Resto di terra che te stessa specchi -
dopo aver perso memoria nelle turbe -
nell'arcaico blu di voci sgominato
da finti oltremari senza suoni o calchi
solo presenti in vesti lustre e vuote -
hai reti che odorano di niente,
sale secco di amplessi e pescatori
che più non sanno l'orizzonte, volta
la speranza dall'immenso a notturne
tolleranze in affrante case divorate.
Qui davanti al mare profondo sguardo
rifletti ancora l'aureola chiara
dell'arrivo - se in limpido abbandono
non sapevo già di tutto la pochezza
e l'assoluta perdita di me lucente
incarnazione rubata a geova oscuro -
spargevo polvere celeste tutto intorno
nascendo spuma risvegliata al sonno
- Qui davanti al mare profonda bocca
che sola parla ancora quella lingua
rombata di burrasca nera e grida
voli battuti da scogli in disamore -
qui mi rispecchio nell'anima dei sassi,
e incarno solo in loro il mio restare.
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