa bellezza: era bianche con un riquadro verde e le scritte Antologia poetica, Navigando nelle parole vol. 8, Edizioni Il Filo. Mi rilessi solo la mia poesia una cinquantina di volte su ogni copia. La mia prima pubblicazione. Non mi era costata molto. O forse sì? Ne andavo orgoglioso lo stesso.
Tornai su internet, decisi che pubblicare un libro era il degno coronamento per averlo scritto. Andai a visitarmi il sito del Foglio. Se valeva la pena, la cosa dell’acquisto delle copie si poteva fare. Glielo scrissi per e-mail. Visitai il sito. Dei giovani autori non c'era traccia. In tutto trovai solo Giordano Lupi e due o tre scrittori. Giordano Lupi era quello con cui avevo il contatto e che gestiva la casa editrice, da quanto avevo capito. Chiesi delucidazioni. Mi risposero scrivendo che loro vendevano solo online tramite quel sito e che dei giovani autori sì e no si riuscivano a vendere cento copie di un testo. Quello era considerato un vero successo.
Feci due conti. 100 per 10 euro di copertina più o meno veniva mille. Mettiamo che a me fosse il 50 per cento, io prendevo cinquecento euro. Bene. Avrei dovuto stendere più o meno due libri al mese per campare. Era un buon inizio. La visibilità era comunque zero. Ci pensai. Mi resi conto che forse non avremmo fatto altro, tutti quanti, che aiutare Giordano Lupi a sfondare con i nostri investimenti. Era un buon piano. Non risposi più al Foglio.
Nove cazzo di copie del mio testo, più spese di spedizione mi erano costate circa cento euro. Ma il ragno era rimasto nel buco. Otto case editrici non mi avevano cacato neanche di striscio. Approfondii la ricerca su di loro tramite il web e scoprii che non erano più in attività. Quasi tutte. E io avevo inviato a vuoto Malko in giro per l'Italia. Con quel piano adesso sì che ce le avevo tutte, le carte per fregare la vita.
Poco tempo dopo trovai un messaggio del Foglio sulla mia posta elettronica. Pensai immediatamente che fosse un sollecito per la risposta se procedere o meno con la pubblicazione. Anzi no, pensai. È senz'altro la lettera in cui scrivono che ci hanno ripensato, che Malko è troppo bello e me lo pubblicano senza che io acquisti le loro copie. Anzi no, pensai. Me le regalano persino le copie, per fare promozione. Si regalano sempre copie del testo all'autore nei romanzi di Stephen King.
Aprii la mail. Era un messaggio pubblicitario di un testo di Giordano Lupi che era andato a Cuba e gli avevano fatto un'intervista o forse l'intervista l'aveva fatta lui a qualcuno di imprecisato. Il testo si poteva acquistare sul sito del Foglio. C'era anche una mail delle Edizioni Creativa. Ecco, si erano incuriositi e adesso mi chiedevano quale fosse quel famoso testo che avrei voluto inviare loro. Dovevano aver saputo che altre case editrici ci avevano messo le mani sopra, che non avevano più l'esclusiva. Magari una notizia trapelata dalla Delos che non mi aveva più risposto e che era una delle poche ancora in attività. No. Mi chiedevano se per caso non volessi acquistare uno dei loro libri. Ma trascurai l'invito perché sotto non era apposta alcuna firma.
Mi sembravano i rappresentanti delle enciclopedie di quando facevo le scuole elementari. Con questi non si potevano fare gli affari. No proprio. Però avevo le mie tre copie dell'antologia dei poeti del Filo. Andai a rileggermi un'altra cinquantina di volte ciascuna la mia fantastica poesia aspettando che la leggessero gli editori veri. Quelli dei convegni. Quelli quali? Quelli lì, insomma.

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