Pubblicato il 12/11/2008 00:51:00
Un trentaquattrenne a bordo di un aereo in atterraggio, ricorda la sua adolescenza e gli anni dell’università, alla fine degli anni sessanta, in piena rivolta studentesca. Rivive così gli anni dei suoi primi amori, con Naoko e con Midori, oltre all’amicizia con il compagno di collegio Watanabe, la di lui – traditissima – fidanzata e pochi altri personaggi che ruotavano attorno alla sua esistenza. Il protagonista conosce Naoko quando essa era fidanzata con Kizuki, e tutti e tre passavano molto tempo insieme, fino al fatidico giorno in cui Kizuki si suicida, apparentemente senza motivo. Del tutto casualmente dopo alcuni anni Watanabe,il protagonista, incontra Naoko, e i loro legami si riannodano saldamente sino ad innamorarsi. Ma il loro amore è triste per l’onnipresente ombra dell’amico suicidatosi, e la ragazza piano piano si chiude sempre di più in se stessa, sino quasi a sbiadire, per poi finire ricoverata in una clinica psichiatrica. Contemporaneamente Watanabe incontra Midori che è l’esatto opposto di Naoko: una ragazza vivacissima, con le passioni normali di tutte le ragazze della sua età e sinceramente innamorata di Watanabe, sebbene egli abbia un carattere molto chiuso, viva in un mondo tutto suo e sia perennemente preoccupato per Naoko. Tutto il libro è intriso di malinconia, spesso il cielo è cupo, piove e la tristezza si fa tangibile in molti passi, la morte è sempre ben presente, oltre a Kizuki, vari personaggi muoiono suicidi, altri per cause naturali. La narrazione è come al solito per Murakami, perfetta, la storia si svolge, quasi scandita col passare dei giorni, con qualche flash back di tanto in tanto, e con alcune metafore molto belle e poetiche. A differenza di altri libri dello stesso autore, questo si svolge tutto nel mondo reale, è stato scritto dopo “La fine del mondo e il paese delle meraviglie” e vuole rappresentare una pausa dalle vicende più intricate e di mondi sovrapposti care all’autore, che qui racconta una dolce storia intimista e di amore. Quello che però appare in filigrana nella lettura è che anche in Norwegian Wood, come ne “La fine del mondo e il paese delle meraviglie”, vi sono due mondi paralleli, sovrapposti e comunicanti, l’uno quello che appare reale agli occhi di tutti e governato dalle leggi naturali, l’altro, “la fine del mondo”, che si intravvede negli occhi e nei gesti di Naoko; non è una cittadella misteriosa circondata da un alto muro, ma è un mondo distorto dalla malattia mentale, che crea un muro ancora più alto ed impenetrabile, quello della impossibilità di comunicare. Nel mondo reale c’è Midori coi suoi eccessi, i discorsi sboccati, in quello irreale di Naoko, ci sono nubi basse, impossibilità di amare e di fare all’amore, foglie secche e tanta tristezza. I due mondi entrano in comunicazione per il tramite di Watanabe, che riesce a vivere in entrambi, ma in entrambi si sente come fuori posto, riportandone sempre una grande angoscia che lo porta però a compiere il suo cammino dall’adolescenza all’età matura in modo molto profondo e disincantato, sino al finale in cui uno dei due mondi sparisce e Watanabe sa che ora il suo posto è nel mondo che gli resta, quello in cui deve vivere, in modo pieno e consapevole, ma solo dopo aver compiuto una specie di “rito” con uno dei protagonisti del mondo che va scomparendo. Il libro contiene molti degli elementi cari a Murakami, resi molto più reali, ma che riescono a dare alla vicenda qualcosa di etereo, nella continua malinconia che avvolge il romanzo non c’è mai pesantezza o cupezza, ma c’è sempre una lieve aria che muove l’atmosfera rendendola magica e cangiante conferendo a tutto il libro il sapore unico, di un racconto in cui la tristezza e la morte sono si protagonisti, ma vi è anche una grande speranza per il futuro e l’aprirsi del mondo di fronte ai passi del giovane protagonista che da incerti si fanno via via più sicuri.
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